di Marco Galluzzo Ma il Cremlino non ha intenzione di fermare la guerra Non è chiaro se Putin abbia direttamente detto al telefono, a Draghi, le sue condizioni per sbloccare la crisi alimentare legata al porto di Odessa, ma nei debriefing successivi alla telefonata fra i nostri diplomatici, nelle valutazioni fatte a caldo dopo il colloquio, il concetto viene indicato in modo chiaro. Nel corso della conversazione, o poco prima nelle fasi di preparazione dello stessa fra gli staff dei due presidenti, una mozione di Mosca è stata passata in modo chiaro ed esplicito al nostro governo: se mai quello che il premier ha definito «uno spiraglio» dovesse allargarsi sino ad aprire realmente dei corridoi alimentari il Cremlino metterebbe sul tavolo una condizione precisa, la volontà di «controllare le rotte» delle navi di grano e altre sementi, la volontà di «sapere in anticipo i porti di destinazione» e di avere una voce in capitolo. Non è poco, ma rafforza la sensazione che uno spiraglio sia davvero aperto. Mario Draghi davanti ai cronisti non fa professione di ottimismo, rimarca che la sua telefonata valeva «il rischio», che tutto «può anche finire nel nulla», ma è anche vero che il nostro premier da giorni sta puntando tutte le sue fiches proprio sull’apertura di «corridoi alimentari» in grado di sbloccare le merci che da settimane rischiano di marcire nel porto di Odessa. E nel colloquio con il presidente russo si è concentrato solo su questo argomento, non ha chiesto altro. «Ed è la prima volta che esiste una disponibilità» a discuterne da parte di Putin. C’è poi una costante fra la telefonata del 30 marzo scorso, quella in cui Putin aveva opposto un muro a tutte le richieste di pace avanzate dal presidente del Consiglio, e quella di ieri pomeriggio. Il debriefing che viene conservato dal nostro governo della prima telefonata attribuisce a Putin una frase precisa: «Non vogliamo creare problemi di forniture ai nostri partner sul gas». Ieri il leader del Cremlino è tornato sull’argomento in modo quasi identico, fornendo assicurazioni anche sul prezzo dei contratti già firmati, e promettendo che al nostro Paese non verrà a mancare il flusso costante di fonti di energia dalle compagnie russe. Può anche essere letto come un punto di debolezza, del resto proprio nel giorno in cui a Roma è presente in visita di Stato il presidente dell’Algeria, sicuro che il suo Paese «farà tutto quello che è possibile per venire incontro alle richieste» italiane di aumentare le importazioni di gas algerino. Nelle stesse ore la nostra Eni sigla un ennesimo accordo con l’agerina Sonatrach per lo sfruttamento di nuovi giacimenti da 3 miliardi di metri cubi di gas all’anno , solo una fetta del contributo algerino al nostro processo di indipendenza al gas made in Russia. Ma c’è almeno un altro messaggio di Putin, oltre alla condizione sui porti, che si deposita al termine del colloquio nei report della nostra diplomazia: il leader del Cremlino non ha alcuna intenzione di fermare la guerra, o l’operazione speciale, come la chiama lui dal primo giorno dell’offensiva. Forse anche per questo Draghi è talmente assertivo, rispondendo in modo negativo, quando gli viene chiesto se ha avuto l’impressione che esistono spazi per un percorso di pace. Ora Draghi, già nelle prossime ore probabilmente, dovrà discutere di tutto questo con il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. E anche se non è all’ordine del giorno del Consiglio europeo di lunedì e martedì prossimi il confronto sulla crisi alimentare arriverà anche sul tavolo dei 27 membri dell’Unione europea. 27 maggio 2022 (modifica il 27 maggio 2022 | 09:39) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-27 09:40:00, Ma il Cremlino non ha intenzione di fermare la guerra, Marco Galluzzo