La maestra Silvia Contangelo, intervistata dal nostro Vincenzo, ha fatto esplodere un vero e proprio putiferio criticando il tempo pieno alle elementari, (pardon, primaria). La maestra ha, senza mezzi termini, detto che il tempo pieno in Italia serve solo ad una specifica categoria di studenti: i bravi. L’affermazione ha causato una moltitudine di reazioni e commenti sul nostro social, mettendo in evidenza un ampio ventaglio di opinioni e prospettive sul tema.
Il post sul tempo pieno ha collezionato sul nostro social più di 500 commenti tra maestre, genitori e liberi pensatori incollati al T9.
Le posizioni sono sostanzialmente tre:
- il tempo pieno serve solo ai genitori
- il tempo pieno non funziona e si danno compiti aggiuntivi
- il tempo pieno se fatto bene funziona
Diverse voci si sono sollevate a difesa del tempo pieno
Lisa, per esempio, ritiene che il tempo pieno possa essere una risorsa fondamentale, specialmente per quei bambini che necessitano di tempi più distesi per apprendere. Emanuela si trova sulla stessa lunghezza d’onda, ribadendo che nel tempo pieno ci sono maggiori opportunità per il recupero e l’approfondimento. “Il tempo scuola è arricchente nella vita di un bambino. Avendo più ore di lezione, le attività possono essere più distese ed efficaci”, aggiunge un’altra voce proveniente dalla Valle D’Aosta.
Cristiana e Raffaella, entrambe insegnanti da diversi anni nel tempo pieno, testimoniano come questa modalità permetta di apprendere con orari più distesi, sperimentare il gioco, il pranzo in mensa, il lavoro di squadra e attività laboratoriali. Per Raffaella, il tempo pieno è insostituibile e tutto dipende da come viene organizzato. “Dobbiamo cambiare mentalità noi docenti“, sottolinea.
Tuttavia, esistono anche molteplici critiche verso l’istituto del tempo pieno
Sara e Anna, per esempio, rilevano come il tempo pieno sembri rispondere più alle esigenze lavorative dei genitori, piuttosto che a quelle pedagogiche dei bambini. “Il pomeriggio i bambini dovrebbero fare sport, musica, giocare all’aria aperta”, osserva Simona, che si professa fermamente contraria all’idea di una scuola di 8 ore. Anche Olga sembra concordare con questa visione, sostenendo che il tempo pieno “serve solo a noi genitori che non sappiamo a chi dare i resti!”
Le esperienze negative non mancano
Cristina racconta di suo figlio che ha sofferto molto il passaggio al tempo pieno, mentre Nadia si lamenta di non avere avuto la possibilità di optare per il tempo normale, con i suoi figli che tornano da scuola esausti.
Come lo salviamo?
In un clima di dubbi e incertezze, la riflessione più arguta potrebbe essere quella di Alessandra. “Forse non è il tempo pieno il problema, ma la sua strutturazione?” propone, evidenziando il bisogno di un cambiamento nelle modalità organizzative piuttosto che in quelle orarie. “Oltretutto – conclude – in molte classi a tempo pieno si ha il coraggio di dare anche i compiti a casa.”
Nel caos di questi dibattiti, le parole di Simona offrono un interessante punto di riflessione: “Il tempo scuola deve essere ripensato. Se sono 8 ore nel banco non funzionano, se sono 8 ore attive, invece funzionano. La questione è sempre didattica.”
Insomma, di fronte a una questione tanto complessa come quella del tempo pieno, sembra emergere un’unica certezza: non esiste una soluzione unica o universale. Ogni bambino, ogni famiglia, ogni insegnante porta con sé esigenze, esperienze e punti di vista differenti. Quel che è chiaro, però, è che il dibattito è aperto, e ci aspettiamo che non si esaurisca nel breve periodo. E voi, cari lettori, cosa ne pensate del tempo pieno?
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