L’attenzione dei media, dopo la pubblicazione da parte dell’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia delle percentuali delle iscrizioni nei vari indirizzi di scuole, si è incentrato sulla perdita di alunni nei licei classici che ha coinvolto però il resto del Paese, non la Sicilia, visto che il tasso è rimasto per lo più invariato: 9,4%, esattamente come l’anno scorso.
Ciò di cui invece poco si è parlato, dopo la pubblicazione dei dati del Ministero dell’istruzione e merito, è la situazione del tempo scuola nell’Isola, sia nella Primaria e sia nella Secondaria di primo grado, l’ex scuola Media.
Infatti, relativamente al tempo pieno nella Primaria, vale a dire 40 ore settimanali invece delle 27 del tempo normale, si passa dal 67% delle famiglie del Lazio che l’hanno scelto, al 63,3% della Toscana e al 62,5% delle regioni Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, mentre in Sicilia siamo al 17,7% di richieste, in pratica i penultimi, prima del Molise col 16,6%.
Se passiamo invece a esaminare il tempo prolungato a 36 o a 40 ore settimanali nella scuola secondaria di Primo grado, la vecchia scuola Media, le cose si complicano per la nostra Regione.
Infatti, mentre regioni come la Lombardia, Piemonte, e anche Sardegna, le famiglie hanno scelto il tempo prolungato a 36 ore intorno al 16%, i siciliano si fermano all’8,2%. Per quanto invece riguarda il tempo prolungato fino a 40 ore, siamo fermi a un miserabile 1,8% di richieste che, se lo confrontiamo con la Lombardia, che arriva al 3,8%, ci rendiamo conto della differenza che c’è fra le due regioni in termini culturali e di servizi.
E infatti, il punto è proprio questo: quanti insegnanti in più ci sarebbero in Sicilia, se le percentuali di tempo prolungato si allungassero, sia alla Primaria che alla Secondaria di primo grado? E non solo di docenti, ma anche di persole Ata, a parte tutto l’indotto che c’è dietro, a cominciare delle ditte di ristorazione scolastica e finire con il trasporto di alunni.
Proprio perché, aumentando il tempo scuola, si dovrebbe provvedere appunto alle mense scolastiche e al trasporto dei bimbi, accorgimenti che andrebbero come conseguenza a frenare la disoccupazione endemica dell’Isola e a creare un po’ più di ricchezza.
E invece, nonostante il Pnrr, molti comuni non sono riusciti nemmeno a realizzare i piani previsti per costruire le mense scolastiche. Le scadenze dei bandi, benchè siano stati prorogati tre volte, per dare più agio ai sindaci di implementare i progetti, continuano a essere disertati o presentati carenti e monchi, tanto da essere rigettati.
E allora qual è la considerazione da fare? La Sicilia è veramente bistratta dalla Stato centrale oppure non è riuscita a creare, in 75 anni di autonomia, una classe dirigente con, come si dice in Veneto, gli attributi?