Terapie domiciliari Covid: antinfiammatori e antivirali per curarsi a casa

Terapie domiciliari Covid: antinfiammatori e antivirali per curarsi a casa

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di Laura Cuppini

Con le vaccinazioni di massa, l’attenzione si è spostata dalle terapie in ospedale a quelle da somministrare a casa con l’obiettivo di ridurre i ricoveri

Con la variante Omicron (e relativi sottolignaggi) al 100% dei sequenziamenti in Italia e un numero stabile di positivi e ricoverati (rispettivamente 1 milione e 200mila e poco più di 10mila, tra reparti ordinari e terapie intensive), resta significativa la quota di pazienti con infezione lieve che vengono curati a domicilio, grazie ai vaccini. Quali farmaci si possono usare oggi?

Per gli asintomatici o paucisintomatici, la stragrande maggioranza dei positivi, il trattamento si basa su paracetamolo o Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei), indicati in caso di febbre o dolori. Alcuni studi mostrano che gli antinfiammatori possono ridurre le ospedalizzazioni, ma i risultati non sono ancora conclusivi. Con le vaccinazioni di massa l’attenzione si è spostata dalle terapie in ospedale a quelle da somministrare a casa, con l’obiettivo di ridurre al minimo i ricoveri per non intasare gli ospedali lasciando indietro i pazienti non-Covid, cosa che è stata drammaticamente evidente in oltre due anni di pandemia. Chi rischia la malattia grave, per patologie pregresse (come diabete o obesità) o per immunocompromissione (pazienti oncologici, trapiantati) o anche semplicemente per l’età avanzata, può essere candidato ai farmaci costruiti specificamente su Sars-CoV-2: antivirali e anticorpi monoclonali. I primi agiscono bloccando la replicazione del virus, mentre i monoclonali forniscono al paziente una barriera difensiva immediatamente attiva. Né gli uni né gli altri però hanno effetto profilattico: per prevenire l’infezione, e ancor più la malattia severa, servono i vaccini.

I nuovi farmaci funzionano anche contro BA.2, sottovariante di Omicron ampiamente dominante (86,6% dei sequenziamenti secondo l’Istituto superiore di sanità)?

Gli antivirali usati in Italia (remdesivir, molnupiravir, nirmatrelvir/ritonavir) hanno mantenuto la propria efficacia nei confronti dei nuovi ceppi, a patto che la somministrazione avvenga entro 5-7 giorni dall’insorgenza dei sintomi. «Molnupiravir (Veklury), primo farmaco per via orale approvato dalle Agenzie regolatorie, agisce provocando errori nella replicazione dell’Rna virale, chiarisce Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e professore chiara fama di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – : la sua efficacia negli studi si è attestata al 30%. Dà migliori risultati il combinato nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid) che agisce sulla polimerasi virale, area altamente conservata sia in Sars-CoV-2 che in molti altri coronavirus». Remdesivir è l’unico dei tre antivirali che non può essere preso a domicilio, ma solo in ospedale per via endovenosa.

E gli anticorpi monoclonali?

Si sono rivelati utili fino all’arrivo di Delta, molto meno con Omicron. L’unica eccezione è rappresentata da sotrovimab, che però sembrerebbe incapace di contrastare BA.2. «La ricerca va avanti: in un lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine vengono illustrati i risultati promettenti di un mix di due anticorpi monoclonali prodotto da AstraZeneca — aggiunge Remuzzi —. Inoltre sono in corso studi su farmaci già noti che potrebbero bloccare la proteasi responsabile dell’ingresso della proteina Spike nelle cellule: camostat mesilato e bromexina. Servono però ulteriori indagini».

L’Agenzia del farmaco ha dato ai medici di base la possibilità di prescrivere gli antivirali orali per Covid. Quali sono i pazienti candidabili?

Gli antivirali sono riservati a soggetti non ricoverati e che non richiedono ossigenoterapia, ma a rischio di aggravamento per la compresenza di fattori di rischio. «Si tratta di medicinali da usare con attenzione — sottolinea Patrizia Rovere-Querini, immunologa e responsabile dell’hot spot Covid-19 dell’Ospedale San Raffaele Turro di Milano —: Paxlovid per esempio può interagire con farmaci molto diffusi come anticoagulanti, antiaritmici, cortisone e statine. Inoltre è controindicato nei casi di compromissione renale o epatica. Un’alternativa possibile è remdesivir».

3 maggio 2022 (modifica il 4 maggio 2022 | 21:36)

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, 2022-05-04 19:04:00, Con le vaccinazioni di massa, l’attenzione si è spostata dalle terapie in ospedale a quelle da somministrare a casa con l’obiettivo di ridurre i ricoveri, Laura Cuppini

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