Testamento biologico: come si possono esprimere i propri orientamenti sul fine vita?

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Ogni persona maggiorenne può redigere una Disposizione anticipata di trattamento (Dat) nota anche come «testamento biologico» per indicare «ora per allora» le proprie volontà rispetto ai trattamenti sanitari da ricevere o rifiutare nel caso non si dovesse essere più in grado di intendere o di volere. Come e dove si possono depositare queste disposizioni? E per i credenti è possibile farlo nel rispetto delle proprie convinzioni e del dettato della Chiesa cattolica?

Se ne è discusso al «Tempo della Salute», in corso a Milano presso il Museo della Scienza e della Tecnologia, durante un incontro «Laici e cattolici di fronte alle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT)», moderato dal responsabile editoriale del Corriere Salute Luigi Ripamonti, con Marco Annoni, coordinatore del comitato etico della Fondazione Veronesi e ricercatore del Centro Interdipartimentale per l’Etica e l’Integrità nella Ricerca del Cnr, Padre Carlo Casalone, cardiologo e componente della sezione scientifica pontificia Accademia per la Vita – Città del Vaticano, Giada Lonati, dirigente socio-sanitaria di Vidas, organizzazione non profit che da 40 anni si occupa di assistenza ai malati inguaribili a domicilio e in hospice e che nel 2019 ha inaugurato Casa Sollievo Bimbi, il primo hospice pediatrico della Lombardia.

Un diritto, non un dovere

Che cosa sono le DAT? Spiega Marco Annoni, coordinatore del comitato etico della Fondazione Veronesi: «Sono un documento attraverso il quale indicare in maniera anticipata “ora per allora” le proprie volontà in merito a quali trattamenti vogliamo ricevere o rifiutare nel caso noi non saremmo più in grado di decidere in quel preciso momento, per esempio per un trauma o una patologia dall’esito infausto. La compilazione delle Disposizioni anticipate di trattamento è un diritto ma non un dovere. Può compilarle ogni persona maggiorenne, in grado di intendere e di volere. Ci sono diversi moduli precompilati che possono essere utilizzati ma, in realtà, si possono compilare come si preferisce: basta non indicare delle volontà contrarie a ciò che è previsto oggi dalle leggi in vigore. Quindi si può indicare la volontà di ricevere o meno alcuni accertamenti diagnostici o rifiutare anche trattamenti definiti di supporto vitale».

Come funzionano le DAT

Le DAT sono regolamentate dalla legge n. 219 del 2017 «Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento» . Il documento, per avere valore legale, deve essere consegnato personalmente all’ufficio dello stato civile del Comune di residenza o alla Asl, se nella Regione è attivo il fascicolo sanitario elettronico ed è stata regolamentata con un provvedimento la raccolta di copie delle Dat. Non si pagano imposte di registrazione e di bollo o altri tributi. Oppure ci si può rivolgere a un notaio, al quale va corrisposta la parcella. Nella DAT si può indicare anche un «fiduciario», che deve accettare l’incarico sottoscrivendola: ha il compito di far rispettare dai medici le proprie volontà e di interpretarle.

Per esempio, nel caso in cui capitasse un grave incidente o venisse diagnosticata una malattia dall’esito infausto, vogliamo o no essere alimentati artificialmente? Vogliamo continuare a respirare coi nostri polmoni o diamo il nostro consenso a essere “attaccati” a un respiratore? Per poter decidere consapevolmente, la legge prevede che, prima di redigere la Dat, sia bene consultare un medico di fiducia per acquisire adeguate informazioni sulle conseguenze delle proprie scelte terapeutiche. «Una volta depositata, —precisa Annoni — la DAT viene registrata nella banca dati nazionale, per cui se dovessimo trovarci nella condizione di non poter decidere per noi, a prendere decisioni fondamentali sulla nostra vita non sia un medico che magari non ci conosce, né i parenti più prossimi come avveniva spesso in passato, ma siamo noi attraverso la DAT».

Pianificazione condivisa delle cure

«Le DAT entrano in gioco quando non possiamo più dare il nostro consenso ai trattamenti, perché sono in fondo l’estensione del consenso o del dissenso a un trattamento, finché abbiamo la forza di dire “sì” o “no” saremo noi a farlo – precisa Giada Lonati, dirigente socio-sanitaria di Vidas –. Le DAT sono importanti perché accompagnare le persone alla fine della vita è comprendere che il dolore è di chi ce l’ha, ognuno di noi sente e interpreta la sofferenza e il dolore in modo personale, spesso frutto di un modello esistenziale. Dare quindi la possibilità a chi non può più esprimersi di dire questo lo vorrei, questo continua ad avere un significato nella mia vita, è un valore straordinario».

«La legge sulle DAT – prosegue Lonati – contiene altri due aspetti importanti: il consenso informato e la pianificazione condivisa delle cure, che per noi palliativisti è molto importante: per esempio, nel caso di un paziente con una grave demenza o un paziente con un tumore cerebrale che non può più parlare, la pianificazione delle cure condivisa vuol dire poter condividere cosa vorrebbe qualora la patologia evolva e non si è più in grado di decidere. Pianificare anticipatamente cosa è giusto, cosa ha senso per noi, diventa non solo fare un testamento biologico ma biografico, cioè dire cosa ha senso nella nostra vita e nel nostro fine vita. E noi siamo tenuti a rispettare quelle scelte perché non curiamo la malattia, curiamo persone che hanno le malattie».

Non è eutanasia

Per un cattolico sono ammissibili le DAT? Risponde Carlo Casalone, componente della sezione scientifica pontificia Accademia per la Vita – Città del Vaticano: «Sono ammissibili e abbiamo sentito il bisogno di offrire un modulo, non solo ai cattolici. Per fare un po’ di chiarezza: c’è una differenza tra abbreviare la vita e lasciare che la morte accada. Non è un’eutanasia ma la necessità, il diritto e la legittima volontà delle persone che valutano fino a quando un trattamento è adeguato per loro. Qual è il criterio dell’utilizzazione delle cure? Il principio di proporzionalità. Nel 2017 il tema era stato trattato anche da Papa Francesco che riprende ciò che è nella tradizione della riflessione morale dei credenti, cioè che le terapie vanno attuate in base al principio della proporzionalità che implica due versanti: il primo è l’appropriatezza clinica: il medico, in base ai protocolli, sa qual è il trattamento adeguato per quel paziente, una volta accertata l’appropriatezza clinica, spetta al malato,per il suo mondo di valori, le forze psicologiche e morali di cui dispone, dice che se il trattamento è adeguato o troppo oneroso e quindi chiederlo di sospenderlo e non iniziarlo»

« Quindi, — sottolinea Casalone — per alcuni un trattamento è proporzionato, per altri no. Un altro tema controverso: il primo, la nutrizione artificiale , di cui si parla nella legge ed è compresa tra i trattamenti medici che possono essere sospesi, o disponendo “ora per allora” (come nel caso di Eluana Englaro) o all’interno di una pianificazione condivisa delle cure. Nel nostro modulo lasciamo libera la persona di esprimersi su questa voce, comunque è lecito farlo. C’è poi la sedazione palliativa profonda che, quando si tratta di affrontare un dolore, altrimenti non gestibile, attenua la coscienza. In questo modo qualcuno dice che si favorisce il fine vita, ma ci sono studi che invece sostengono il contrario. Lo stesso Papa Pio XII, parlando agli anestesisti – a quei tempi si usava la morfina – affermava che è lecito perché l’intenzione con cui si somministra questo analgesico è alleviare il dolore, non abbreviare la vita» conclude Casalone.

12 novembre 2022 (modifica il 12 novembre 2022 | 12:14)

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, 2022-11-12 11:21:00, Consente di dichiarare ora per allora i trattamenti cui essere sottoposti o meno qualora non dovessimo essere più capaci di intendere e di volere. Ecco come dettarle, Maria Giovanna Faiella

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