di Andrea Laffranchi
Il Boss torna con il 21esimo lavoro: «Volevo fare un album in cui cantare e bata»
Only the Strong Survive, ovvero «solo i forti sopravvivono». Così Bruce Springsteen ha deciso di chiamare il suo nuovo album, ventunesimo in carriera e secondo in cui The Boss mette la sua voce al servizio di canzoni scritte da altri. Nel 2006 We Shall Overcome: The Seeger Sessions raccoglieva canzoni della tradizione folk rese immortali da Pete Seeger. Qui ci sono i classici del soul anni 60-70 delle due etichette leggendarie, Motown e Stax.
Il titolo è un manifesto. Interpretazione didascalica: è lo stesso titolo della canzone che apre la scaletta, una hit di Jerry Butler del 1968 su un uomo che ricorda le pene d’amore di quando era giovanissimo: la ragazza non se lo filava e mamma provava a consolarlo. «Solo i forti sopravvivono», gli diceva. Interpretazione musicale: solo le canzoni solide, quelle che hanno costruito la storia della musica, possono superare i decenni e resistere all’usura del tempo. Quelle che sono qui dentro, secondo il Boss, ce l’hanno fatta. Interpretazione selfie: il sopravvissuto, quindi quello forte, è il Boss stesso che a 73 anni non si ferma e torna in pista con un disco e un tour mondiale che lo porterà il 18 maggio a Ferrara, il 21 a Roma e il 25 luglio a Monza.
«Volevo fare un album in cui cantare e basta — ha detto Springsteen —. E quale musica migliore, per fare tutto questo, se non il repertorio americano degli anni sessanta e settanta? Ho provato a rendere giustizia a tutti gli spettacolari autori di questa musica gloriosa. Il mio obiettivo è permettere al pubblico moderno di fare esperienza della bellezza e gioia di queste canzoni, così come ho fatto io fin dalla prima volta che le ho sentite».Quelle prime volte se le ricorda ancora. «Mia madre aveva una radio in cucina e io ascoltavo la musica mentre mi preparavo per andare a scuola la mattina. La radio trasmetteva i successi da Top Ten», ha detto in un’intervista a Massimo Cotto tramessa ieri da Virgin Radio. «Poi ho iniziato a suonare. Avevo una piccola band. Gli ingaggi li trovavi così, ti chiamava qualcuno e ti chiedeva: “Avete in repertorio Soul Man e Mustang Sally?”. Per ottenere un lavoro, eri costretto a impararle. Le ho studiate intensamente e le ho cantate mille volte da teenager».
Il disco sembra puro divertimento per Bruce e se anche ci si volesse leggere un omaggio alla cultura black da parte dell’eroe dell’America bianca degli sconfitti, non ci sono quell’intensità e quella profondità di impegno sociale e politico che il Boss mette nei suoi testi o, per restare in ambito di cover, delle Seeger Sessions. Sono più storie minime e allo stesso tempo universali, di sicuro con protagonisti che restano vicini a quelli dell’universo springsteeniano degli ultimi. Ci sono i Four Tops (When She Was My Girl e 7 Rooms of Gloom), i Temptations (I Wish It Would Rain), Ben E. King (Don’t Play That Song!), Diana Ross & the Supremes con (Someday We’ll Be Together) e anche brani meno noti. Alla fine, ha detto Bruce a Virgin, «il mio approccio è identico a quando avevo 16 anni. Raduno tutto quello che ho, lo assorbo, lo faccio diventare parte di quello che sono e di quello che faccio e poi… quando ti vedo… bum! Lo faccio esplodere come dinamite. Sperando che possa caricarti e caricare la tua vita, cambiare il tuo modo di vivere, pensare, vedere il mondo, innamorarti».
Il disco è stato registrato al Thrill Hill Recording, la tana di Bruce di fronte a casa, assieme al produttore Ron Aniello che ha suonato quasi tutti gli strumenti e con i fiati della E Street Horns. Un disco figlio della pandemia, ha spiegato Bruce: «Durante il lockdown sono rimasto in casa, volevo continuare a registrare e fare musica, così ho cominciato a pensare a un disco di canzoni non scritte da me». Unico contributo esterno al ristretto team di lavoro è la voce di una leggenda come Sam Moore su I Forgot to Be Your Lover. I suoni rispettano il mood e le atmosfere degli originali, la voce del Boss riesce sempre — per semplicità di paragone basti Nightshift dei Commodores — a rendere la sua visione unica.
11 novembre 2022 (modifica il 11 novembre 2022 | 01:08)
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, 2022-11-11 00:08:00,
di Andrea Laffranchi
Il Boss torna con il 21esimo lavoro: «Volevo fare un album in cui cantare e bata»
Only the Strong Survive, ovvero «solo i forti sopravvivono». Così Bruce Springsteen ha deciso di chiamare il suo nuovo album, ventunesimo in carriera e secondo in cui The Boss mette la sua voce al servizio di canzoni scritte da altri. Nel 2006 We Shall Overcome: The Seeger Sessions raccoglieva canzoni della tradizione folk rese immortali da Pete Seeger. Qui ci sono i classici del soul anni 60-70 delle due etichette leggendarie, Motown e Stax.
Il titolo è un manifesto. Interpretazione didascalica: è lo stesso titolo della canzone che apre la scaletta, una hit di Jerry Butler del 1968 su un uomo che ricorda le pene d’amore di quando era giovanissimo: la ragazza non se lo filava e mamma provava a consolarlo. «Solo i forti sopravvivono», gli diceva. Interpretazione musicale: solo le canzoni solide, quelle che hanno costruito la storia della musica, possono superare i decenni e resistere all’usura del tempo. Quelle che sono qui dentro, secondo il Boss, ce l’hanno fatta. Interpretazione selfie: il sopravvissuto, quindi quello forte, è il Boss stesso che a 73 anni non si ferma e torna in pista con un disco e un tour mondiale che lo porterà il 18 maggio a Ferrara, il 21 a Roma e il 25 luglio a Monza.
«Volevo fare un album in cui cantare e basta — ha detto Springsteen —. E quale musica migliore, per fare tutto questo, se non il repertorio americano degli anni sessanta e settanta? Ho provato a rendere giustizia a tutti gli spettacolari autori di questa musica gloriosa. Il mio obiettivo è permettere al pubblico moderno di fare esperienza della bellezza e gioia di queste canzoni, così come ho fatto io fin dalla prima volta che le ho sentite».Quelle prime volte se le ricorda ancora. «Mia madre aveva una radio in cucina e io ascoltavo la musica mentre mi preparavo per andare a scuola la mattina. La radio trasmetteva i successi da Top Ten», ha detto in un’intervista a Massimo Cotto tramessa ieri da Virgin Radio. «Poi ho iniziato a suonare. Avevo una piccola band. Gli ingaggi li trovavi così, ti chiamava qualcuno e ti chiedeva: “Avete in repertorio Soul Man e Mustang Sally?”. Per ottenere un lavoro, eri costretto a impararle. Le ho studiate intensamente e le ho cantate mille volte da teenager».
Il disco sembra puro divertimento per Bruce e se anche ci si volesse leggere un omaggio alla cultura black da parte dell’eroe dell’America bianca degli sconfitti, non ci sono quell’intensità e quella profondità di impegno sociale e politico che il Boss mette nei suoi testi o, per restare in ambito di cover, delle Seeger Sessions. Sono più storie minime e allo stesso tempo universali, di sicuro con protagonisti che restano vicini a quelli dell’universo springsteeniano degli ultimi. Ci sono i Four Tops (When She Was My Girl e 7 Rooms of Gloom), i Temptations (I Wish It Would Rain), Ben E. King (Don’t Play That Song!), Diana Ross & the Supremes con (Someday We’ll Be Together) e anche brani meno noti. Alla fine, ha detto Bruce a Virgin, «il mio approccio è identico a quando avevo 16 anni. Raduno tutto quello che ho, lo assorbo, lo faccio diventare parte di quello che sono e di quello che faccio e poi… quando ti vedo… bum! Lo faccio esplodere come dinamite. Sperando che possa caricarti e caricare la tua vita, cambiare il tuo modo di vivere, pensare, vedere il mondo, innamorarti».
Il disco è stato registrato al Thrill Hill Recording, la tana di Bruce di fronte a casa, assieme al produttore Ron Aniello che ha suonato quasi tutti gli strumenti e con i fiati della E Street Horns. Un disco figlio della pandemia, ha spiegato Bruce: «Durante il lockdown sono rimasto in casa, volevo continuare a registrare e fare musica, così ho cominciato a pensare a un disco di canzoni non scritte da me». Unico contributo esterno al ristretto team di lavoro è la voce di una leggenda come Sam Moore su I Forgot to Be Your Lover. I suoni rispettano il mood e le atmosfere degli originali, la voce del Boss riesce sempre — per semplicità di paragone basti Nightshift dei Commodores — a rendere la sua visione unica.
11 novembre 2022 (modifica il 11 novembre 2022 | 01:08)
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, Andrea Laffranchi