Tina e le sue zebre: una missione in Congo contro fame e bracconieri

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di Alessandra Muglia

Arrivata nel 2016, oggi dirige l’Upemba National Park. Primi risultati: Allora avevamo 35 zebre, ora 185. Ma violenza e multinazionali sono ancora una grave minaccia

La prima volta che sono venuta qui, sei anni fa, regnava un silenzio totale, il parco era deserto dopo anni di guerre e bracconaggio. Oggi ci svegliamo con il canto degli uccelli. E non pi cos impossibile avvistare gli animali: nel 2016 non avevamo pi di 35 zebre, oggi ce ne sono almeno 185, cos pure gli elefanti sono ormai pi di 200. La voce di Tina Lain sprizza entusiasmo. A fine ottobre diventata ufficialmente la direttrice dell’Upemba National Park, nella Repubblica Democratica del Congo. Ma da tempo che impegnata a risollevarne le sorti. Da 14 anni lavora per la salvaguardia della natura in questo Paese a oltre seimila chilometri da casa, in Olanda. Prima al Virunga Park e dal 2016 in quello dell’Upemba, una delle nove torri d’acqua africane, ricco com’ di corsi d’acqua, a ridosso del bacino del Congo, che con le sue foreste sterminate il secondo polmone verde al mondo dopo l’Amazzonia.

Sopravvivenza

Molte aree protette in Africa sono tali soltanto sulla carta, per troppi anni stato cos anche qui dice. Aree in realt saccheggiate dagli abitanti dei villaggi intorno, dalle incursioni dei bracconieri, dalle scorribande dei gruppi armati, dalle attivit predatorie delle multinazionali estrattive. Perch questo parco si trova nel cuore minerario del Congo: in Katanga, la regione sudorientale ricchissima di minerali, nota per l’estrazione di rame, cobalto e coltan. Dalle sue miniere dipende gran parte della tecnologia mondiale, tuttavia 3 abitanti su 4 qui vivono in estrema povert, e molti ricorrono al parco per sopravvivere.

Fino a pochi anni fa persino i guardiaparco erano costretti a fare i bracconieri per non morire di fame. Chi doveva sorvegliare era il primo a sgarrare. La svolta con i primi stipendi ai ranger, quando nel 2016 sono arrivati i primi finanziamenti governativi. Prendono l’equivalente di 30 dollari al mese o poco pi – racconta Lain – ma non tutti: su 240 guardie del parco il 60% non riceve alcun salario, perch ancora non risulta registrato, la richiesta impantanata nei meandri della burocrazia. Siamo noi a dar loro dei soldi di tanto in tanto. Riuscire a ottenere fondi regolari e cospicui per me la sfida principale. Con le risorse che abbiamo riusciamo a coprire soltanto poco pi della met della superficie del parco. Dal 2018 l’Upemba Park pu contare anche su finanziamenti dell’Unione europea. Come quelli ottenuti da Coopi: italiana l’unica ong che opera nei villaggi ai margini del parco. Sta portando avanti iniziative per andare oltre l’economia di sussistenza, lascito di decenni di guerre.

Da un lato si cerca di migliorare le condizioni di vita di chi abita intorno al parco, dall’altro di fare deterrenza nei confronti dei trasgressori. Spesso armate di fucili d’assalto AK-47 (ma non ce n’ per tutte), le ecoguardie cercano di fermare il saccheggio delle risorse su un territorio esteso come l’Abruzzo. grazie ai nostri pattugliamenti se la situazione nel parco migliorata e gli attacchi delle milizie sono diminuiti, assicura Frank Nsega, 22 anni e 3 figli. Rischi calati ma tutt’altro che azzerati. Lo scorso aprile il quartier generale del parco stato attaccato e un ranger rimasto ferito. Facciamo un lavoro molto pericoloso anche perch disponiamo di mezzi di trasporto scadenti e di sistemi di comunicazione inadeguati.

L’ultima vittima il guardiaparco Emmanuel Konkwe Kaloba, 31 anni, ucciso dai Mai Mai l’anno scorso durante un pattugliamento, dopo aver fermato gente che estraeva minerali illegalmente. Le cave del parco sono sfruttate dalle popolazioni confinanti, spesso con l’appoggio delle milizie. Senza il sostegno delle comunit non riusciremo mai proteggere il parco. Quello che vorrei cambiare qui il rapporto tra gli abitanti e le ecoguardie. Per troppo tempo si sono guardati come il nemico. Coopi ci sta aiutando molto ad aprire un canale di dialogo e a costruire fiducia nello stato di diritto.

Alle vecchie minacce se ne sono aggiunte di nuove: il progetto di una mega diga approvato dal governo e finanziato da investitori internazionali e l’estrazione del petrolio. Uno dei blocchi messi all’asta quest’estate si troverebbe proprio dentro al parco. Abbiamo bisogno di ossigeno, ma anche di pane, ha chiarito alla Cop 27 la vicepremier e ministra dell’Ambiente congolese Eve Bazaiba Masudi. Spero che tutti gli stakeholder – auspica Lain – possano valorizzare l’ecosistema che questo habitat unico offre al Congo e al mondo.

5 dicembre 2022 (modifica il 5 dicembre 2022 | 17:54)

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, 2022-12-06 02:45:00, Arrivata nel 2016, oggi dirige l’Upemba National Park. Primi risultati: «Allora avevamo 35 zebre, ora 185». Ma violenza e multinazionali sono ancora una grave minaccia, Alessandra Muglia

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