Il Ministero deve negare il riconoscimento solo dopo aver effettuato la comparazione, all’esito della quale riscontri incolmabili differenze sotto vari profili tra la formazione sul sostegno conseguita all’estero e quella prevista dalla normativa italiana per l’accesso all’insegnamento in qualità di insegnante specializzato sul sostegno. Lo ha precisato il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione IV Bis, nella Sentenza 18 dicembre 2023.
Le carenze documentali che comportano il rigetto
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito aveva respinto l’istanza presentata da un uomo, ai sensi della direttiva 2005/36/CE come modificata dalla direttiva 2013/55/UE, per il riconoscimento del titolo di formazione sul sostegno conseguito presso un’Università in Romania. Il provvedimento di rigetto rilevava carenze documentali nell’istanza, avendo il ricorrente allegato un attestato di formazione rilasciato dall’Università e non, come invece deve essere per i corsi abilitanti, dall’autorità competente, cioé il Ministero dell’istruzione romeno. Il titolo presentato non era, dunque, un attestato di competenza o titolo di formazione prescritto da un altro Stato membro (la Romania) per accedere alla stessa professione (insegnante di sostegno) ed esercitarla sul suo territorio, ma si limitava a certificare che la competenza professionale era quella di aver seguito e completato un mero corso di formazione professionale continua denominato non abilitante all’insegnamento di sostegno in Romania. L’Amministrazione concludeva che dalle verifiche eseguite era emerso che le conoscenze possedute dall’istante, risultanti dai diplomi e attestazioni posseduti, nonché dall’esperienza professionale maturata sia in Italia che in Romania, non soddisfacevano le condizioni per accedere all’insegnamento, in Italia, in qualità di insegnante specializzato sul sostegno.
Per il Consiglio di Stato occorre una verifica in concreto
Il ricorso interposto innanzi al TAR è stato rigettato, poiché secondo lo stesso collegio di giudici il diniego dell’istanza non viola i principi stabiliti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 18/22) che, in riferimento al riconoscimento dei titoli di formazione conseguiti all’estero ha affermato:
- è necessaria una verifica in concreto delle competenze professionali acquisite nel Paese d’origine dal richiedente il riconoscimento e della loro idoneità all’accesso alla “professione regolamentata” in quello di destinazione;
- la mancanza dei documenti necessari ai sensi dell’art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro UE, dovendosi verificare in concreto il livello di competenza professionale acquisito dall’interessato, valutandolo per accertare se corrisponda o sia comparabile con la qualificazione richiesta nello Stato di destinazione per l’accesso alla “professione regolamentata”.
Gli step del Ministero
In conformità con quanto statuito dalla Corte di giustizia (sentenza 8 luglio 2021, C-166/20) il Ministero dell’Istruzione è tenuto:
- a esaminare l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, posseduti da ciascun interessato;
- a procedere a un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale, onde accertare se le stesse interessate abbiano o meno i requisiti per accedere alla “professione regolamentata” di insegnante, eventualmente previa imposizione delle misure compensative di cui al sopra richiamato art. 14 della direttiva.
L’effettivo confronto
Dagli atti di causa risulta che, nel caso di specie, dopo aver rilevato la mancanza dei documenti di cui all’art. 13 della direttiva 2005/36/CE, ha comunque effettuato un confronto tra il percorso formativo seguito dall’istante in Romania e il precorso formativo previsto in Italia dal DM 30-9-2011 per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno. La riscontrata carenza documentale, dunque, non è stata automaticamente considerata ostativa ai fini del riconoscimento del titolo, avendo il Ministero proceduto alla verifica in concreto delle competenze professionali acquisite dal richiedente in Romania, come ritenuto necessario anche dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. VII, n. 1361/23).
Le incolmabili differenze
Il Ministero è giunto alla decisione finale di negare il riconoscimento solo dopo aver effettuato la suddetta comparazione, all’esito della quale ha riscontrato incolmabili differenze sotto vari profili tra la formazione sul sostegno conseguita all’estero e quella prevista dalla normativa italiana per l’accesso all’insegnamento in qualità di insegnante specializzato sul sostegno. Inoltre, l’istante non aveva fornito alcuna prova in ordine allo svolgimento di un tirocinio di durata annuale, meramente dichiarato nel ricorso senza l’allegazione di documenti a supporto di tale asserzione.
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Titolo di sostegno in Romania: è sempre valido in Italia? Ecco quando lo è e quando no – Orizzonte Scuola Notizie
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