Togliere il sonnellino dalle scuole d’infanzia è peggio che togliere ai bambini il cibo

Togliere il sonnellino dalle scuole d’infanzia è peggio che togliere ai bambini il cibo

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di Daniele Novara*

Il pedagogista Daniele Novara contro l’abitudine sempre più diffusa nelle scuole dei più piccoli: privarli del sonno provoca gravi danni a livello neurocerebrale e metabolico

Il long-Covid si manifesta nelle forme davvero più impensabili. Chi l’avrebbe detto che sarebbe diventato il pretesto perfetto per eliminare, o quasi, il pisolino nelle Scuole dell’Infanzia, specialmente nella fascia 3-4 anni? Eppure sta andando così. Una decisione che ha dell’incredibile, soprattutto perché si accampano nientemeno che motivi di sicurezza sanitaria. Incredibile in quanto questa va garantita per i più piccoli creando le condizioni migliori per la loro salute che non è semplicemente tutelarli da un virus, peraltro risultato quasi inconsistente nel loro caso, ma una misura complessiva per il benessere della loro crescita.

Tutte le ricerche neuroscientifiche accreditano il sonno e il dormire come la capacità basilare prioritaria per poter condurre una vita sana, utilizzare al massimo le proprie risorse, sviluppare le autonomie e mantenere anche in uno stato di buon funzionamento il sistema immunitario. Il sonno è il costo che il nostro cervello deve pagare per essere in grado ogni mattina, al risveglio, di imparare cose nuove e affrontare un ambiente che cambia continuamente. Da anni le società pediatriche segnalano che i bambini stanno sistematicamente riducendo il tempo del sonno con gravi danni sul loro funzionamento neurocerebrale, neurofisiologico e anche metabolico.

Nelle famiglie italiane, ma non solo, la diminuzione delle ore di sonno in età infantile corrisponde all’aumento della fragilità emotiva ed educativa dei genitori che faticano a organizzare il passaggio dal giorno alla notte in maniera regolare e seguendo i bisogni neurofisiologici dei bambini e delle bambine. Finisce così che piccoli di prima elementare vanno a letto alle 23.00 e si svegliano alle 7.00 dormendo 8 ore. Così non funziona: il timing minimo di durata del sonno a quell’età è di circa 10 ore. Addirittura i manuali di puericultura fino agli anni Ottanta segnalavano tempi ben maggiori, legati a una società diversa dove i bambini venivano sistematicamente esclusi da interessi vitali che oggi invece li vedono coinvolti. Non è il caso però di attivarli prima di dormire, di rianimarli prima del sonno solo perché il papà arriva tardi e vuole giocare coi pargoli. E neanche di utilizzare la televisione come sedativo, funzionale per gli adulti, ma eccitante per i più piccoli dal punto di vista cerebrale.

Appare inquietante – e mi permetto di usare proprio questo termine – che le Istituzioni scolastiche preposte alla crescita, all’apprendimento e quindi alla salute dei più piccoli abbiano alzato una sorta non solo di bandiera bianca, ma anche di resistenza al pisolino per i più piccoli. Sto ricevendo tantissime mail di genitori allarmati. Mi segnalano che i loro figli di 3 anni, se non di 2 anni e 10 mesi, non hanno più questa possibilità. Molte Scuole dell’Infanzia si sono rese indisponibili e indisponenti verso questi bisogni infantili adducendo questioni di sicurezza, in particolare in caso di evacuazione, che non si capisce perché non fossero presenti dieci-vent’anni fa, o comunque prima del Covid. Sono pretesti che aggravano la condizione di vita infantile. Significativo lo scambio intercorso tra un’educatrice di una Scuola dell’Infanzia e l’Ingegnere incaricato della sicurezza. La prima segnala l’assurdità dell’abolizione del pisolino e l’estrema necessità dello stesso per i più piccoli. L’esperto risponde: «[…] negli anni abbiamo individuato delle criticità gestionali legate alla carenza di personale e quindi all’impossibilità di evacuare, trasportandoli in braccio, i bambini dormienti. Nelle scuole è sempre più frequente anche l’estrema difficoltà nel gestire solo i disabili. Le tempistiche di evacuazione sono limitatissime ed imposte per norma, quindi, organizzativamente parlando, risulta impensabile evacuare 10-15 bambini (peggio se trattasi di una intera sezione nanna). Mi sembra pertanto chiaro che il nostro limite è organizzativo, non normativo. Da anni ormai la questione nanna sta venendo diffusamente rimossa. Già al secondo anno di nido esiste un accordo per cercare di abituare i piccolini a non dormire. Pertanto confermo l’intenzione di completare il percorso intrapreso nell’eliminare il momento della nanna, trattandosi di semplice abitudine per i bambini e non di una esigenza».

Siamo proprio sicuri che si tratta di semplice abitudine e non di esigenza? Quante ore devono dormire i bambini di 3-4 anni, ossia nel quarto e quinto anno di vita? Il calcolo si basa su conoscenze psicoevolutive legate alla loro crescita e su elementi empirici tratti dall’esperienza stessa di vita coi bambini e con le bambine. A 3 anni, 12 ore complessive di sonno in una giornata sono il minimo sindacale, così come a 4 anni le 11 ore. Le esigenze possono essere diverse per ogni singolo individuo, ma questo non può esimere le Istituzioni dal predisporre le condizioni per cui questo bisogno possa essere adeguatamente espletato. Qualche Dirigente Scolastico potrebbe ribattere che per risolvere la questione basterebbe che i genitori facessero dormire i loro cuccioli 12 ore di notte. Un ragionamento senza senso in quanto, per un bambino di 3 anni, o anche meno, la giornata è lunghissima e corrisponde a un tempo ben maggiore da come viene percepito da un adulto. I bambini vivono il tempo in maniera diluita e a questa età hanno bisogno di una pausa, così come i neonati compiono tanti pisolini e il tempo del sonno è maggiore di quello di veglia. In altre parole, più sono piccoli e più hanno bisogno di dormire. Nel momento in cui questo non viene garantito, si tratta di una vera e propria violazione dei diritti dell’infanzia che provoca gravi ripercussioni sul loro sistema neurovegetativo, altra causa dell’incremento delle neurodiagnosi e di etichette sempre più precoci sui bambini e sulle bambine. Se un piccolo di 3-4 anni non può stabilizzare adeguatamente il proprio cervello con l’attività del sonno, nell’arco della giornata si trova in condizioni di estrema difficoltà comportamentale ed emotiva.

Ricordo il caso di una mamma preoccupatissima perché il figlio era aggressivo ed era arrivato al punto di strappare una ciocca di capelli a una compagna. Saltò fuori che il bimbo dormiva meno di quello che avrebbe dovuto. Non si può pensare che i bambini possano recuperare nel weekend. Il sonno è più importante del cibo, consente al cervello infantile di liberarsi delle sinapsi inutili e mantenere le neuroconnessioni importanti per la crescita. Le ricerche scientifiche sul bisogno di sonno evidenziano la necessità notturna di potare le connessioni sinaptiche in esubero, per evitare che l’attività cerebrale ne risulti appesantita e ingorgata. Il bambino che non dorme si troverà in situazioni di confusione emotiva e di disorientamento cognitivo. Fare in modo che le condizioni per il pisolino pomeridiano siano anzitutto garantite dalle Istituzioni prima di pretenderle dai sempre più fragili genitori appare assolutamente imprescindibile. Le Istituzioni educative della prima infanzia devono segnare la via e non ridurla. Per cui invito chi è preposto a dirigerle a mantenere un’organizzazione che permetta di far dormire a scuola bambini e bambine, specialmente quelli dei 3-4 anni.

*Pedagogista, Direttore Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti

9 novembre 2022 (modifica il 9 novembre 2022 | 16:02)

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, 2022-11-10 14:58:00, Il pedagogista Daniele Novara contro l’abitudine sempre più diffusa nelle scuole dei più piccoli: privarli del sonno provoca gravi danni a livello neurocerebrale e metabolico, Daniele Novara*

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