Tra i bimbi con la leucemia  e le «famiglie inaspettate»: Jankovic, medico del sorriso

Tra i bimbi con la leucemia e le «famiglie inaspettate»: Jankovic, medico del sorriso

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di Elisabetta Rosaspina

Momcilo Jankovic, 40 anni in corsia, antepone anche «un solo minuto di vita» alla prognosi. La lezione dei 600 che non ci sono più: «Ogni momento ha valore». Un libro racconta quelli che oggi sono diventati papà

La sconfitta non è mai una disfatta, se in campo c’è il «dottor Sorriso». La leucemia può vincere. Vince sempre meno grazie ai progressi della scienza, e anche a quelli della comunicazione. Ma vince ancora in una piccola percentuale di casi. Senza riuscire però a demoralizzare questo medico-filosofo di quasi settant’anni che non ha mai ammesso in corsia il «fatalismo» o la sfiducia. E che antepone la speranza alla prognosi, sempre. Perché, più che da tanti sussiegosi luminari, lui ha imparato soprattutto dai suoi bambini. Tremila in quarant’anni di professione. Seicento di loro gli hanno impartito con semplicità la lezione più difficile: come si può perdere, e perfino morire, senza rinunciare a un solo minuto di vita. Una buona vita.

L’insegnamento ricevuto

«Da loro ho imparato a vivere e a capitalizzare il presente. Con loro ho capito quanto sia terapeutica la vicinanza degli amici, degli insegnanti, dei compagni di scuola, di quanti non c’entrano con la loro malattia» riferisce Momcilo Jankovic, che vorrebbe trasmettere la stessa consapevolezza a chiunque. Incluso chi gode di buona salute e percepisce come catastrofi i banali fastidi della quotidianità. Il cognome rivela origini serbe, ma Momcilo Jankovic è nato, ha studiato e si è specializzato a Milano in pediatria, ematologia e oncologia, diventando uno degli esponenti più noti di quella roccaforte unica e preziosa che è la medicina della speranza.

Se a una prima occhiata viene da paragonarlo a Patch Adams, il personaggio (interpretato al cinema da Robin Williams) che volle farsi medico e clown per curare la sofferenza dei bambini con l’allegria e con l’amore, Jankovic chiarisce subito che un altro film illustra ancora meglio il suo pensiero e la sua azione. Ed è Quasi amici, tragicommedia francese sull’inattesa complicità che affratella un badante di colore abituato a campare d’espedienti e un ricco tetraplegico, misantropo e diffidente, dei quartieri alti parigini. Perché? «Perché mostra gli effetti dell’entusiasmo e della normalità – sintetizza il dottore – donati a una persona imprigionata senza rimedio su una sedia a rotelle, che ha bisogno di tutto fuorché di compassione e pietismo». Non è facile né istintivo trattare chi soffre come una persona sana che può ancora apprezzare qualche intervallo di beatitudine e di svago. Però è possibile. Lo capisce anche un bambino.

Lo diceva Clementina

O una bambina, come Clementina: «Sai dottore, è importante divertirsi – ha spiegato una volta al professor Jankovic – perché, cioè, non è che guarisci se ridi, però non ci pensi alla malattia e stai bene». È una delle tante, sorprendenti indicazioni che per decenni hanno guidato Momcilo Jankovic da un lettino all’altro nel reparto di Emato-oncologia pediatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza. E non è che una delle tante testimonianze che si possono leggere aprendo, a caso, il libro in cui sono state racchiuse, Ne vale sempre la pena (Il dottor Sorriso, i suoi pazienti e il vero valore della vita) scritto con Salvatore Vitellino (Baldini e Castoldi Editore).

Vero, ne vale sempre la pena: «Su 620 bambini o ragazzi che ho seguito, e non ce l’hanno fatta, uno solo mi ha chiesto, all’improvviso, mentre parlavamo delle vacanze: Jankovic sto per morire? Gli ho risposto: se pensi a che cosa vuoi fare quest’estate, no, non mi sembra così imminente. È morto tre ore dopo, lo sapevamo entrambi che sarebbe successo, ma se n’è andato sereno, pensando alle vacanze. Non mi pongo limiti quando si tratta di dare una qualità di vita accettabile anche nella morte. L’incertezza, il patteggiamento sono, per me, la strategia migliore».

Non mente mai, il dottor Sorriso, ma non dirà a nessuno, come è stato detto brutalmente a lui, quando è stato colpito da un tumore all’occhio sinistro: «Hai il 50 per cento di possibilità di sopravvivere». Sarà stata ritenuta forse una doverosa sincerità tra colleghi, ma la consapevolezza della gravità della situazione non aiuta il paziente e, ancor meno, la sua famiglia: «La psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross, parlava della bugia bianca, che non è una falsità, ma il silenzio. Io, con i bambini, adotto la comunicazione dinamica: dico la verità per gradi, progressivamente, perché quel che conta di più è aiutare a comprendere cosa succede. Se gli si spiega bene la malattia il bambino può diventare un grande alleato. E naturalmente l’altra cosa importante è saper ascoltare lui e i suoi genitori».

Genitori non per caso

Quel rapporto prosegue con le migliaia di lettere che il medico continua a ricevere. Tra le più felici, quelle delle «famiglie inaspettate». E così s’intitola il nuovo, grande (anche di formato) volume che il professore ha scritto con Monica Terenziani, specialista di Oncologia medica e Pediatria all’Istituto dei Tumori di Milano. Pubblicato da Contrasto e illustrato dalle foto di Attilio Rossetti, è una galleria di famiglie impreviste: sulla carta, o meglio sulle cartelle cliniche, avevano poche probabilità di nascere, perché mamma o papà sono stati bambini guariti da chemioterapia, radioterapia, trapianto di midollo, cure che possono indurre sterilità. «Possono sì, ma non c’è mai la certezza», insiste Jankovic. Miracoli, forse. «I miracoli sono spiegabili rivalutando la diagnosi iniziale». Non solo: «A un ragazzino cui avevamo curato un linfoma si è presentata una lesione sospetta della cute. Erano cellule malate e si prospettava un trapianto di midollo. Mi chiese il permesso di passare una settimana al mare, prima dell’intervento. Gli dissi di sì e, al suo ritorno, la lesione era scomparsa».

Anche se manca una spiegazione scientifica, il dottor Sorriso ne ha comunque pronte altre. «Ci sono tempeste e ferite che lasciano il segno – scrive Giangiacomo Schiavi, editorialista del Corriere della Sera, nella postfazione di Famiglie inaspettate – ma quel che conta è essere partiti e avere una rotta: poi non bisogna perdere la speranza». Quando al timone c’è un capitano che porta le sue giovani pazienti da George Clooney o fa venire in corsia il youtuber Favij, cantanti e calciatori, per la felicità dei suoi ragazzi, come dubitare che sappia condurti anche in porto?

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15 marzo 2022 (modifica il 16 marzo 2022 | 07:22)

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, 2022-03-17 05:41:00, Momcilo Jankovic, 40 anni in corsia, antepone anche «un solo minuto di vita» alla prognosi. La lezione dei 600 che non ci sono più: «Ogni momento ha valore». Un libro racconta quelli che oggi sono diventati papà, Elisabetta Rosaspina

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