La tragedia delle foibe e dellesodo in un saggio storico con il Corriere

La tragedia delle foibe e dellesodo in un saggio storico con il Corriere

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di DINO MESSINA

Il 10 febbraio, nel Giorno del Ricordo, in edicola con il quotidiano una ricostruzione degli eventi dal 1882 al 1954 nell’alto Adriatico firmata dallo studioso triestino Raoul Pupo

Adriatico amarissimo, slogan coniato da Gabriele D’Annunzio, stato scelto da Raoul Pupo, il maggiore storico delle vicende novecentesche sul confine orientale dell’Italia, come titolo al libro che esce in edicola domani con il Corriere in occasione del Giorno del Ricordo, al prezzo di e 9,90 pi il costo del quotidiano.

Terra di cerniera tra i mondi italiano, slavo e germanico, quella che noi chiamiamo Venezia Giulia, secondo la definizione del glottologo ottocentesco Graziadio Ascoli, stata l’epicentro di una feroce lotta tra nazionalismi di cui ha fatto le spese una pacifica e laboriosa popolazione.

Il racconto di Pupo inizia con il fallito attento di Guglielmo Oberdan a Francesco Giuseppe. Oberdan, in realt Oberdank, di madre slovena, primo martire dell’ irredentismo, impiccato il 20 dicembre 1882 nella Caserma grande di Trieste, la dimostrazione di quanto l’identit nazionale da quelle parti sia sempre stata un fatto culturale, di scelta, non dettata dal sangue o dal suono del cognome. Ci non toglie che per una lunga stagione il confronto fra i vari gruppi sub da allora una escalation inarrestabile. Risalgono al 23 maggio 1915, vigilia dell’entrata in guerra, i pogrom anti-italiani a Trieste. La vittoria cambi tutto, non solo con l’annessione di Trieste, dell’Istria e di Zara sancita dal trattato di Rapallo del 1920, ma con l’avanzata di un nazionalismo sempre pi aggressivo testimoniato dall’incendio al Narodni Dom, la casa della comunit slava triestina, del 13 luglio 1920. Un attacco capeggiato dal fascista toscano Francesco Giunta. Intanto volgeva al termine l’avventura di D’Annunzio a Fiume, che sarebbe diventata italiana con il trattato di Roma del 1924.

Il carattere antislavo del fascismo di confine si manifest con le leggi che vietavano l’insegnamento in lingue che non fossero l’italiano, nella soppressione delle scuole slave, nella repressione del clero che in parte divenne protagonista della riscossa nazionale slovena e croata. In questo quadro si inserisce la nascita delle prime formazioni clandestine che compirono sanguinosi attentati a Trieste e in Istria. Si chiamavano Tigr (acronimo di Trieste, Istria, Gorizia e Rijeka, cio Fiume) e Borba (lotta) le prime formazioni nate da una gita di giovani sul Monte Nevoso. Le loro azioni, attentati a Trieste, in cui tra l’altro venne ucciso un giornalista de Il popolo di Trieste, e un attacco armato contro i contadini di Pisino che si recavano alle urne per il plebiscito del 1929, furono severamente punite. Quattro degli 87 arrestati furono condannati a morte, tra cui Ferdo Bidovec, di madre italiana. Il luogo dell’esecuzione fu il poligono di Basovizza. Non lontano da quella miniera dove nel maggio 1945 vennero gettati i corpi di qualche centinaio di italiani uccisi dalla polizia di Tito. Le vittime non erano soltanto fascisti, ma anche antifascisti sospetti finiti negli elenchi dell’Ozna, i servizi segreti jugoslavi.

Non un caso che l’atto simbolico di riconciliazione pi significativo tra sloveni e italiani sia avvenuto a Basovizza il 13 luglio 2020 dove i presidenti Sergio Mattarella e Borut Pahor, tenendosi per mano hanno reso omaggio alle vittime dei due fronti. Un atto di concordia sottolineato con forza dall’autore.

Pupo dedica lunghi e intensi capitoli alle due stagioni delle foibe, quella dell’autunno 1943, che ebbe come teatro l’Istria e ha come simbolo la studentessa Norma Cossetto, figlia del podest di Visinada, rapita, violentata e gettata nella foiba di villa Surani, e quella del maggio 1945, quando a Trieste, Gorizia e Fiume e in tutta l’area della Venezia Giulia si svolse una feroce resa dei conti in cui a pagare non erano soltanto i fascisti. L’obiettivo delle forze titine era triplice: punire i crimini, epurare la societ da elementi scomodi e intimidire la componente italiana. Tuttavia per Pupo, secondo cui le vittime civili italiane non furono pi di cinquemila, non si pu parlare di genocidio, quanto di stragismo e di sostituzione nazionale. Tito ebbe mano pi pesante con i collaborazionisti sloveni o con gli ustascia croati (le vittime vanno da 60 a 70mila) e riguardo agli italiani il suo braccio destro Edvard Kardelj si raccomandava di punirli in base al fascismo e non alla nazionalit. Ma i metodi usati furono molto pesanti e alla fine, per paura e per sentimento patrio, circa 300 mila italiani, oltre l’80 per cento dei residenti, abbandonarono le case dei padri, lasciando luoghi dove le loro famiglie erano radicate da secoli.

lo stesso Pupo ad aver parlato in altra occasione di una catastrofe demografica. Esemplare l’esodo da Pola, dove andarono via quasi tutti, 28 mila abitanti su 30 mila circa, dopo la strage di Vergarolla del 18 agosto 1946: oltre cento morti sulla spiaggia cittadina per l’esplosione di mine sottomarine che erano disinnescate. Un probabile attentato, il primo dei tanti misteri irrisolti della storia repubblicana, perch l’episodio avvenne dopo il referendum del 2 giugno 1946 e prima del trattato di pace del 10 febbraio 1947, quando furono cedute alla Jugoslavia quelle terre.

Tra le tante pagine interessanti di questo saggio, che si conclude con il memorandum di Londra del 1954, il passaggio di Trieste all’Italia e l’esodo dalla zona B, non possiamo non citare quelle sui rapporti tra i partiti comunisti, dove emerge la subalternit del Pci rispetto al confratello sloveno, complice anche le direttive che venivano dal Mosca e da Georgi Dimitrov.

La politica delle larghe intese inaugurata da Palmiro Togliatti con il riconoscimento del governo Badoglio non valeva sul confine orientale, dove vigeva l’antica logica del fronte contro fronte e della lotta al nemico nascosto anche nelle file antifasciste. Ne fecero le spese i partigiani della Brigata Osoppo, tra cui Francesco De Gregori, zio del cantante, e Guido Pasolini, fratello del poeta, trucidati dai garibaldini del comandante Mario Toffanin (detto Giacca) perch coniugavano patriottismo e antifascismo.

I partigiani di Tito condussero una lotta di liberazione dal nazifascismo, una rivoluzione sociale e nello stesso tempo perseguirono obiettivi di conquista nazionale che avevano radici negli irredentismi di fine Ottocento.

Tempeste della storia. Terreno di scontro su ideologie totalitarie

Esce venerd 10 febbraio in edicola con il Corriere della Sera il libro di Raoul Pupo Adriatico amarissimo . Una lunga storia di violenza, al prezzo di euro 9,90 pi il costo del quotidiano. Il volume, pubblicato in collaborazione con l’editore Laterza in occasione del Giorno del Ricordo per le foibe e l’esodo giuliano-dalmata, resta in edicola per un mese. Il saggio di Pupo, riassumendo e sintetizzando gli esiti di lunghe ricerche, ricostruisce le vicende che interessarono il confine orientale tra lo scorcio finale del XIX secolo e la prima met del XX. Le terre adriatiche, osserva a tal proposito l’autore nell’introduzione, hanno costituito per tanti aspetti un laboratorio delle esperienze politiche estreme del Novecento. Qui sono passati, con esiti particolarmente drammatici, il fascismo, il nazismo e il comunismo. E ancora prima si sono incontrate e scontrate diverse identit nazionali. D’altronde l’alto Adriatico , scrive sempre Pupo, una tipica area di sovrapposizione tra periferie, in questo caso del mondo romanzo, germanico e slavo, con qualche incursione magiara. Si cos verificato un intreccio tra conflitti nazionali e conflitti ideologici, di cui le popolazioni civili sono state spesso vittima. Due guerre mondiali hanno seminato lutti e inasprito rancori. Alla seconda di esse vanno ricondotte le sofferenze alle quali dedicato il Giorno del Ricordo. Si parla delle foibe, cavit naturali del territorio carsico in cui i partigiani jugoslavi di Tito, il cui Paese era stato invaso dalle forze dell’Asse, gettarono spesso i loro oppositori, fra cui molti italiani. E poi l’esodo di circa 30o mila nostri connazionali dalle terre che in seguito al trattato di pace furono annesse alla Jugoslavia.

9 febbraio 2023 (modifica il 9 febbraio 2023 | 22:15)

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