energia
di Valentina Iorio26 ott 2022
«Dalla crisi energetica può nascere un’occasione: abbiamo il dovere di sfruttare a pieno i giacimenti di gas nei nostri mari», ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il suo intervento alla Camera. La priorità per il governo è mettere «un argine al caro energia» e «accelerare la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e la produzione nazionale». L’obiettivo è chiaro: accelerare sulle trivelle per far ripartire la produzione nazionale di gas. La revisione del cosiddetto Pitesai, il «piano trivelle», era uno degli obiettivi dell’ex ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, che a giugno aveva detto: «È arrivato il momento di rivedere il Pitesai alla luce di quanto sta accadendo, cercando di combinare due cose: riduzione del gas totale e aumento del gas che ci servirà dai nostri giacimenti. Mi impegnerò in questo senso».
Riserve per 112 miliardi di metri cubi
Il dossier ora passa al suo successore Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Riaggiornare la mappa delle zone idonee all’estrazione di idrocarburi consentirebbe di portare la produzione italiana di gas da 3,3 a circa 6 miliardi di metri cubi l’anno entro il 2025 e oltre 7 negli anni successivi. Le trivelle attive secondo Assorisorse sono una novantina fra terra e mare, in 15 regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto (qui la mappa delle zone in cui si può estrarre gas) . L’Italia, secondo i dati del Ministero della Transizione ecologica (che presto cambierà il nome in Ambiente e Sicurezza energetica) ha riserve di metano per circa 112 miliardi di metri cubi, fra mare e terra: 45,775 miliardi certi, 45,901 probabili, 19,912 possibili. Secondo Assorisorse, il nostro paese nel 2021 ha estratto 3,3 miliardi di metri cubi di metano, a fronte di un consumo nazionale di 74,1 miliardi. Nel 2000, la produzione nazionale era di 17 miliardi di metri cubi all’anno. Vent’anni dopo, nel 2020, era scesa a 4 miliardi. L’anno scorso ha toccato il minimo, con un calo annuo (dati Arera) del 16,7%.
Canale di Sicilia e Medio Adriatico
Le aree in cui le estrazioni potrebbero ripartire sono quella del Canale di Sicilia e del Medio Adriatico, l’area dell’Adriatico Settentrionale invece al momento è vincolata. In mare, su 45,345 miliardi di metri cubi, davanti a Veneto e Romagna ce ne sono 13,474, davanti a Marche, Abruzzo e Molise 12,492, davanti a Puglia, Calabria e Sicilia 19,379. In Sicilia i giacimenti Argo e Cassiopea di Eni hanno già ottenuto l’autorizzazione. Ma non raggiungeranno piena operatività prima del 2024. Dai Lidi ferraresi alle Marche, si potrebbero rimettere in moto circa 50 piattaforme, secondo le stime di Nomisma Energia, che sarebbero in grado fornire circa 3 miliardi di metri cubi di gas all’anno. A largo di Rimini, ad esempio, ci sono due piattaforme che potrebbero fornire fino a 1,5 miliardi di metri cubi di gas.
Adriatico Settentrionale
Ma la riserva più consistente è quella a nord del Po di Goro, dove le perforazioni sono vietate per il rischio che il fondo marino si abbassi. Le nuove tecnologie però potrebbero minimizzare i rischi, secondo gli esperti. Qui la produzione annua potrebbe andare oltre il miliardo di metri cubi. Quello che si potrebbe fare in tempi relativamente rapidi è rimettere in sesto gli impianti e ridare vita ai giacimenti spompati, molti dei quali sono rimasti fermi proprio per paura degli effetti del Pitesai: i produttori, in attesa della nuova normativa, hanno preferito non investire, nell’incertezza che quel denaro andasse sprecato. Scelta che ha delle ricadute sul fronte della produzione del gas: i giacimenti fermi, infatti, perdono ogni anno il 15% di capacità produttiva. Per evitare che nel giro di pochi anni si dimezzi, bisogna far ripartire le manutenzioni.
La reazione di Confindustria Emilia Romagna
Per Confindustria Emilia Romagna l’apertura di Meloni alla ripresa delle estrazioni di gas è una buona notizia. Ora «questo proposito va concretizzato quanto prima: il tempo delle parole è finito, bisogna passare ai fatti con estrema urgenza», commenta l’associazione. Sulla questione è intervenuto anche Giannantonio Mingozzi, presidente del Terminal container Ravenna: «Il Pri, che ha dedicato ogni impegno nelle istituzioni e nel rapporto con le imprese ravennati dell’offshore affinché, in questa difficile emergenza, le risorse dell’Adriatico non venissero lasciate ai Paesi dell’altra sponda, non può che apprezzare queste dichiarazioni, ma con molta cautela».
I pozzi in Italia
Il 70% dei pozzi sono gestiti da Eni, il 16% da Royal Dutch Shell, il resto da società minori. A terra le trivelle sono concentrate in Lombardia ed Emilia Romagna, poi sulla costa adriatica fino alla Puglia, in Basilicata, in Calabria intorno a Crotone, in varie zone della Sicilia. Le riserve maggiori secondo il Pitesai sono al Sud: su 66,245 miliardi di metri cubi complessivi, 60,641 sono nel Mezzogiorno, 0,784 al centro e 4,82 al Nord. In mare il gas si trova soprattutto lungo la costa adriatica, da Venezia fino al Molise, e al largo di Brindisi. Ci sono poi un giacimento di fronte a Crotone e diversi campi nel Canale di Sicilia, di fronte a Gela.
Iscriviti alla newsletter “Whatever it Takes” di Federico Fubini. Dati, fatti e opinioni forti: le sfide della settimana per l’economia e i mercati in un mondo instabile. Ogni lunedì nella tua casella di posta.
E non dimenticare le newsletter L’Economia Opinioni”
e “L’Economia Ore 18”
.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-10-26 16:56:00, Le aree in cui le estrazioni potrebbero ripartire sono quella del Canale di Sicilia e del Medio Adriatico. In Sicilia i giacimenti Argo e Cassiopea di Eni hanno già ottenuto l’autorizzazione. Ma non raggiungeranno piena operatività prima del 2024, Valentina Iorio