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Al liceo classico Giovanni Berchet di Milano più della metà degli studenti soffre di ansia e di stress a causa della scuola. Tanto che da settembre a oggi, 56 studenti hanno deciso di lasciare l’istituto. Lo racconta Repubblica.it pubblicando i risultati di un’indagine condotta su 533 alunni del Berchet di Milano. “Ci sono delle fragilità che stiamo già tentando di affrontare”, ha spiegato il preside del liceo, Domenico Guglielmo. Ora è importante “capire come affrontare una situazione di disagio che evidentemente provoca malessere negli studenti”.
Quello che è emerso dall’indagine è che 303 studenti soffrirebbero di stress e ansia proprio a causa dell’istituto, che il 53% del campione avverte una forte pressione da parte dei docenti e che il 57% non affronta con serenità le prove orali e scritte. E poi il numero allarmante: da settembre a oggi 56 studenti hanno deciso di abbandonare la scuola, alcuni per iscriversi in un istituto di differente indirizzo, altri per trasferirsi, altri per virare verso un altro liceo classico, altri, infine, per ritirarsi.
Per il preside le difficoltà sono anche frutto degli anni di pandemia, trascorsi a casa con la didattica a distanza. “Stiamo cercando di affrontarle con un supporto maggiore di tipo didattico: abbiamo attivato già dall’inizio dell’anno corsi integrativi di italiano e matematica, per rafforzare le basi degli allievi, prevediamo la possibilità di tutoraggio tra pari, quindi con studenti più grandi che affiancano i più piccoli, e, da quest’anno, lo studio assistito con la presenza di un docente”. L’idea sarebbe quella di lavorare sulle competenze dei ragazzi, così da rafforzare la loro fiducia in sé stessi, oltre a mettere poi a disposizione il supporto “di una psicologa presente da tempo a scuola e di un’altra disponibile grazie alle risorse arrivate per far fronte alle conseguenze della pandemia e confermate”.
La pensano diversamente i ragazzi. Per molti di loro le criticità della scuola erano presenti già prima del Covid, e la pandemia ha solo accelerato i tempi facendo emergere con più forza un disagio già diffuso.
“Il problema non è il cambio di scuola o di percorso perché può succedere, possono subentrare tanti fattori che fanno optare per una scelta di cambiamento. Il problema è la motivazione per cui i ragazzi fanno questa scelta: ansia, stress, paura, difficoltà ad organizzarsi, scarsa fiducia. Ma questo è un fenomeno che rientra in una più ampia crisi che colpisce i giovani e che si è acuita con la pandemia che ha stravolto abitudini e relazioni. Purtroppo non bastano le risposte che sono state date loro. Non stiamo intervenendo nel modo corretto. Dobbiamo leggere quello che il Covid ci ha lasciato e intervenire”. Questo il commento di Simona Malpezzi, senatrice del PD.
“Oggi il ministro Valditara dichiara che si sta ‘discutendo’ dello psicologo a scuola – continua Malpezzi-: una risposta non sufficiente perché non è più tempo di discutere, ma serve intervenire. Meno parole e più fatti. C’è una proposta di legge del Pd per istituire un fondo per il sostegno e lo sviluppo della comunità educante che contiene le risposte di cui hanno bisogno i ragazzi”.
“A scuola – conclude la senatrice – è importante creare, per gli alunni e per il personale, le condizioni idonee a costruire un ambiente di vita che faciliti il lavoro educativo, con l’aiuto di figure professionali di supporto nella continua interazione tra alunni, docenti e famiglia. E serve farlo mettendo a sistema interventi educativi e pedagogici di sostegno, realizzati in sinergia tra scuola, famiglia, studenti e agenzie educative del territorio, a partire dal prezioso lavoro degli enti locali e del terzo settore. Ci aspettiamo dal governo e dalla maggioranza una risposta chiara su un tema che non può più essere eluso”.
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