Nel caos post-pandemico, mentre il mondo cerca di adattarsi alla nuova normalità, il settore dell’istruzione sembra aver fatto un passo indietro. Raffaele Mantegazza, professore associato di Scienze Pedagogiche presso l’Università degli Studi Milano Bicocca, critica aspramente la resistenza del sistema scolastico al rinnovamento.
La pandemia avrebbe dovuto essere un’opportunità per il settore educativo di trasformarsi, di adattarsi, e, soprattutto, di riflettere. Eppure, come mostrano i dati recenti, l’incremento delle bocciature nelle scuole superiori indica chiaramente un ritorno ai modelli pre-pandemici.
A La Provincia di Como, Mantegazza sottolinea come il recente aumento delle bocciature non sia solo una cifra, ma un segnale della mancata evoluzione del sistema. “La pandemia ha privato gli studenti di esperienze vitali”, dice Mantegazza. “Eppure, anziché rivoluzionare l’approccio educativo, la scuola sembra insistere sulla sovraccarica di contenuti e pressioni”.
Le parole del professore riecheggiano una crescente preoccupazione: la scuola è davvero in grado di preparare gli studenti per il mondo post-Covid se rimane ancorata a metodi obsoleti e stressanti? Il frenetico affanno di voti e verifiche alla fine dell’anno scolastico, come osserva Mantegazza, è una testimonianza di questa rigidità. “A maggio gli insegnanti dovrebbero rallentare, invece esercitano pressioni crescenti sugli studenti”, lamenta.
Quindi, in un mondo in cui la flessibilità e l’adattabilità sono diventate essenziali, quale dovrebbe essere il ruolo della scuola? Mantegazza propone una didattica meno oppressiva, incentrata su contenuti duraturi e significativi. “La scuola dovrebbe essere un luogo di apprendimento sereno, non un campo di battaglia di voti e verifiche”, conclude.
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