di Giuseppe Sarcina, nostro corrispondente
L’ex presidente contro tutti al raduno repubblicano: così ha chiuso la Conservative Political Action Conference. E ora procede a spallate verso le primarie del 2024. L’attesa dei possibili contendenti
WASHINGTON – Donald Trump procede a spallate verso le primarie del 2024. L’ex presidente ha chiuso ieri una delle edizioni più estremiste della Cpac, la «Conservative Political Action Conference». Per Trump «l’America è sull’orlo dell’abisso. Joe Biden e la sinistra radicale la stanno trasformando in una specie di super Venezuela. Noi siamo l’unica speranza per salvare il Paese. Sì, siamo populisti, noi mettiamo gli interessi dell’America al primo posto». Trump ha seguito la traccia delle ultime uscite: a Washington, il 28 luglio, nel convegno organizzato dall’Afpi, l’America First Policy Institute; a Waukesha, in Wisconsin, venerdì 5 agosto.
«The Donald» mantiene la sua linea di scontro frontale con tutti coloro che non si mettono a disposizione. Grandi o piccoli personaggi che siano. Anche ieri ha attaccato a fondo la speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, «la pazza» che con il viaggio a Taiwan, «ha creato solo confusione e problemi con la Cina». «Tutto quello che tocca si trasforma in qualcosa di cattivo, di dannoso». Se la prende con quel «vecchio corvaccio» di Mitch McConnell, il leader dei repubblicani al Senato, per «essersi fatto prendere in giro» dal democratico moderato Joe Manchin e non aver impedito l’accordo «che alzerà le tasse sugli americani».
E pazienza se il provvedimento in questione contiene la «minimum tax» del 15% solo per le imprese: per Trump i contenuti reali sono dettagli insignificanti. Ciò che conta, invece, è alimentare le tensioni e le divisioni ovunque: nel Congresso, nei singoli Stati, nella società in generale. Lo schema è quello consueto: contrapporre «l’età dell’oro» trumpiana, «l’economia ruggente», il «confine più sicuro di sempre», «l’esercito più potente del mondo», alla «Nazione oggi sistematicamente distrutta». Naturalmente non manca il capitolo sulle «elezioni rubate»: «nel 2020 abbiamo ottenuto più voti che nel 2016, com’è possibile pensare che abbiamo perso?». I candidati trumpiani a tutti i livelli sono stati scelti in base a questo discrimine: chi sostiene che la vittoria di Joe Biden nel 2020 sia stata regolare, diventa un avversario da stroncare.
Da questo punto di vista, le primarie per le elezioni di midterm dell’8 novembre stanno dando risultati alterni. Ma Trump, naturalmente, si concentra con enfasi solo sui successi. Gli ultimi, oggettivamente importanti, in Arizona, uno degli Stati elettoralmente in bilico. Nella corsa per la candidatura a governatore, la trumpiana Kari Lake ha battuto Katie Hobbs, sostenuta dall’ex vicepresidente Mike Pence e dall’establishment moderato. In questa fase i media americani stanno sondando la base repubblicana, raccogliendo pareri su un interrogativo che, in realtà, circola soprattutto a Washington.
Trump sarà davvero il «front runner» nel 2024? Finora nessuno è uscito allo scoperto. I repubblicani non trumpiani confidano nell’inchiesta aperta dall’attorney general, Merrick Garland, anche in base al lavoro della commissione parlamentare sull’assalto a Capitol Hill. I potenziali contendenti restano in attesa. Continuano a salire le quotazioni del governatore della Florida, Ron DeSantis. Anche se i sondaggi gli accreditano la metà delle preferenze repubblicane rispetto al leader. Una distanza confermata anche dalla rilevazione-flash alla Cpac: il 69% dei militanti vuole ancora Trump alla Casa Bianca; DeSantis è al 29%. La prima mossa, comunque, toccherà all’ex costruttore newyorkese. Il passaggio alla Cpac segna un’altra tappa di avvicinamento all’annuncio ufficiale: corro ancora per la presidenza. Qualche giorno fa, Mark Meadows, ex capo dello staff della Casa Bianca, diceva al Corriere: «Non è stato ancora deciso se entrare nella competizione prima o dopo le elezioni di midterm; Trump ne sta ancora discutendo con il suoi consiglieri».
7 agosto 2022 (modifica il 7 agosto 2022 | 01:57)
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