di Giusi FasanoIl sindaco di Varsavia: «Da noi in migliaia si sono prodigati, ma ora servono Ue e Onu. Dateci soldi, non al governo»
«Basta guardarli negli occhi, soprattutto quelli che arrivano dalla parte più a Est. Sono smarriti. Perché vengono da giorni di bombe e missili, perché molti di loro hanno perduto familiari, bambini, amici. Ma anche perché è gente che parla russo, è come se fossero stati attaccati da uno di famiglia. E sa cos’altro mi ha molto commosso?»
Cosa?
«Veder partire giovani che vivono e lavorano qui da noi. Sono tornati in Ucraina a combattere in 70 mila».
Rafal Trzaskowski parla dei «suoi» profughi ucraini e si emoziona. Lui è il sindaco di Varsavia, cinquantenne, vocazione europeista e uomo chiave di Piattaforma Civica, all’opposizione della destra populista di Diritto e Giustizia. Su oltre due milioni di rifugiati approdati in Polonia sono più o meno 450 mila quelli transitati dalla sua città, e si stima che circa 300 mila si fermeranno per un tempo indefinito.
Qualche giorno fa lei disse «siamo al limite». E adesso? Il limite è superato?
«È difficile dirlo. Quello che sappiamo per certo è che finora abbiamo molto improvvisato e invece abbiamo bisogno di un sistema organizzato, abbiamo assolutamente bisogno che Unione Europea e Nazioni Unite siano presenti qui, con istituzioni internazionali che gestiscano quest’emergenza meglio di quanto possiamo farlo noi sindaci. L’ondata di arrivi è tutt’altro che finita, ci serve gente che ci aiuti con il sistema di accoglienza e di redistribuzione, non bastano più le mie telefonate alle tre del mattino per chiedere a qualcuno: te ne prendi 100? Puoi prenderne 200 per favore?»
Vista dal resto dell’Europa la Polonia che accoglie due milioni di profughi in 20 giorni sembra organizzata.
«Si fa quel che si può grazie allo sforzo di migliaia di persone che da settimane dormono poco e lavorano tantissimo, ma non possiamo andare avanti così o ci schianteremo. A questa gente serve assistenza medica, inserimento scolastico, servizi sociali di ogni genere, alloggi, lavoro. Non possiamo farcela da soli. Senza contare che il governo scarica tutto sui locali. Per esempio: si è deciso di dare a ogni rifugiato il pesel che è il codice di identità che consente l’accesso al sistema scolastico e sanitario. Bene. Il governo ci ha detto: fantastico, fate tutto voi! E così per tante altre cose».
Chi paga per tutto questo?
«Per ora noi ma il governo ci ha promesso soldi e ce li ha promessi anche la Comunità europea. Io l’ho spiegato ai colleghi dell’Ue: non date tutti i fondi al governo centrale».
E a chi allora?
«Secondo me dovrebbero darli ai rifugiati, direttamente, alle ong, a chi è impegnato sul campo, e dovrebbero avere un filo diretto con i governi locali perché sulla prima linea in realtà ci siamo noi. Io credo che i soldi arriveranno, alla fine. Spero solo che non li distribuiscano come sempre secondo criteri politici».
Il problema più grande?
«Al momento la mancanza di psicologi. Non ne abbiamo abbastanza e la differenza linguistica non ci aiuta. Arrivano persone traumatizzate, vulnerabili, orfani, disabili, anziani. L’aiuto psicologico è fondamentale».
Sul tema profughi è in corso una tregua fra governo e opposizione. Durerà?
«Ci sono molte cose da fare e persone da aiutare non ho tempo di pensare alla politica. La politica tornerà, temo presto. Anche se adesso c’è questa tregua non dimenticheremo quello che hanno fatto finora sui diritti civili, la Giustizia, l’immigrazione».
A proposito di immigrazione. La Polonia respinge per settimane famiglie mediorientali accampate al gelo al confine con la Bielorussia ma poi accoglie due milioni di ucraini…
«Lì è entrato in scena il governo dei pazzi di Diritto e Giustizia…, pura politica. Loro hanno sempre bisogno di un nemico: rifugiati lgbt, presunte migrazioni incontrollate dal Sud. Anche se io aiuterei sempre tutti va detto che in quell’occasione il quadro non era così chiaro: c’era chi scappava dalla guerra e chi era migrante economico. Con la crisi ucraina è invece tutto chiaro. E poi, a parte le affinità culturali e linguistiche che per la gente contano, sappiamo un’altra cosa, stavolta: che gli ucraini combattono anche per la nostra libertà, cosa che per i polacchi è molto più evidente che per gli spagnoli o gli italiani».
Ci dia una buona notizia.
«Nei soli ospedali di Varsavia abbiamo dato il benvenuto a 20 bambini nati da profughe ucraine».
19 marzo 2022 (modifica il 20 marzo 2022 | 00:29)
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, 2022-03-19 21:35:00, Il sindaco di Varsavia: «La Polonia così da sola non ce la fa. A questa gente serve assistenza medica, inserimento scolastico, servizi sociali, alloggi e lavoro», Giusi Fasano
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