di Alfio Sciacca
Parla Matteo Grotti, marito di Elisabetta Socci morta lo scorso luglio a 36 anni dopo avere partorito una bimba. «Ogni giorno le faccio vedere le sue foto e lei fa ciao con la manina»
«Ogni giorno le faccio vedere le sue foto e lei fa ciao con la manina. La bambina deve sapere che la mamma c’è, anche se non fisicamente è sempre qui con noi». Per la piccola, che oggi ha meno di un anno, Matteo Grotti fa da padre e da madre. La moglie, Elisabetta Socci, è morta lo scorso luglio, a 36 anni, dopo aver combattuto contro un cancro proprio mentre era in gravidanza. Per uno strano gioco del destino ha saputo di essere rimasta incinta — dopo oltre due anni di cure e tentativi per riuscire ad avere un figlio — lo stesso giorno in cui le è stato diagnosticato un tumore al seno. Matteo, che vive in un paesino in provincia di Ravenna, ha voluto rendere pubblica la sua grande storia d’amore perché possa essere di aiuto a quanti vivono «lo sconforto della malattia»: «Voglio che tutti sappiamo della forza con cui mia moglie ha lottato. Per essere di aiuto a chi vive in silenzio lo stesso tipo di battaglia. Si deve sapere che ci si può ritagliare uno spazio di normalità anche nelle situazioni più tragiche».
Come alleva sua figlia?
«Accompagnandola giorno dopo giorno per mano, con l’aiuto di tante persone che ci stanno accanto. Nei modi che in ogni momento saranno più idonei, voglio raccontarle quanto era speciale la sua mamma. Questa è la mia missione: raccontarle, con ricordi e fatti, quanto sua madre sia stata un guerriero ma anche farle capire quanto lei l’abbia fortissimamente voluta».
Come ricorda il giorno in cui avete saputo della malattia e della gravidanza?
«Come un giorno di pura angoscia, mista alla gioia. Nel momento in cui abbiamo scoperto le due cose, una bruttissima e una bellissima, non sapevamo se potessero andare insieme, parallelamente. Avevamo il terrore che una cosa potesse escludere l’altra».
E come siete andati avanti?
«Qui torna la forza di mia moglie guerriera. Lei vedeva la gravidanza come la luce che ci avrebbe fatto affrontare con più forza la malattia. La gioia per l’attesa della piccola dominava il resto. E questo soprattutto quando i medici ci hanno detto che c’era la possibilità che le cure potessero conciliarsi con la gravidanza. Anche se ci avevano avvertito che la situazione sarebbe potuta precipitare e a quel punto avremmo potuto essere costretti a fare delle scelte dolorose».
In quei mesi non ha mai pensato di trascurare le cure per il bene della bimba?
«Per niente. Le sono state fatte tutte le cure che si potevano fare a una persona in gravidanza. L’unico problema erano gli esami diagnostici con le radiazioni».
Poi è stata sottoposta ad intervento chirurgico.
«La mastectomia è stata fatta dopo la gravidanza, mentre prima si sono limitati a togliere il nodulo. Dicevano: il tumore non si è allargato, basta questo tipo di intervento. Hanno seguito la stessa procedura che avrebbero seguito se non fosse stata incinta».
E lei come reagiva?
«Ha mostrato una forza pazzesca. Ogni esame era peggiore dell’altro e lei mi faceva coraggio. Diceva “non può sempre andar male. La prossima volta andrà sicuramente bene”. Era lei che faceva coraggio a me».
Quando è nata la bambina avete sperato nei lieto fine?
«Sì, io ci speravo. Mia moglie però ha potuto stare accanto alla piccola appena dieci mesi. Ma sono stati intensissimi. Giorno dopo giorno le riversava un amore immenso. Anche questa è stata una lezione. Abbiamo la presunzione di avere in mano noi il tempo, ma lei mi ha insegnato che bisogna vivere intensamente anche i piccoli momenti di gioia che si possono avere durante la malattia. Guardate la sua ultima foto di noi tre insieme: risale al giorno del matrimonio di mio fratello, venti giorni prima che morisse. Le sembra il volto di una donna che si è arresa?».
3 ottobre 2022 (modifica il 3 ottobre 2022 | 23:23)
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, 2022-10-03 21:24:00, Parla Matteo Grotti, marito di Elisabetta Socci morta lo scorso luglio a 36 anni dopo avere partorito una bimba. «Ogni giorno le faccio vedere le sue foto e lei fa ciao con la manina», Alfio Sciacca