Pubblichiamo, come consuetudine da oltre vent’anni, il riepilogo dei principali avvenimenti che hanno riguardato la scuola italiana nell’ultimo anno. Con l’occasione porgiamo a tutti i più sinceri auguri per il 2023!
Indice
Alternanza scuola-lavoro
Aumenti contrattuali
Bianchi
Bianco
Competenze non cognitive
Concorso dirigenti scolastici
Carriera docenti
Dimensionamento
Draghi
Elezioni politiche
Flop sciopero
Gender
Giuseppe D’Aprile
Handicap
ITS Academy
Ivana Barbacci
Leadership condivisa
Meloni
Merito
Nuova Maturità
OCSE
Povertà educativa
PNRR in ritardo
Quesiti prova preselettiva
Risparmio energetico
STEM
Smartphone
Tutor
Ucraina
Valditara
Vinciguerra Alfredo
Zero – sei
A
Alternanza scuola-lavoro
(settembre) La morte, avvenuta durante l’alternanza scuola-lavoro, dello studente Giuliano De Seta, dell’Istituto Leonardo Da Vinci di Portogruaro, dà luogo a una serie di reazioni e commenti che risentono evidentemente del clima politico arroventato in vista delle imminenti elezioni del 25 settembre. Al centro delle polemiche sta proprio l’istituto dell’alternanza scuola-lavoro: per Stefano Fassina, deputato Leu, “Sono già tre gli studenti uccisi dalla Buona scuola dall’inizio del 2022: la sciagurata norma sull’alternanza scuola-lavoro va cancellata. Subito. Appena si insediano le Camere dopo il 25 settembre”.
Anche Nicola Fratoianni, segretario di SI, invita ad “abolire queste forme di sfruttamento mascherate” e a “restituire valore, sicurezza e dignità ai nostri giovani”, perché “non si può morire di scuola”.
Accanto a questa damnatio della dimensione pratica del sapere, di sapore singolarmente neogentiliano, si collocano reazioni e commenti più equilibrati, da quello della Direttrice generale dell’USR Veneto Carmela Palumbo, che descrive Giuliano come “un ragazzo unico e nello stesso tempo simile a tanti bravi studenti della nostra regione che ricercano nella scuola non solo il luogo della formazione e della crescita personale, ma anche dell’orientamento professionale e al lavoro” – un’opinione condivisa dalla stessa famiglia del ragazzo – a quella delle responsabili scuola del PD Ghizzoni e Manzi, a cui giudizio “I Pcto devono essere esperienze e opportunità formative, e pertanto ne vanno eliminate le storture a partire dalla sicurezza dei luoghi di lavoro, che tradiscono la specifica natura di queste esperienze”.
Anche per Matteo Renzi, alfiere a suo tempo della Buona scuola, “Il punto è che sui posti di lavoro non si deve morire, perché questa è la cosa atroce. Il problema non è l’alternanza scuola-lavoro, ma che sui luoghi di lavoro non si deve morire”. Una posizione non lontana da quella presa dei sindacati Cgil Cisl e Uil del Veneto: “Riteniamo che i percorsi di passaggio dalla scuola al lavoro abbiano bisogno di decisi e ancora più stringenti interventi di formazione e prevenzione – sottolineano – per garantire l’integrità fisica degli studenti, e che tutti i luoghi di lavoro debbano diventare luoghi sicuri per chiunque vi acceda”.
Aumenti contrattuali
(luglio – novembre) – All’Aran la trattativa per il rinnovo del CCNL 2019-2021 per la scuola procede a fatica, nonostante siano note pressoché integralmente le disponibilità finanziarie per gli aumenti stipendiali per un milione e 200 mila di addetti tra docenti e personale ATA.
Per uscire dallo stallo della trattativa si fa strada l’ipotesi di definire il rinnovo in due fasi: prima la parte economica, poi quella normativa.
Intanto il ministro Bianchi passa il testimone a Valditara che concretizza l’accordo. Il 10 novembre viene firmata l’intesa politica tra il Ministero dell’Istruzione e del Merito e le organizzazioni sindacali del comparto istruzione e ricerca su cui si costituisce il contratto sottoscritto in Aran relativamente alla parte retributiva.
Esso consiste anzitutto in un’anticipazione relativa alla parte economica, che permetterà al personale scolastico di vedersi riconosciute già nel cedolino di dicembre le somme relative agli arretrati maturati, per una voce media di 2000 euro, i quali andranno ad aggiungersi allo stipendio e alla tredicesima.
Inoltre, l’accordo prevede una disponibilità finanziaria pari a 100 milioni di euro, deliberata nel Consiglio dei Ministri, da destinare alla componente fissa della retribuzione accessoria per l’anno 2022, nella misura di 85,8 milioni per i docenti e 14,2 milioni per il personale Ata. È stato inoltre assunto l’impegno a reperire ulteriori risorse finanziarie, anche nell’ambito della manovra di bilancio 2023, da destinare alla retribuzione tabellare del personale scolastico.
La parte normativa del CCNL verrà definita nei primi mesi del 2023.
B
Bianchi
(settembre) – “Grazie a tutte e tutti per il cammino fatto insieme in questi mesi. Sono felice e onorato di essere stato il vostro Ministro dell’Istruzione e di aver lavorato con voi per una scuola aperta, inclusiva e affettuosa”. Così l’ormai ex ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, si rivolge al mondo della scuola in un video messaggio di congedo pubblicato sulla sua pagina Facebook.
“Aperta vuol dire che non abbiamo paura, che siamo aperti al confronto. La nostra scuola è una scuola in cui si impara ad imparare, per essere in grado di avere gli strumenti per affrontare ciò che non conosciamo, senza paura”, dice Bianchi, che poi continua con gli aggettivi che hanno caratterizzato la sua idea di scuola nel periodo trascorso alla guida di viale Trastevere. “Inclusiva vuol dire che non solo non lasciamo indietro nessuno, ma che il mio diritto di essere qui è perché ci sei anche tu. Abbiamo imparato che inclusione non vuol dire che tu stai qui e tu stai lì. Integrazione è capacità reciproca di adattarci, di trovare il modo di essere qualcosa in più. Affettuoso, vuol dire imparare a vivere assieme, affrontare le cose belle e le cose brutte. A volte ci sono cose difficili che non si riesce a sopportare da soli. La scuola deve essere questo: imparare a fare e imparare a vivere, insieme”.
Uomo di pensiero più che di azione, il professore universitario prestato alla politica ha operato in una situazione complessiva non molto favorevole. Indubbiamente, come è capitato anche ad altri ministri che si sono avvicendati al ministero dell’istruzione, ruolo complesso per chiunque, il ridotto tempo a disposizione non consentiva di mettere in atto o di avviare grandi riforme del sistema scolastico.
Tuttavia, il prof. Bianchi aveva guardato al futuro, e mentre pensava in grande, probabilmente gli sfuggiva di mano la consapevolezza della quotidianità dell’amministrare la scuola, di governare i problemi del momento, di gestire la complessa macchina ministeriale con le tante problematiche irrisolte, come, ad esempio, il reclutamento del personale con i concorsi e la riduzione del precariato, passaggi indispensabili per la stabilizzazione del sistema. Per non parlare di come è stata gestita la grande occasione (per l’impegno preso con l’Europa per il rilascio dei fondi del Pnrr) dell’introduzione della carriera dei docenti, forse una delle delusioni maggiori nell’operato, per altri versi inappuntabile, del Governo Draghi. Di certo il ministro Bianchi si è avvalso molto della delega di dossier importanti, tra cui la partita della carriera, agli uffici di più stretta collaborazione, a loro volta in stretto contatto con via XX Settembre e Palazzo Chigi.
La bella scuola di cui si parlava nel documento della Commissione presieduta dallo stesso Bianchi su incarico del predecessore Lucia Azzolina, e descritta nel libro di Bianchi “La scuola allo specchio” – scritto prima di diventare ministro – è ancora lontana, nel guado tra disegno di scenari strategici e “messa a terra” operativa.
Bianco
(dicembre) – Gerardo Bianco: generosità, cultura, rispetto delle istituzioni. “Democratico cristiano e Popolare coerente e aperto al nuovo, instancabile mobilitatore di mille battaglie, maestro di tante generazioni di credenti impegnati in politica per far crescere le persone”. Pierluigi Castagnetti, già esponente di spicco della Democrazia Cristiana e del Partito Popolare, ha ricordato con queste parole Gerardo Bianco, morto a Roma il 1° dicembre a 91 anni.
Bianco, Jerry White (com’era simpaticamente chiamato dai giornalisti) è stato deputato per nove legislature, vice-presidente della Camera e più volte capogruppo dei deputati democristiani, europarlamentare a Strasburgo (1994-1999), presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. È stato ministro della Pubblica Istruzione dal 27 luglio 1990 al 13 aprile 1991, subentrando a Sergio Mattarella.
Da ministro ebbe il compito, assolto egregiamente, di dare applicazione alla riforma della scuola elementare (legge 148/1990) per la quale da semplice parlamentare aveva invece espresso riserve, soprattutto per l’introduzione della pluralità dei docenti al posto del maestro unico. Tenace, sempre in Parlamento, la sua battaglia per l’insegnamento obbligatorio del latino a scuola.
Uomo di raffinata e profonda cultura, per altro mai esibita platealmente, Gerardo Bianco aveva studiato all’Università Cattolica di Milano (dove era arrivato con una borsa di studio) per poi divenire docente di lingua e letteratura latina nella Facoltà di lettere dell’università di Parma. Alla cultura latina (era stato, tra l’altro, condirettore della Enciclopedia Oraziana presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana) – ma anche al grande Francesco De Santis – aveva dedicato numerosi saggi l’ultimo dei quali, Tellus – La sacralità della Terra nell’antica Roma (Salerno Editrice, 2019), conferma la sensibilità e l’acume con cui viveva il suo impegno di studioso che non restava “accademicamente” ancorato al passato ma che dal passato traeva spunto per l’oggi. “Il libro di Bianco – ha scritto al riguardo Luciano Canfora (Corriere della Sera, 3 gennaio 2020) – non è mera archeologia, contiene anche un messaggio … rivolto a noi devastatori irresponsabili del pianeta terra, unica casa comune del genere umano” che – conclude Bianco nel suo saggio – “reclama rispetto, cioè quel timor Dei senza il quale l’Umanità rischia di smarrirsi”.
C
Competenze non cognitive
(gennaio) – A grandissima maggioranza (340 voti a favore, 5 astenuti, nessuno contrario) la Camera approva la proposta di legge presentata dall’intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, coordinato dal deputato Maurizio Lupi, presidente del gruppo ‘Noi per l’Italia’, volta ad introdurre l’apprendimento delle “competenze non cognitive” nella scuola italiana attraverso una sperimentazione nazionale triennale.
In totale dissenso con la legge si esprime, fuori del Parlamento, il movimento “La nostra scuola”, un gruppo cui aderiscono noti docenti universitari e intellettuali (tra i quali Alessandro Barbero, Luciano Canfora, Ivano Dionigi, Vito Mancuso, Dacia Maraini, Tomaso Montanari, Adriano Prosperi, Massimo Recalcati, Lucio Russo, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky), promotori del “Manifesto per la nuova Scuola”, nel quale riemerge la radicale diffidenza dei citati intellettuali, e degli insegnanti che ne condividono le tesi, nei confronti del concetto di “competenza” riferito all’apprendimento scolastico. A loro giudizio, come si legge nel “Manifesto” “la scuola deve essere incentrata sui contenuti disciplinari, sul loro apprendimento, sulla loro attualizzazione, sulla loro rielaborazione, sul ‘gioco’ delle idee e delle conoscenze”, mentre “la retorica delle competenze, nata in ambito aziendale e lavorativo, non può applicarsi ai processi lunghi e non lineari dell’apprendimento e della crescita”.
La proposta di legge, che prevede l’avvio di una sperimentazione già nel 2022-2023, viene inviata all’esame del Senato, dove però si arena. Non perché i partiti abbiano cambiato idea ma perché Palazzo Madama dà la precedenza ad altri provvedimenti fino alla conclusione anticipata della legislatura. Se ne riparlerà?
Concorso dirigenti scolastici
(febbraio- dicembre) – Il ministero dell’Istruzione presenta al CSPI la bozza per il nuovo Regolamento per il prescritto parere, in vista del bando del concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici.
L’impianto del nuovo regolamento, sostanzialmente simile a quello precedente, lascia intendere tempi ravvicinati per la pubblicazione del corrispondente bando, in modo da concludere tutte le procedure concorsuali in tempo utile per le nomine dei vincitori al 1° settembre 2023.
L’attesa per molti potenziali candidati al concorso risulterà vana, perché nei mesi successivi dal ministero non esce alcun segnale.
L’anticipato scioglimento delle Camere e il conseguente cambio al vertice del Ministero bloccano la pubblicazione del regolamento definitivo con conseguente rinvio del relativo bando.
Verso la fine dell’anno un emendamento al Decreto-Legge 176, Aiuti-quater prevede un intervento straordinario a favore dei candidati degli ultimi tre concorsi DS che non avevano superato le prove, con possibilità di essere inseriti in coda alla graduatoria di merito dell’ultimo concorso.
Tale inserimento avrebbe comportato l’assegnazione dei posti vacanti DS per i prossimi anni, determinando conseguentemente il rinvio del nuovo concorso sine die.
Tuttoscuola è stata tra i primi a criticare l’emendamento, ritenendolo iniquo e antimeritocratico. Grazie anche all’intervento di un senatore di Azione, l’emendamento è stato ritirato e riconvertito in ordine del giorno.
Quell’incidente e lo scampato pericolo hanno forse contribuito a riprendere il percorso interrotto e il 22 dicembre è arrivata la pubblicazione dell’atteso Regolamento per il reclutamento dei dirigenti scolastici.
Manca ora soltanto il bando.
Carriera docenti
(maggio) – La riforma della carriera dei docenti prevista dal PNRR non solo è stata clamorosamente ignorata dal DL 36 che, addirittura, ha confermato che la progressione stipendiale degli insegnanti avverrà, come sempre, soltanto per anzianità, ma anche dallo stesso mondo sindacale, come risulta chiaramente dall’assenza del tema nelle motivazioni ufficiali dello sciopero generale del 30 maggio dei sindacati rappresentativi.
Purtroppo, sulla carriera dei docenti si registra un silenzio assordante, anche se va riconosciuto alla sola Cisl-scuola (pur in silenzio nelle motivazioni dello sciopero) il coraggio di avere dato spazio alle riflessioni dell’ex-Capo dipartimento del MI, Giuseppe Cosentino, per la riapertura del dibattito sulla carriera, che a sua volta aveva raccolto lo stimolo lanciato da Tuttoscuola per ripartire dal documento scritto nel 2004 da una commissione mista Aran-Ministero-sindacati.
La stessa Associazione Presidi e Alte professionalità non alza la voce sulla valorizzazione e il conseguente riconoscimento dell’impegno e delle diverse responsabilità dei docenti.
Il mondo politico non è da meno e, al di là di qualche vago accenno di singoli esponenti dei partiti di maggioranza, non sembra proprio che vi sia intenzione di rivedere la disposizione tranchant del decreto-legge: molti parlamentari dicono (off the records e sotto voce) che non c’è tempo per rallentare il treno del Pnrr. E così passa la cervellotica soluzione della “formazione incentivata” (in contrasto con una legge vigente che prevede la formazione obbligatoria), ideata da un ristretto numero di grand commis di ufficio tra Palazzo Chigi, via XX Settembre e Viale Trastevere (nelle stanze dell’Ufficio di Gabinetto). E votata da tutti in Parlamento (salvo critiche “post mortem” non appena sono state annunciate le elezioni).
Ma l’Europa che aveva valutato l’impianto del PNRR italiano non è rimasta in silenzio davanti alla riforma di carriera dei docenti ignorata, e ha imposto un correttivo che è stato apportato all’ultimo momento con previsione del docente “esperto” che però entrerà in vigore tra dieci anni e riguarderà una fascia minima di insegnanti. Un pasticcio.
La carriera dei docenti – uno dei fattori fondamentali per rendere professione più attraente per i giovani e più motivante per chi la svolge – resta al palo. Si è così persa un’occasione storica.
Per approfondimenti: Riforma (mancata) della carriera degli insegnanti: come volevasi dimostrare…
D
Dimensionamento
(novembre) – Nella legge di Bilancio per il 2023-26 è stato previsto un piano organico di ridefinizione della Rete scolastica, applicativo di un obiettivo del PNRR conseguente al calo demografico.
Con una interpretazione non pienamente convincente e condivisa (ma la ragione costitutiva del PNRR non risiede nel migliorare la qualità del sistema-Paese e nello specifico del sistema di istruzione?), l’Amministrazione ha ritenuto che al calo della popolazione scolastica dovesse corrispondere una riduzione del numero delle istituzioni scolastiche, anziché, più logicamente, quello delle classi e dei plessi scolastici che, pur avendo diretta correlazione con il numero degli alunni, rimangono invece quantitativamente invariati, così come non subiscono decrementi gli organici del personale docente.
Il parametro ordinario di definizione delle istituzioni scolastiche sarà compreso tra 900 e 1000 alunni
Viene stimato che nell’arco del prossimo decennio la consistenza delle istituzioni scolastiche si riduca di circa 700 unità e, con esse, si riduca conseguentemente l’organico dei dirigenti scolastici e quello dei DSGA.
La riduzione del numero delle istituzioni scolastiche determina l’accorpamento di parti di talune istituzioni scolastiche ad altre sopravvissute.
Anche per questo, secondo le stime ministeriali, dovrebbe azzerarsi il numero delle istituzioni scolastiche attualmente sottodimensionate che non dispongono di DS e DGSA titolari e che sono affidate in reggenza a DS e DSGA titolari in altra sede. Nella sostanza, le reggenze spariranno non perché agli istituti in reggenza verranno assegnati nuovi dirigenti scolastici, ma perché verranno accorpati ad altri istituti scolastici.
Il ministro Valditara, che forse ha in mente il modello dei Rettori universitari (ma Università e Scuola sono realtà molto diverse per caratteristiche, strutture, risorse, dimensioni, ruolo sociale e così via), avalla.
L’ANP, il sindacato più rappresentativo dei capi d’istituto ha espresso critiche preoccupazioni: Circa la spinosa questione del dimensionamento, riteniamo fondamentale contemperare l’esigenza dell’efficientamento con quella della qualità del servizio: il dirigente scolastico deve essere messo nelle condizioni di gestire e organizzare al meglio la scuola, presidiandola in modo diretto. Nelle istituzioni scolastiche multi-plesso e dall’ampio raggio territoriale, la qualità può essere fortemente compromessa. È necessario, a tal fine, che la determinazione del contingente dei dirigenti tenga conto anche degli indicatori di capitale sociale – forniti dall’ISTAT – per risultare sostenibile nei territori con maggiori fragilità.
Per approfondimenti: Dimensionamento: gli accorpamenti che pesano sull’efficienza del servizio
Draghi
(agosto) – Al Meeting di Rimini 2022 il dimissionario presidente del Consiglio Mario Draghi interviene portando come esempio di strategia continuativa di medio-lungo periodo la politica scolastica. A suo avviso chiunque vincerà le elezioni del 25 settembre avrà di fronte a sé una strada obbligata, tracciata dalla cosiddetta “agenda Draghi”, fatta di chiarezza degli obiettivi e rapidità delle decisioni. “Mi auguro che chiunque avrà il privilegio di guidare il paese, qualunque sia il suo colore politico, saprà preservare lo spirito repubblicano che ha animato dall’inizio il nostro esecutivo”, è l’auspicio di Draghi. Che poi parla di scuola.
“Mancano pochi giorni all’inizio dell’anno scolastico e voglio ricordare come la riapertura delle scuole sia stato uno dei nostri principali obiettivi sin dall’inizio della campagna vaccinale. Avremmo potuto aspettare il superamento di una soglia di vaccinazione più alta nella popolazione, l’eliminazione di tutte le restrizioni delle attività commerciali prima di riaprire le scuole. Ma non sarebbe stato giusto, soprattutto nei confronti dei giovani che avevano dovuto rinunciare a lungo alla didattica in presenza. Abbiamo scelto di riaprire appena è stato possibile. Lo abbiamo fatto consci del ‘rischio calcolato’ a cui andavamo incontro, nonostante le molte voci scettiche che ci davano degli irresponsabili. Il risultato ci ha premiati: gli studenti sono tornati tra i banchi, le scuole sono restate aperte, la pandemia e la pressione sugli ospedali sono rimaste sotto controllo”.
Sulle riforme Draghi non si esprime, ma ricorda che “l’erogazione dei finanziamenti del PNRR – pari a 191,5 miliardi di euro – dipende dalla valutazione che la Commissione Europea fa del Piano e della sua attuazione”, e che dunque essa dipenderà “dalla nostra capacità di realizzare le politiche innovative che abbiamo ideato nei tempi stabiliti – come abbiamo fatto sinora”.
Le linee fondamentali degli investimenti riservati alla scuola, insomma, sono quelle indicate nel PNRR fino al 2026, e il prossimo governo, qualunque sia il suo colore politico, non potrà che attenersi ad esse.
E
Elezioni politiche
(settembre) Come hanno votato gli insegnanti italiani il 25 settembre? Le analisi effettuate dai principali istituti di sondaggi concordano su un punto: il voto degli insegnanti ha seguito sostanzialmente le tendenze complessive, con un probabile passaggio di parte dei consensi dal Movimento 5 Stelle a Fratelli d’Italia, percepita come il soggetto politico di maggiore novità/discontinuità rispetto a quelli – praticamente tutti gli altri – che avevano governato nel corso della legislatura 2018-2022.
Come nota in particolare Nando Pagnoncelli, presidente di IPSOS Italia, intervistato dal Corriere della Sera, FdI è stata la forza più votata anche da impiegati e insegnanti (24,7%), “da sempre roccaforte dem”. In realtà, a ben vedere, questa categoria ha confermato più o meno il voto dato al PD nel 2018, attestandosi nel 2022 su una percentuale (21%) comunque leggermente superiore a quella generale conseguita da questo partito (19,1%).
Questo significa che gli insegnanti abbiano premiato le proposte di politica scolastica del partito di Giorgia Meloni? Difficile rispondere a questo interrogativo anche perché il programma presentato da FdI in materia scolastica è abbastanza cauto e generico. È vero che compare un perentorio “abolizione della ‘Buona Scuola’”, che sembra però riferito al “superamento dell’alternanza scuola lavoro” di cui si parla subito dopo.
Benché nella stessa categoria “impiegati e insegnanti” la Lega e Forza Italia abbiano ottenuto risultati modesti (rispettivamente 7,6% e 5,3%), la poltrona di viale Trastevere, non considerata tra quelle di “primo livello”, sarà assegnata a una personalità di area Lega, Giuseppe Valditara, presentato come tecnico ma con alle spalle una consistente esperienza politica come parlamentare di AN e responsabile scuola di questo partito, in quel periodo guidato da Gianfranco Fini su posizioni moderate.
F
Flop sciopero 30 maggio
(maggio) – “Una legge da stralciare”, il “vero e proprio cortocircuito tra il DL e l’Atto di indirizzo per il rinnovo del CCNL”. Il primo, agli articoli 44-47, disciplina per legge molte materie che l’Atto considera oggetto di contrattazione. Per questo il sindacato chiede di stralciare tali articoli e farne oggetto di confronto e negoziazione con i sindacati.
C’è da chiedersi, in effetti, quali mani e menti abbiano redatto i due testi – l’Atto di indirizzo e gli articoli “scolastici” del Decreto 36 (Misure urgenti per l’attuazione del PNRR) – che obbediscono a logiche ben diverse, anzi in sostanza contrapposte: negoziale e dialogante il primo, tecnocratica e verticistica il secondo. È come se i redattori dei due testi avessero operato in perfetto isolamento gli uni dagli altri, senza mai incontrarsi. Un fatto, ci sembra, senza precedenti, e che si può spiegare (ma non giustificare), forse, solo tenendo conto della assoluta necessità, per il governo Draghi, di rispettare i tempi stretti del PNRR, concordati con l’Europa e vincolanti per quanto riguarda l’erogazione dei fondi.
I sindacati, comunque, si espongono al rischio di una non soddisfacente adesione degli insegnanti a uno sciopero che non riguarda direttamente e in primo luogo (almeno in apparenza) la loro condizione economica ma il ruolo e il potere delle leadership sindacali nel decision making della politica scolastica.
Il timore risulta fondato. L’adesione non va oltre il 14%, una percentuale lontana anni luce da quella di sette anni prima contro la Buona Scuola.
G
Gender
(settembre) – La polemica sul gender, mai del tutto placata dal tempo dell’insabbiamento del ddl Zan, irrompe nella campagna elettorale alla vigilia delle elezioni del 25 settembre. L’occasione è fornita dalla ventilata trasmissione, da parte della RAI, di un nuovo episodio del famoso cartone animato Peppa Pig, già andato in onda in Gran Bretagna, nel quale una nuova amica di Peppa, l’orsetta Penny Polar Bear, racconta di avere due mamme: “Una fa il dottore, l’altra cucina spaghetti. E io adoro gli spaghetti”, racconta l’amica di Peppa.
La prospettiva suscita la protesta di Federico Mollicone, non un oscuro aspirante parlamentare in cerca di voti ma il responsabile Cultura di “Fratelli d’Italia”, deputato uscente e candidato (poi rieletto) della Camera dei Deputati. “È inaccettabile la scelta degli autori del cartone animato Peppa Pig di inserire un personaggio con due mamme”, protesta. “Ancora una volta il politicamente corretto ha colpito e a farne le spese sono i nostri figli. Ma i bambini non possono essere solo bambini?”.
Anche l’associazione “Pro Vita & Famiglia Onlus” scende in campo e lancia sul proprio sito una petizione online “No ai cartoni gay per bambini sulla Rai”, definendo “intollerabile usare cartoni animati in salsa LGBTQIA+ per influenzare la mente dei bambini e normalizzare situazioni che si fondano sull’ideologia gender”. E informa che “migliaia di genitori italiani inferociti stanno giustamente esprimendo il loro disappunto sui social”.
Ironico il commento del deputato del PD Alessandro Zan, il cui ddl fu accusato da FdI (ma non solo) di voler introdurre la tematica del gender nelle scuole: “Fratelli d’Italia lancia l’allarme, un nuovo nemico assedia la nazione”… Polemica destinata a non esaurirsi anche perché molte scuole (si parla di almeno 130) prevedono il ricorso alla cosiddetta carriera alias (assegnazione di una identità alternativa temporanea) in caso di presenza di alunni transgender.
Giuseppe D’Aprile (Uil – scuola)
(agosto) – Giuseppe D’Aprile è il nuovo segretario generale della Uil Scuola. Una elezione annunciata, che risponde ad un avvicendamento naturale con Pino Turi, che conclude il suo secondo mandato, e che apre all’appuntamento congressuale di metà settembre che porterà alla definizione degli assetti organizzativi e della linea d’azione del sindacato scuola per i prossimi quattro anni.
Cinquantenne, Giuseppe D’Aprile è profondamente convinto che “l’azione sindacale vada fatta nelle scuole, tra la gente, parlando con le persone per raccogliere i loro veri bisogni da soddisfare”. Che si prospetti un lavoro di squadra è chiaro già dalla sua relazione al Consiglio: “Il lavoro di un gruppo di persone, preparate, motivate e fra loro legate da valori quali il rispetto, la sincerità e l’amicizia può fare la differenza nel raggiungere gli obiettivi prefissati”. La lente con cui leggere la sua linea d’azione sarà quella della “progettualità e dell’organizzazione paziente e programmata”.
Critico nei confronti dei mass media, che trattano spesso le complesse questioni scolastiche in modo superficiale, e soprattutto dell’Invalsi: “Si valuta attraverso inutili e sterili test, somministrati da un Istituto bacchettato dalla Corte dei conti, che durante la pandemia è costato 5 milioni”, ha detto il sindacalista al Congresso di settembre della Uil Scuola rivolgendosi al capo Dipartimento del Ministero, intervenuto in rappresentanza del Ministro (“Caro Versari, sono questi gli sprechi da eliminare…”). Anche sull’alternanza scuola lavoro e sugli stage D’Aprile è stato netto: “La scuola non deve piegarsi alle logiche di mercato; a scuola non si lavora, si studia!”.
L’azione di D’Aprile seguirà il solco dei principi che hanno sempre ispirato la Uil Scuola: “pluralismo, democrazia, laicità, qualità, professionalità e innovazione”.
H
Handicap
(maggio) – Andrea Canevaro, morto a Ravenna il 26 maggio, in una intervista a “Vita”, ricordava che «dal mio lungo lavoro con le persone con disabilità ho tratto una scaletta di parole, che riguardano tutti: inserimento, integrazione, inclusione. Penso abbiano molto da dire. L’inserimento è il venire al mondo, l’entrare in un mondo che c’era già, il non pensare che io devo inventare la lingua del mondo, io faccio parte di un mondo che già esiste. Poi c’è l’integrazione, io mi integro facendo un doppio lavoro di adattamento: mio all’ambiente e dell’ambiente a me. A un certo punto però devo immaginare ciò che c’è oltre, uscire, ed è l’inclusione».
Con ogni probabilità il suo pensiero di padre della pedagogia speciale ha guidato le ultime riforme proprio verso l’inclusione. In particolare, la legge 107/2015 della Buona Scuola ha concretizzato l’auspicio del prof. Canevaro, prevedendo una specifica delega per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, tradotta nel decreto legislativo 66/2017 che proprio dell’inclusione scolastica ha dato, tra l’altro, queste definizioni:
- si realizza nell’identità culturale, educativa, progettuale, nell’organizzazione e nel curricolo, delle istituzioni scolastiche, nonché attraverso la definizione e la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio;
- è impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica le quali, nell’ambito degli specifici ruoli e responsabilità, concorrono ad assicurare il successo formativo dei ragazzi con disabilità.
Se con l’inserimento prima e con l’integrazione poi, l’alunno con disabilità rimaneva comunque nell’ambito prevalente e quasi esclusivo della responsabilità del “suo” docente di sostegno, l’inclusione delineata dal d.lgs. 66/2017, invece, ha previsto, per il suo successo formativo, il coinvolgimento dell’intera comunità scolastica con estensione delle responsabilità ad una pluralità di soggetti.
Probabilmente era questa la rivoluzione culturale auspicata da Canevaro.
I
ITS Academy
(luglio) – Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale entra in vigore la legge di riforma degli ITS, approvata dalla Camera dei deputati il 12 luglio 2022 a larga maggioranza.
Il testo, relativo alla “Istituzione del Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore” – una delle principali riforme previste dal PNRR – è strutturato in 13 articoli che disegnano una disciplina organica e unitaria per queste nuove istituzioni formative, ridenominate ITS Academy.
Al di là del nome, che richiama le Academies aziendali, la principale novità sul piano ordinamentale è l’introduzione di un modello di percorso “ad Y”, con due articolazioni (una biennale ed una triennale), caratterizzate da differenti criteri di accesso e con due diversi titoli in uscita (rispettivamente di livello 5 e di livello 6 EQF). I percorsi biennali hanno una durata di 1800 ore, mentre quelli triennali di 3000 ore; entrambi sono strutturati in semestri, cui sono collegate specifiche modalità di riconoscimento di crediti formativi da parte del sistema universitario e AFAM.
Tra le principali caratteristiche degli ITS Academy, la cui implementazione richiede peraltro numerosi decreti attuativi, si segnalano i seguenti:
- almeno il 35% del monte ore deve essere destinato a stage aziendali e tirocini formativi;
- il personale docente deve provenire per non meno del 50% dal mondo del lavoro ed è reclutato con contratto di prestazione d’opera;
- il modello giuridico organizzativo rimane quello della Fondazione di partecipazione, ma l’istituto secondario di II grado (di solito un istituto tecnico), pur mantenendo il ruolo di fondatore, non è più l’ente di riferimento delle nuove ITS Academy;
- viene istituito presso il Ministero dell’istruzione un “Comitato nazionale ITS Academyper l’istruzione tecnologica superiore”, con compiti di consulenza e proposta, nonché di consultazione delle associazioni di rappresentanza delle imprese, delle organizzazioni datoriali e sindacali, degli studenti e delle fondazioni stesse;
- le risorse economiche stanziate per i percorsi ammontano a 48,4 milioni di euroannui (a decorrere dal 2022 e fino al 2026).
Ivana Barbacci (Cisl – scuola)
(marzo) – L’elezione a segretaria generale della Cisl-scuola di Ivana Barbacci, votata all’unanimità dai delegati del 7° Congresso nazionale di Riccione, arriva in un momento particolarmente difficile per i sindacati, posti di fronte agli attuali problemi del mondo della scuola e di tutto il Paese.
Come maggior sindacato rappresentativo, la Cisl-scuola ha una particolare responsabilità nel gestire le problematiche sopravvenute, facendosi carico, come avvenuto lo scorso dicembre, di scegliere la strada del confronto difficile e del rapporto propositivo in alternativa allo sciopero unitario voluto dagli altri sindacati. Una scelta coraggiosa e isolata, ripagata dall’ottenimento di alcuni significativi risultati nella legge di bilancio 2022, e sancita dal mondo della scuola che ha rifiutato sostanzialmente la strada dello sciopero.
Una scelta che ha confermato la priorità del confronto rispetto alla contrapposizione, una linea che la nuova segretaria generale probabilmente seguirà in continuità con quella di Maddalena Gissi, segretaria uscente.
Spetterà alla Barbacci riannodare le fila interrotte per ricostituire l’unità sindacale, soprattutto con la Flc-Cgil e la Uil-scuola, perché il mondo della scuola – come ha dimostrato a dicembre – ha bisogno di una linea comune e di una strategia vincente per affrontare e risolvere i problemi del personale logorato e disorientato anche dagli effetti della pandemia.
Nelle sue prime dichiarazioni ha fatto riferimento alla qualità del servizio offerto agli alunni e alla formazione come nucleo fondativo sul quale costruire anche la sacrosanta valorizzazione del personale della scuola. E non è passato inosservato il sentito richiamo alle parole di San Francesco, con una forte adesione morale e immaginiamo anche con convinto orgoglio umbro.
Basi solide per affrontare sfide complesse.
L
Leadership condivisa
(aprile) – Da diverso tempo per una scuola rinnovata, capace di affrontare e superare le sfide formative delle nuove generazioni, messa in grado di superare le complessità organizzative e gestionali di istituzioni scolastiche sovradimensionate, è convinzione diffusa a livello politico e istituzionale che la dirigenza scolastica debba avvalersi di supporti umani e professionali che vadano ben oltre il semplice concetto di staff di direzione, pur previsto in forma allargata dalla Buona Scuola che al comma 83 prevede che “il dirigente scolastico di una data scuola può individuare, nell’ambito dell’organico dell’autonomia, fino al 10 per cento di docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione scolastica”.
Si fa largo sempre più il concetto di una leadership condivisa, democratica.
C’era una certa attesa per conoscere se il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo del contratto della scuola avesse recepito questa istanza.
I commenti e le reazioni sindacali non hanno dato rilievo al problema (inascoltati gli appelli di Ancodis, associazione che intende rappresentare le istanze dei collaboratori dei dirigenti scolastici), apparentemente quasi disinteressati a questo possibile snodo contrattuale che, tra l’altro, potrebbe avere ripercussioni positive non soltanto sulla funzione dirigenziale, ma anche sulla carriera dei docenti.
Nella premessa dell’Atto si afferma: “Il contratto provvederà, compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente, tra l’altro, a: Rivedere i sistemi di classificazione professionale individuando soluzioni innovative orientate all’adeguamento dei processi lavorativi e alla valorizzazione delle professionalità necessarie per lo svolgimento delle attività di ricerca, formazione, gestione e trasferimento, in un mutato contesto sempre meno ingessato, ma più dinamico, qualificato e internazionale.”
Si tratta di una previsione importante che, tuttavia, sembra restare a livello di mera affermazione di principio, in quanto nelle successive sezioni interne non trova indicazioni operative esplicite.
L’impegno, comunque, sembra dipendere solamente dalla determinazione dell’ARAN che potrà valutare discrezionalmente se procedere. Infatti, la premessa continua così: “Valuterà l’ARAN in tale rivisitazione le modalità ritenute più idonee per la valorizzazione di posizioni e ruoli non dirigenziali per i quali siano richiesti più elevati livelli di autonomia e responsabilità gestionale e/o più elevate competenze professionali o specialistiche in armonia con quanto chiarito nelle sezioni speciali che seguono.”
Un’altra occasione persa per un passo diverso verso una scuola nuova?
M
Meloni
(settembre) – Il voto del 25 settembre vede il rilevante successo di Fratelli d’Italia come partito ma soprattutto quello personale di Giorgia Meloni come leader emergente della coalizione di Centrodestra, o più precisamente di Destracentro, perché FdI da solo prende molti più voti della somma dei voti ricevuti dalla Lega e da Forza Italia: questo ne fa il baricentro della coalizione, caricando questo partito e Giorgia Meloni della responsabilità di formare e guidare il governo nella difficilissima fase che il Paese attraversa.
Per quanto riguarda gli indirizzi politici nei diversi settori (le policies) la presidente di FdI ricava un certo vantaggio dal fatto che il programma della coalizione, a differenza di quello dei singoli partiti che la compongono, è abbastanza generico, tanto da consentire a chi guida il governo ampi margini di interpretazione e di mediazione. Nel caso della politica scolastica, le cui coordinate sono peraltro tracciate dal PNRR, un elemento di incertezza è costituito dalle concrete modalità di attuazione dell’impegno assunto dalla coalizione di utilizzare il buono scuola per garantire la libertà di scelta da parte dei genitori (“Riconoscere la libertà di scelta educativa delle famiglie attraverso il buono scuola”).
Anche sul terreno della scuola si misurerà l’azione del primo Presidente del Consiglio donna.
Merito
(ottobre) – La decisione del governo Meloni e del ministro Valditara di modificare la denominazione del Ministero dell’Istruzione con l’inattesa aggiunta delle parole “e del merito” dà il via a un ampio dibattito, centrato soprattutto sul significato di questo termine, a lungo studiato e discusso da pedagogisti e sociologi.
Nell’opinione pubblica, ma anche tra gli studiosi, si fronteggiano due diversi modelli valoriali: quello che considera più giusta una scuola individualista e meritocratica e quello che invece ne mette al primo posto la funzione solidaristica e inclusiva. Nel primo modello il merito è legato alle performance individuali, misurate e classificate – con voti numerici e test quantitativi – a prescindere dalle condizioni nelle quali esse vengono realizzate (provenienza sociale dello studente, ambiente scolastico, qualità degli insegnanti); nel modello inclusivo vengono considerate anche le altre variabili e l’oggetto della valutazione – di processo più che di prodotto – non è tanto la performance finale individuale ma quella complessiva della classe in un’ottica cooperativa e non competitiva.
Valditara, ritenuto da molti fautore del primo modello, in realtà, almeno stando alle prime dichiarazioni e a quanto sostenuto nel volume scritto con Alessandro Amadori “È l’Italia che vogliamo” (settembre 2022), si colloca su una posizione intermedia. In materia di contrasto alla dispersione scolastica esplicita e soprattutto implicita, per esempio, la soluzione suggerita nel libro è quella di modificare, anzi rivoluzionare l’attuale struttura ordinamentale passando “dalla logica del ‘diplomificio’ a un modello di formazione scolastica che privilegi lo sviluppo individualizzato dei talenti e delle corrispondenti competenze” e che “non lasci indietro nessuno”.
Per “non lasciare indietro nessuno”, si legge nello stesso testo, occorre “valorizzare i talenti individuali’ di tutti gli alunni, compresi quelli che meglio si esprimono sul terreno degli apprendimenti e delle attività di tipo pratico. Di qui la proposta di affiancare all’area liceale quella di percorsi tecnico-professionali ridisegnati “su una filiera unitaria, graduale, integrata” con uscite dopo 3, 4, 5 (diplomi tecnici secondari), 6-7 anni (diplomi tecnologici superiori) e 8 anni (diplomi equivalenti alle lauree triennali) riconoscendo il valore culturale e formativo dell’alternanza scuola/lavoro e dell’apprendistato, “che la cultura dominante ha sempre trascurato”, ma anche riorganizzando i piani di studio di tutti i percorsi, liceali e tecnico-professionali (e partendo già dalla scuola media, “per attività obbligatorie (quelle essenziali, comuni a tutti), attività opzionali e attività facoltative (anche per favorire allo stesso tempo recuperi, approfondimenti o sviluppi personalizzati degli apprendimenti)”. Obiettivi e standard delle attività obbligatorie (una sorta di core curriculum) e opzionali sarebbero definiti dal Ministero, quelli delle attività facoltative dalle istituzioni scolastiche ad autonomia rafforzata.
La personalizzazione degli itinerari formativi, volta a riconoscere e valorizzare i talenti individuali in una logica non selettiva, ma di promozione delle potenzialità personali, mette la questione del merito in una prospettiva nuova, oltre gli antichi steccati. Si vedrà se alle parole corrisponderanno i fatti: una scommessa per Valditara e per la scuola italiana.
N
Nuova Maturità
(aprile) – Dopo la parentesi del Covid, la Maturità 2022 riprende (quasi) il suo percorso ordinario. L’Ordinanza prevede che l’Esame sia costituito da una prova scritta di italiano, da una seconda prova sulle discipline di indirizzo, predisposta dalle singole commissioni d’Esame, e da un colloquio, che si aprirà con l’analisi di un materiale scelto dalla commissione (un testo, un documento, un problema, un progetto) che sarà sottoposto al candidato. Nel corso del colloquio il candidato dovrà dimostrare di aver acquisito i contenuti e i metodi propri delle singole discipline e di aver maturato le competenze di Educazione civica; analizzerà poi, con una breve relazione o un lavoro multimediale, le esperienze fatte nell’ambito dei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento.
Entro il 15 maggio 2022 il Consiglio di classe elaborerà il documento con il percorso formativo fatto dagli studenti, gli strumenti di valutazione utilizzati e gli obiettivi raggiunti, ponendo attenzione all’insegnamento trasversale dell’Educazione civica.
Per il 2023 si cambia. Nuovo Ministro, nuova Maturità. Come al solito.
O
OCSE
(ottobre) – Fra il 2000 e il 2021 i livelli di istruzione in Italia sono cresciuti più lentamente della media dei paesi OCSE. A dare la cattiva notizia è il report “Uno sguardo sull’istruzione 2022-Education at a Glance 2022”.
La parola chiave sembra dunque essere “ritardo”. La quota di giovani fra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione universitaria è cresciuta infatti di 18 punti percentuali (dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021) rispetto a una crescita in media di 21 punti percentuali. L’Italia resta uno dei 12 paesi OCSE in cui la laurea non è ancora il titolo di studio più diffuso in questa fascia di età. Un ritardo abbastanza preoccupante, se si considera che in tutti i paesi OCSE avere un titolo di studio terziario conviene perché garantisce migliori livelli di occupazione e retribuzione. Il fatto è che il beneficio economico in Italia risulta minore che in altri contesti: nei paesi OCSE in media un laureato nell’arco della vita lavorativa (25-64 anni) guadagna il doppio di chi non ha un titolo di istruzione secondaria superiore; in Italia questo vantaggio è molto meno cospicuo: 76% in più.
“A molti è passata l’idea che l’istruzione c’è e non costa, invece è un investimento importantissimo, parte di una scelta collettiva”, ha commentato il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. “Ho l’impressione che spesso non si abbia questa percezione. I dati emersi sono quelli di fronte ai quali ci siamo trovati quando abbiamo iniziato questa esperienza di Governo. Io posso rendere conto delle scelte fatte da quel momento. Abbiamo investito 4,9 miliardi in Infanzia, di cui 3 miliardi di euro nei nidi. Quando abbiamo fatto i bandi sui nidi ho avuto molti problemi, ho tenuto per tre volte aperto il Sud perché c’era un’enorme trappola che vi voglio raccontare. Mi dicevano che non facevano domanda per i fondi perché le donne non lavorano. Io rigiravo la questione: le donne non lavorano perché non ci sono i nidi. Decidiamo noi qual è la versione vera. È una scelta come quella che abbiamo fatto sulle scuole: ricorso che in Italia abbiamo 44mila edifici scolastici. Abbiamo un problema di dimensione, la scuola è la più grossa amministrazione che esista. In questa dimensione abbiamo deciso di investire 500 miliardi in digitalizzazione. Perché se riesco a portare la banda ultralarga in tutti i luoghi, quello diventa il nodo della comunità. Abbiamo vissuto la DaD come un accidente: non abbiamo colto che lo strumento digitale ci obbligava a ripensare la dimensione lavorativa”.
P
Povertà educativa
(settembre) – Un importante rapporto di Save the Children, intitolato “Alla ricerca del tempo perduto – Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana”, fa il punto sul tema della relazione tra le disuguaglianze dell’offerta formativa sui territori e gli esiti scolastici, con particolare riferimento alla condizione dei minori in svantaggio socioeconomico.
Il rapporto – ricco di approfondimenti – non contiene novità, ma raccoglie e analizza in modo unitario il tema della povertà educativa in Italia, evidenziando il fatto che se la dispersione implicita al termine della scuola secondaria superiore raggiunge il 9,7% a livello nazionale, tale percentuale è assai più alta nel Sud: “Nonostante una consistente riduzione avvenuta nell’ultimo anno in particolare in Puglia, con un -4,3%, e in Calabria con -3,8%, nelle regioni meridionali permangono percentuali di ‘dispersi’ alla fine del percorso di istruzione più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8% in Campania. Se guardiamo poi alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiungono il livello base delle competenze in Italiano, mentre quelle in Matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna”.
Anche la dispersione esplicita nella maggior parte delle regioni del Sud va oltre la media nazionale, raggiugendo il 12,7%, con picchi in Sicilia (21,1%), Puglia (17,6%), Campania (16,4%) e Calabria, (14%).
Quanto alla percentuale dei NEET (15-29enni), che a livello nazionale è del 23,1%, nelle quattro Regioni indicate essa sale di molto, tanto da superare quella dei giovani occupati: 3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati.
Il rapporto analizza alcuni indicatori “strutturali” (presenza di mensa scolastica e tempo pieno, palestra e certificato di agibilità), che mostrano la correlazione positiva tra la qualità dell’offerta di strutture e servizi e il livello di apprendimento conseguito da studentesse e studenti.
“Mettendo a confronto le 10 province italiane con l’indice di dispersione implicita più bassa e più alta, si rileva come nelle province dove l’indice di dispersione implicita è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini:
- maggior offerta di tempo pieno, frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione,
- maggior numero di mense, il 25,9% delle scuole contro il 18,8%, di palestre, 42,4% contro 29%, sono dotate di certificato di agibilità, 47,9% contro 25,3%”.
PNRR in ritardo
(novembre) – 11 misure non ancora realizzate su 17 previste entro fine anno. Nel corso del dibattito parlamentare per la fiducia a Governo Meloni alcuni interventi hanno sottolineato il ritardo nella attuazione delle misure per il PNRR da parte di diversi ministeri interessati.
Anche il Ministero dell’Istruzione e del Merito è compreso in questa situazione critica che potrebbe compromettere il puntuale raggiungimento degli obiettivi fissati.
Da una prima ricognizione, risulterebbe raggiunta una sola misura, quella del “Piano per asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia”.
Dovrebbero essere in fase di realizzazione almeno cinque misure:
- Nuove competenze e nuovi linguaggi
- Piano di estensione del tempo pieno
- Scuola 4.0 – scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori
- Scuola di Alta Formazione e formazione obbligatoria per dirigenti scolastici, docenti e personale tecnico-amministrativo
- Potenziamento infrastrutture per lo sport a scuola
Una decina e più di misure non sarebbero state realizzate.
Per la misura Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria di secondo grado e alla riduzione dell’abbandono scolastico non sono stati realizzati questi target:
- Avvio delle attività di tutoraggio per i giovani che hanno già abbandonato la scuola.
- Avvio di corsi post-diploma (qualifiche orientate al lavoro)
- Numero di studenti che accedono alla Piattaforma
Per la misura Nuove competenze e nuovi linguaggi non sono stati realizzati questi target:
- Studenti che hanno beneficiato di periodi di studio all’estero per studenti delle scuole secondarie nel 2022
- Studenti che hanno frequentato corsi di lingua extracurricolare nel 2022
Per quanto riguarda l’Adozione delle riforme del sistema di istruzione primaria e secondaria al fine di migliorare i risultati scolastici non sono stati realizzati o completati:
- Riforma degli Istituti tecnici e professionali
- Riforma del sistema ITS
- Riforma dell’organizzazione del sistema scolastico
- Riforma del sistema di Orientamento
Il quadro complessivo non è certamente confortante, il ministro Valditara ha ricevuto dal predecessore il testimone con un forte ritardo e difetti di impostazione. Recuperare non è facile, e il primo passo, rappresentato dalla pubblicazione delle Istruzioni operative per Scuola 4.0 e di una sintesi delle stesse per Dispersione e divari territoriali, desta preoccupazione.
Q
Quesiti prova preselettiva
(ottobre-dicembre) – Nel nuovo Regolamento del prossimo concorso per il reclutamento di Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) pubblicato a ottobre, scompare la prova preselettiva e con essa scompaiono anche i quesiti che nel precedente concorso ne avevano caratterizzato la prova.
Nel precedente (primo) concorso 4000 quesiti della prova preselettiva erano stati anche pubblicati preventivamente 20 giorni prima della prova.
Ora non più.
È previsto infatti che si passi direttamente alla prova scritta, evitando, quindi, la sperequazione tra candidati di diverse regioni ammessi o esclusi allo scritto con punteggi uguali.
Non sarà così, invece, per il prossimo concorso per il reclutamento di Dirigenti scolastici il cui regolamento pubblicato a dicembre conferma, come nei precedenti concorsi, la prova preselettiva per potere accedere allo scritto.
I quesiti della prova preselettiva per il concorso DS saranno soltanto 50, anziché 100 come era avvenuto nell’ultimo concorso. Ciò non eviterà, comunque, la sperequazione tra candidati di diverse regioni ammessi o esclusi allo scritto con punteggi uguali.
Nell’ultimo concorso era stata prevista anche la pubblicazione della batteria dei quesiti (oltre 9mila) da cui erano stati estratti i 100 per la prova preselettiva. Il nuovo regolamento, pur confermando la prova preselettiva, non prevede, tuttavia, la pubblicazione preventiva dei quesiti.
R
Risparmio energetico
(novembre) – La manovra finanziaria, varata dal Governo Meloni, ha affrontato anche la questione delle risorse energetiche, il problema forse più ‘caldo’ tra quelli che l’emergenza attuale sta affrontando, limitandosi, per il momento, a contenere i costi delle bollette, anziché mettere in atto misure sostanziose ed efficaci per ridurre i consumi energetici.
Il risparmio energetico, diventato drammaticamente cogente anche per le conseguenze della guerra in Ucraina, chiama in causa direttamente i comportamenti individuali, ma anche le responsabilità delle Amministrazioni pubbliche in diversi settori della vita sociale.
Tra questi ha indubbiamente un posto di riguardo l’edilizia abitativa le cui componenti strutturali possono (e debbono) concorrere a contenere il più possibili i consumi energetici.
In proposito, da molto tempo l’Europa ha impegnato gli Stati dell’Unione a mettere in atto in campo edile misure di rendimento energetico che ovviamente valgono anche per gli edifici scolastici.
Vent’anni fa il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno adottato la Direttiva 2002/91/CE del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia.
Quasi tre anni dopo, l’Italia definiva con il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 le disposizioni per l’Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia.
A vent’anni di distanza dalla emanazione della direttiva dell’Unione e da diciassette dalla pubblicazione in Italia del decreto n. 192 che dava attuazione a quella direttiva europea, come hanno provveduto le Amministrazioni Locali (Comuni e Province) a dare attuazione agli interventi previsti in particolare per gli edifici, di cui sono proprietari, che ospitano scuole statali?
Le risposte ce le dà il portale dati del Ministero dell’istruzione”, analizzato con elaborazioni specifiche da Tuttoscuola, che riporta le situazioni aggiornate all’anno scolastico 2021-22 degli edifici scolastici, relativamente agli “Accorgimenti per la riduzione dei consumi di energia”. Sono risposte non molto confortanti che, in molti casi, riportano livelli di intervento ben lontani dagli obiettivi fissati dall’Europa vent’anni fa.
Gli edifici scolastici interessati a vari tipi di accorgimenti per ridurre i consumi energetici (doppi vetri e doppi serramenti, isolamento delle coperture, isolamento delle pareti esterne, zonizzazione dell’impianto termico, impianto solare termico e impianto fotovoltaico) sono stati soltanto 22.650 su 40.079, il 56,5%. Se si tiene conto dell’anzianità media degli edifici scolastici (due su cinque sono stati costruiti 50 o più anni fa), si può comprendere l’inadeguatezza di questo livello di interventi e si può dedurre che una fetta rilevante delle scuole siano altamente “energivore”, almeno in rapporto a quanto potrebbero esserlo se gli enti locali avessero dedicato una maggiore attenzione ai consumi energetici di questi grandi edifici.
Hanno operato meglio (o in maniera meno lacunosa) i Comuni (57,6%) delle Province (51,6%).
Il Veneto è la regione con la percentuale più elevata (77,5%) di accorgimenti per la riduzione dei consumi energetici, seguita dalla Lombardia (69,8%), dalle Marche (65,5%), dall’Umbria (65,1%) e dal Piemonte (65,0%).
In Calabria la percentuale (25,3%) evidenzia una preoccupante carenza di interventi per la riduzione dei consumi energetici, pari a meno della metà della media nazionale. Per tre quarti degli edifici non si è fatto nulla in un ventennio. Segue la Campania con il 37,2%.
S
STEM
(agosto) – Dopo lo scarso successo del concorso STEM del luglio 2021, il Governo ne ha riproposto con urgenza un altro con l’obiettivo di assicurare a settembre la copertura delle cattedre vacanti. Ha attivato con urgenza anche il concorso straordinario-bis, riservato ai docenti precari, al cui interno figuravano nuove cattedre STEM con il medesimo obiettivo di coprire a settembre le corrispondenti cattedre vacanti e disponibili.
I due percorsi paralleli – STEM 2022 e STEM nello straordinario-bis – sono stati rilevati da Tuttoscuola nella situazione registrata a fine agosto, prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, anche per fornire un quadro esaustivo che consenta di valutare i livelli conseguiti, rispetto all’obiettivo atteso.
Complessivamente per le cinque discipline STEM sono state 48 graduatorie su 77 per le STEM 2022 e 28 su 64 nelle altre, per un totale di 76 graduatorie approvate su 141 attese, pari al 54%.
Erano previsti a bando 1.682 cattedre per le prime e 4.633 per le seconde, per un totale di 6.315.
Per le prime è stato coperto da vincitori poco più di un terzo delle cattedre (584 su 1.682); per le seconde è stato coperto un quarto (1.163 su 4.633), per un totale di 1.747 cattedre su 6.315 (27,7%).
Nelle graduatorie approvate entro fine agosto le STEM 2022 hanno registrato 346 cattedre vacanti e quelle dello straordinario-bis 104, per un totale di 450.
Il quadro d’insieme conferma che l’obiettivo di portare in cattedra a settembre tutti o in buona parte i 6mila e 300 docenti attesi è fallito. La stabilizzazione dei docenti STEM dovrà attendere un altro anno.
Smartphone
(dicembre) – Alla vigilia delle vacanze di Natale il ministro del Mim, Giuseppe Valditara, invia alle scuole una circolare con la quale ribadisce il divieto per alunni e docenti di utilizzare il cellulare durante le lezioni confermando l’impianto delle norme di riferimento vigenti sul tema: la circolare e la successiva direttiva del 2007 dell’allora ministro dell’Istruzione Fioroni che, per prime, avevano affrontato l’argomento aprendo anche a sanzioni disciplinari, sulle quali invece il nuovo documento tace.
È ammesso comunque l’uso dei dispositivi per “finalità didattiche, inclusive e formative”, ma solo su richiesta e supervisione dei docenti, come previsto nel 2018 dall’ex ministra Valeria Fedeli. Una prassi peraltro già in atto in numerose scuole, soprattutto superiori, che secondo un sondaggio di Skuola.net, condotto su un campione di 3.000 alunni, solo nel 10% dei casi non prevederebbe alcuna limitazione all’uso degli smartphone in classe. Ma anche quando il divieto c’è, esso verrebbe pienamente rispettato solo nel 30% dei casi, stando sempre ai dati del citato sondaggio. Il 70% userebbe dunque lo smartphone per interessi personali, non legati alla didattica.
Per ora non sono previste sanzioni, rinviate a decisioni delle singole scuole, ma la pressione del Ministro in favore di un divieto rigido, sostenuto da una parte dell’opinione pubblica, è forte. La citata circolare non a caso cita (e allega) la relazione finale dell’indagine conoscitiva promossa dalla 7a Commissione Permanente del Senato della Repubblica “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”, nella XVIII Legislatura: documento che evidenzia gli effetti dannosi derivanti dal perdurante uso di telefoni cellulari, tra cui, “perdita di capacità di concentrazione, di memoria, di spirito critico, di adattabilità, di capacità dialettica”. Ma il tema è controverso, e la questione resta aperta.
T
Tutor
(dicembre) – Nel corso della trasmissione di “Porta a Porta” il ministro Valditara ha presentato diversi obiettivi del suo programma, tracciandone gli elementi essenziali. Parlando del merito, il ministro ha fornito un chiarimento sui destinatari della sua azione di valorizzazione: non solo alunni, ma anche docenti. Merito e docenti hanno fatto pensare subito alla carriera, l’obiettivo definito per attuare il PNRR, ma il ministro si è limitato a parlare soltanto di docente tutor con funzioni di orientamento.
La figura del docente tutor nella scuola non è nuova, perché circa vent’anni fa era stata prevista dalla riforma Moratti nel d.lgs 59/2004 (il progetto era stato ispirato dal consigliere del ministro, prof. Giuseppe Bertagna) prevedendo che nella scuola primaria e nella scuola secondaria di I grado “concorre prioritariamente, fatta salva la contitolarità didattica dei docenti, per l’intera durata del corso, il docente in possesso di specifica formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di orientamento in ordine alla scelta delle attività, di tutorato degli allievi, di coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo, con l’apporto degli altri docenti”.La norma sul docente tutor venne però disapplicata da un contratto sindacale.Probabilmente il prof. Bertagna, designato ora consigliere del ministro Valditara e forse memore del suo progetto nella riforma Moratti, ha avuto un ruolo decisivo per rilanciare il docente tutor di cui il ministro aveva anticipato i primi elementi a “Porta a Porta”.
Nel decreto ministeriale del 23 dicembre con cui il ministro, in attuazione di un obiettivo del PNRR, ha definito in tempo utile entro il 31 dicembre le Linee guida per l’orientamento scolastico, viene individuata la figura del docente tutor in questi termini: Ogni istituzione scolastica e formativa individua i docenti di classe delle Scuole secondarie di I e II grado, chiamati a svolgere la funzione “tutor” di gruppi di studenti, in un dialogo costante con lo studente, la sua famiglia e i colleghi, svolgendo due attività:
- aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-Portfolio personale;
- costituirsi “consigliere” delle famiglie, nei momenti di scelta dei percorsi formativi e/o delle prospettive professionali.
U
Ucraina
(marzo) – Seduti in terra, protetti nei cappottini, i visi seri e compresi, gli occhi che seguono i gesti e le parole della loro insegnante che illustra il libro che tiene in mano: è uno dei quadri meno drammatici, ma non poco toccanti, della guerra in Ucraina.
Sono bambini ritratti nella metropolitana di Kiev, dove da giorni hanno trovato rifugio, come loro, migliaia di persone, donne, bambini e anziani.
Gli uomini sono quasi tutti fuori a combattere.
Questo squarcio di piccola scuola improvvisata sottoterra stride con le scene, riprese all’esterno, di palazzi colpiti, di incendi, di colonne di blindati di questa guerra assurda.
Là sottoterra, in quella specie di piccola scuola improvvisata, senza banchi, senza cartelloni o immagini, i bambini non sentono gli scoppi, le deflagrazioni, il suono inquietante delle sirene, le urla dei feriti; in quell’aula senza pareti, circondati da un’umanità disorientata e incredula, quei bambini sentono soltanto le parole rassicuranti della loro maestra che cerca di allontanare ansie e paure, proteggendoli in una apparente normalità.
È un’immagine che stride con la nostra normalità, con la quotidianità della vita dei nostri bambini a scuola, protetti, sicuri, sorridenti, sereni.
È un’immagine che stride con la nostra certezza e il nostro impegno per assicurare ai nostri bambini, a casa e a scuola, un futuro sicuro, una formazione che li aiuti a camminare, da persone libere, nella strada della vita.
Non sappiamo se la stessa certezza per il loro futuro la potranno avere anche i bambini della scuola improvvisata sottoterra.
Non dipenderà soltanto da loro o dalla loro insegnante avere la certezza per un futuro che assomigli il più possibile a quello dei nostri bambini.
Potrebbe dipendere anche da noi e da milioni di persone di tutto il mondo, in un grande abbraccio di solidarietà, aiutare quei bambini e migliaia di loro compagni a trovare la strada della vita per un futuro di pace.
Ma per farlo, non si può rimanere fermi, come semplici spettatori forse commossi, a guardare questo quadretto di scuola sotterranea improvvisata.
V
Valditara
(ottobre) – Per l’incarico di Ministro dell’istruzione si alternano fino all’ultimo diversi nomi, tanto da legittimare il sospetto che nessuno voglia farsi carico di un Ministero così “difficile”. Alla fine, un po’ a sorpresa, emerge il nome di Giuseppe Valditara, professore ordinario di Diritto romano nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, sostenuto dalla Lega, che chiede e ottiene di cambiare la denominazione del MI in Ministero dell’istruzione e del merito (Mim).
Non un nome nuovo per chi si occupa di scuola, perché Valditara, eletto senatore per Alleanza Nazionale per tre legislature (dal 2001 al 2013), è stato responsabile scuola di quel partito e Segretario della VII Commissione Scuola, Università, Ricerca del Senato dal 2006 al 2013. Nell’ottobre 2018, dopo essersi riavvicinato alla Lega (che era già stata il suo partito di riferimento in età giovanile, al tempo della sua collaborazione con Gianfranco Miglio, teorico del federalismo), è stato nominato dall’allora ministro Bussetti (Lega) Capo Dipartimento per la Formazione Superiore e la Ricerca presso il MIUR.
Di scuola, oltre che di università, Valditara si è perciò sempre occupato. Nell’aprile del 2008, in una intervista rilasciata a Tuttoscuola, si dichiarò favorevole al riconoscimento dei meriti individuali degli insegnanti (notare l’impiego della parola “meriti”) e allo sviluppo di una vera e propria carriera professionale, che superi definitivamente l’ancoraggio alla sola anzianità di servizio. “Ma ogni passo avanti nella carriera deve essere basato sull’acquisizione certificata di ulteriori competenze, che deve avvenire in ambito universitario mediante la frequenza di appositi corsi”, aggiunse allora.
Venendo a tempi più recenti, indicazioni chiare sull’orientamento di Valditara in materia di riforme scolastiche si trovano in una nota pubblicata dal think tank Lettera 150, di cui è il coordinatore. Polemizzando in campagna elettorale con Carlo Calenda, che aveva ventilato l’ipotesi (non una vera proposta, come Tuttoscuola ha spiegato), avanzata mesi prima, di licealizzare l’intera scuola secondaria superiore per rafforzare la cultura di base dei giovani, Valditara scrive che “È semmai necessario pensare ad un potenziamento della istruzione tecnico professionale, trasformandola in una scuola di serie A, non nella seconda o terza scelta dei giovani e delle famiglie, come purtroppo accade ancora oggi, tanto più che con gli ITS Academies si è aperta la possibilità di costruire un percorso tecnico professionale graduale e continuo dai 14 ai 22 anni per tecnici di alta specializzazione”.
Una impostazione indicata in modo esplicito nel programma di politica scolastica “duale” della Lega, peraltro da lui stesso ispirato, e che si ritrova in modo più sfumato anche in quello della coalizione di Centro-destra. Su questo punto, peraltro, il ministro Valditara parte avvantaggiato perché trova un forte ancoraggio nel PNRR scuola, che si muove nella stessa direzione.
Vinciguerra Alfredo
(febbraio) – In occasione del trentesimo anniversario della scomparsa di Alfredo Vinciguerra, fondatore di Tuttoscuola (il numero 1 del periodico uscì nelle edicole il 3 dicembre 1975), ricordiamo con una apposita pubblicazione, scaricabile gratuitamente, l’impegno e l’autentica passione civile per il tema dell’educazione, da lui sempre considerato decisivo per il benessere economico e morale del nostro Paese.
Lo facciamo con l’aiuto di alcuni autorevoli testimoni del tempo, amici di Alfredo, alcuni dei quali anche collaboratori della rivista: giornalisti come Marco Damilano e Alfredo Orlando, analisti dei processi formativi come Giuseppe De Rita, Giorgio Allulli e Renato Di Nubila, esperti di didattica come Emilio Ambrisi, e di comunicazione come Gianpiero Gamaleri, prestigiosi dirigenti del Ministero dell’istruzione come Antonio Augenti ed Enzo Martinelli, e un importante esponente politico, già ministro dell’Istruzione, come Gerardo Bianco (che scompare a dicembre 2022).
Contributi che ricostruiscono il clima politico e culturale di quegli anni (1975-1991) durante i quali il riformismo scolastico ebbe sviluppi importanti (dagli organi collegiali introdotti dai Decreti delegati alla legge 517/1977 al tempo pieno e ai moduli 3+2 nella scuola primaria), seguiti e stimolati con straordinaria attenzione dalla rivista e dal suo direttore.
In apertura una intensa nota biografica, e autobiografica, di Giovanni Vinciguerra, attuale direttore di Tuttoscuola, uno dei tre figli di Alfredo, quello a cui il fondatore della rivista volle affidare la continuazione della sua impresa, malgrado la allora giovane età.
Alla memoria di Alfredo Vinciguerra, e all’attualità del suo sguardo lungo sui problemi del sistema educativo italiano, con particolare riferimento alla qualificazione degli insegnanti, è dedicato anche l’editoriale di Gian Antonio Stella apparso sul Corriere della Sera dello scorso 8 febbraio, intitolato “Sveglia, cari insegnanti”, che cita passi significativi di un suo articolo pubblicato su Tuttoscuola il 6 ottobre 1976. “Sembra scritto oggi”, è il commento di Stella, in ricordo di “quel grande giornalista che se ne andò troppo giovane dopo aver dedicato la vita intera alla scuola”.
Desideriamo concludere la presentazione del nostro ricordo di Alfredo con le parole che comparivano nel suo editoriale di apertura del primo numero della rivista, sottolineandone l’attualità:
“Il sistema scolastico italiano ha immensi problemi. Le strutture sono inadeguate, gli ordinamenti usurati dal tempo; la qualità e la serietà degli studi sono per molti aspetti scadenti. (…) Ma l’esperienza dimostra che ogni servizio sociale migliora quando l’attenzione, lo stimolo e la partecipazione della società al suo perfezionamento sono vigili e costanti”. (…) “L’ambizione della rivista è quella di essere uno strumento di informazione, di riflessione e di stimolo. Un giornale per gli insegnanti, i genitori e gli studenti, innanzitutto. Ma anche per chi, comunque, crede nella scuola”.
Z
Zero – sei
(dicembre) – Alla riunione ministeriale del Comitato per le Politiche dell’Istruzione (EDPC) dell’OCSE a Parigi il Ministro Giuseppe Valditara ha evidenziato che “le crisi in corso e le crescenti diseguaglianze ci impongono non solo di investire adeguatamente nelle politiche dell’istruzione, ma anche in maniera più mirata”, in raccordo con le politiche economiche, sociali e dell’occupazione.
Il ministro ha aggiunto che “il governo italiano è impegnato in un’importante azione a favore dell’istruzione, sia attraverso il bilancio nazionale che attraverso le considerevoli risorse del Piano per la Ripresa e la Resilienza”.
In particolare, ha ricordato, come esempio, l’intervento per sostenere la partecipazione all’educazione e cura per la prima infanzia, che vede importanti investimenti in infrastrutture e per il miglioramento della qualità educativa, per aumentare l’offerta di servizi e ridurre le rette a carico delle famiglie.
Ma i consiglieri del ministro lo hanno informato che la legge di bilancio prevede che il fondo per sostenere il sistema integrato abbia una decurtazione di oltre 20 milioni di euro che riduce l’offerta dei servizi, anziché aumentarla come lui ha affermato?
Il decreto legislativo 65/2017 prevede che il fondo (attualmente pari a 309 milioni di euro) sia utilizzato per finanziare nuove costruzioni, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, riqualificazione funzionale; risparmio energetico, quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione; formazione continua in servizio del personale educativo e docente.
Un emendamento presentato da deputati di Azione prevede che il fondo, anziché essere ridotto, sia aumentato di 21 milioni di euro.
È augurabile che il ministero dia parere favorevole all’emendamento, anche per non mettere il ministro in contraddizione con se stesso.
Buon 2023!
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