di Massimo Gaggi
Almeno mille dei 3500 dipendenti superstiti (dopo il dimezzamento degli organici deciso nella prima settimana della nuova gestione) abbiano scelto di dimettersi
NEW YORK – Twitter sta morendo? È quello che hanno cominciato a chiedersi nella notte molti utenti della rete sociale quando si è diffusa la notizia di un ulteriore massiccio esodo di dipendenti che hanno respinto l’ultimatum di Elon Musk scaduto nelle ore pomeridiane della California (intorno alla mezzanotte italiana): sottoscrivere un impegno a lavorare un numero imprecisato, ma comunque molto elevato, di ore e con grande intensità o lasciare l’azienda con una buonuscita pari a tre mesi di stipendio. Pare che almeno mille dei 3500 dipendenti superstiti (dopo il dimezzamento degli organici deciso nella prima settimana della nuova gestione) abbiano scelto di dimettersi. Tra essi, un gran numero di ingegneri, molto richiesti anche da altre aziende. Risultato: secondo fonti interne almeno sei servizi essenziali di Twitter si sono ritrovati all’improvviso senza ingegneri. In altri ne sono rimasti solo uno o due. I dirigenti leali a Musk (che aveva portato da Tesla una task force di una cinquantina di ingegneri più qualche esperto di affari legali di sua fiducia), presi dal panico, hanno cominciato a tarda sera a cercare di convincere almeno gli addetti a servizi essenziali a restare in azienda.
Dopo giorni di forzature, anche un Musk evidentemente spaventato dal rischio di aver speso 44 miliardi di dollari per ritrovarsi tra le mani un mucchio di macerie, ha cambiato rotta almeno su un altro diktat: quello relativo al rientro obbligatorio e immediato di tutti i dipendenti in ufficio. In serata il nuovo capoazienda ha inviato al personale una email nella quale adesso dice che ogni dipendente può continuare a lavorare in remoto se il suo manager di riferimento si prende la responsabilità di certificare che il suo rendimento è, comunque, eccellente. La cosa non sembra aver cambiato granché gli umori di chi, esasperato, ha ormai deciso di andarsene. Molti, del resto, hanno già svuotato i cassetti. Ieri la rete Slack interna si è riempita in poche ore di messaggi di addio, inviti a trasferire i propri account su altre reti (soprattutto Tumblr, Discord e Mastodon), accuse a Musk di aver distrutto l’azienda, frasi sarcastiche su un social network nel quale è rimasta al lavoro una sola persona.
Alcuni tecnici che hanno lasciato l’azienda sostengono che Twitter – che già sta registrando crescenti difficoltà ad operare – è, ormai, come un vascello senza timoniere: va avanti per forza d’inerzia fino a quando non troverà un ostacolo che lo fermerà. Musk è uomo di mille risorse e forse riuscirà a tenere a galla la nave, ma sicuramente, abituato alla rigida organizzazione e alle regole che è riuscito a imporre in Tesla e in SpaceX ha sottovalutato la diversa atmosfera che regna a San Francisco e in un’azienda di software con un elevato peso politico. Stanotte l’hashtag in cima alle graduatorie di tendenza di Twitter è diventato #RIPTwitter. Nel quale RIP sta per requiescat in pace.
18 novembre 2022 (modifica il 18 novembre 2022 | 08:13)
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, 2022-11-18 07:33:00, Almeno mille dei 3500 dipendenti superstiti (dopo il dimezzamento degli organici deciso nella prima settimana della nuova gestione) abbiano scelto di dimettersi, Massimo Gaggi