Uccisione di al Qurashi, la difficile vita dei leader di Isis: un ruolo a tempo, in attesa di morire

Uccisione di al Qurashi, la difficile vita dei leader di Isis: un ruolo a tempo, in attesa di morire

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di Guido Olimpio

Una volta la carica più rischiosa nel movimento jihadista era quella di vice; oggi i numeri uno rischiano, come mostrano le vicende di al Zawahiri, al Zarkawi, al Qurashi

Una volta la carica più rischiosa nel movimento jihadista era il numero due o tre. Classificazioni di comodo per indicare una gerarchia comunque approssimativa visto il carattere «fluido» delle fazioni. Oggi, forse, le cose sono cambiate ed è il numero uno ad essere esposto. Il leader di al Qaeda al Zawahiri è stato ucciso in agosto dagli Usa in agosto a Kabul e adesso, se la notizia è corretta, è stato eliminato anche il capo dello Stato Islamico. Il portavoce del movimento ha dato l’annuncio della morte in combattimento del militante che usava il nome di guerra di Abu Hassan al Hashimi al Qurashi. E con grande rapidità è stato nominato il successore, Abu al Hussein al Husseini al Qurashi.

Gli Usa hanno espresso soddisfazione ma sono rimasti cauti ed hanno precisato di non aver avuto alcun ruolo. Ancora più prudenti gli esperti di terrorismo. Alcuni non escludono che l’informazione sia falsa, un trucco per dare maggiore protezione al personaggio oppure per nascondere possibili diatribe. Secondo fonti locali il terrorista si sarebbe fatto saltare per non cadere nelle mani dei ribelli siriani che avevano circondato il suo nascondiglio all’interno di una casa nel villaggio di Jasem, provincia di Deraa. Stessa fine per le guardie del corpo che lo accompagnavano.

La sequenza conferma come la guida del Califfato sia a tempo. Dipende dalle circostanze e dalla forza del proprio apparato. Ma non solo. I tanti avversari non concedono tregua, molte le intelligence in caccia ed è minore il supporto popolare. Del resto anche il capostipite della famiglia jihadista irachena Abu Musab al Zarkawi è stato fatto fuori nel 2006 da un raid statunitense, epilogo analogo per il mujahed che ne ha preso il posto, Abu Omar al Baghdadi.

È durato di più il «primo» Califfo Abu Bakr al Baghdadi – quasi sei anni – ma è stato poi liquidato da un’operazione degli Stati Uniti nel 2019. Anche lui era basato in Siria come, del resto, il portavoce, il famoso Abu Ibrahim al Adnani: lo hanno ammazzato nel 2016, però i suoi “consigli” sul terrorismo semplice, con uso di coltelli e auto-ariete, sono diventati un manuale per i simpatizzanti in Occidente.

Il testimone del Califfato è passato ad Abu Ibrahim al Qurashi che ha dovuto gestire una fase difficile, con la perdita di territorio e appoggi: missione chiusa da un’incursione, sempre americana, nel febbraio del 2022. Avrebbe attivato la cintura da kamikaze per evitare la cattura coinvolgendo nell’esplosione i familiari. Ed è spuntato, quasi dal nulla, Abu Hassan al Qurashi: si è discusso a lungo su chi fosse realmente, con diverse interpretazioni, notizie di un possibile arresto in Turchia (poi smentito). Lo Stato Islamico ne ha rivelato ieri la morte con dati stringati ed ha subito rassicurato la continuità con la scelta di Abu al Hussein al Husseini al Quraishi. Per ora è solo un nome, servirà tempo per scoprirne il vero profilo.

La struttura estremista è attenta a tutelare il network, i legami, i rapporti e la dipartita di alti esponenti accentua i sospetti di tradimenti. In estate lo Stato Islamico ha subito l’uccisione di Maher al Aghal, responsabile del teatro siriano, e la cattura di Hani al Kurdi considerato l’esperto di esplosivi. Tutto ciò significa che le spie nemiche sono riuscite più volte a superare lo scudo, magari contando sulla sponda di alleati locali. E nell’arena qaedista c’è ancora attesa per la successione ad Ayman al Zawahiri, centrato da un missile sparato da un drone americano nella capitale afghana.

Lo hanno sorpreso – è la versione diffusa – mentre era affacciato al balcone della sua residenza. Colpo di intelligence accompagnato da mille retroscena su possibili complicità di qualcuno tra i talebani. Era toccato proprio al medico egiziano a provare a ricompattare i ranghi dopo l’eliminazione di Osama e Hamza bin Laden, padre e figlio.

In realtà il peso di al Zawahiri è declinato, non più al passo dei tempi, scavalcato da estremisti più agili. I report sostengono che il comando potrebbe passare ad ancora un egiziano, Seif al Adel, uno dei superstiti della vecchia guardia. Le segnalazioni sostengono che vivrebbe in Iran, considerato per molto tempo un “santuario”. Un’affermazione spazzata via dall’azione di un paio di sicari in moto che hanno freddato in una via di Teheran nell’agosto del 2021 Abudallah Ahmed Abdullah, alias Abu Muhammad al Masri, uno dei veterani di al Qaeda. Pensava di essere intoccabile nella terra dei mullah e, invece, è stato neutralizzato da una missione congiunta Cia-Mossad, con gli israeliani incaricati di “terminarlo”.

1 dicembre 2022 (modifica il 1 dicembre 2022 | 17:47)

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, 2022-12-01 15:21:00, Una volta la carica più rischiosa nel movimento jihadista era quella di vice; oggi i numeri uno rischiano, come mostrano le vicende di al Zawahiri, al Zarkawi, al Qurashi, Guido Olimpio

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