di Paolo Salom
L’autore algerino Boualem Sansal: «Il fine ultimo del conflitto è la vittoria e la distruzione del nemico. Qui in Algeria è come se la guerra non ci fosse»
«Gli avvenimenti: è così che in Algeria i media descrivono quello che accade in Europa, in Ucraina. Non è una guerra, o meglio, non si deve parlare di guerra. Tutto è a posto, tutto è in ordine. E così il governo deve fare i salti mortali per salvaguardare al tempo stesso le relazioni con i Paesi amici come l’Italia e la Francia da una parte, e con la Russia, uno dei partner più importanti, dall’altra».
Una lama di luce del caldo sole di Algeri accende il viso di Boualem Sansal, autore di romanzi quali Il villaggio del tedesco (Einaudi) e 2084. La fine del mondo (Neri Pozza), mentre parla con il Corriere in videoconferenza. A 72 anni Sansal è uno degli intellettuali più noti dell’universo arabo-islamico, inviso ugualmente alle autorità laiche come agli integralisti musulmani: le sue posizioni eterodosse su politica e religione ne hanno fatto un bersaglio. Ma lui non smette di offrire interpretazioni pacate degli «avvenimenti», i conflitti che lacerano le società a qualunque latitudine. «Gli eufemismi sono una costante — spiega — anche ai tempi della guerra d’indipendenza in Algeria, per le autorità (francesi in questo caso) si poteva parlare soltanto degli “avvenimenti d’Algeria”. Perché? Perché l’Algeria era Francia. Dunque non poteva essere in guerra con se stessa».
In Ucraina, invece?
«Il meccanismo è simile: Mosca considera i vicini parte della Russia. Dunque non può chiamare guerra quello che sta facendo per riassorbirla entro i propri confini».
E tuttavia le immagini che arrivano da quel Paese, i morti, il sangue, la distruzione, ci raccontano una verità diversa…
«Attenzione però: questa verità non arriva ovunque negli stessi termini. In Algeria, per esempio, non ci sono reportage del conflitto. È come se non ci fosse . Per avere un’idea della realtà, occorre districarsi dai blocchi informatici e visionare su Internet le pagine informative di altri Paesi, in altre lingue. Costruirsi un’opinione così è molto difficile. D’altro canto, anche in Europa, nonostante le libertà democratiche, sono molte le voci di chi interpreta l’invasione russa al contrario: “Sono stati provocati”».
Perché accade questo?
«La guerra fa parte dell’umanità. Da Adamo ed Eva in poi il conflitto tra uomini o tra uomini e il loro dio, o per il loro dio, è una costante della Storia. La vita in questo è totalitaria: sin dal concepimento c’è una tendenza a occupare tutti gli spazi. E il conflitto violento è visto come il più efficiente dei mezzi per arrivare al fine ultimo: la vittoria e la distruzione (o l’assimilazione) del nemico».
Ma spingere un Paese a imbracciare le armi non è cosa facile, almeno oggi.
«È qui che entra in gioco l’ideologia: si presenta una realtà fittizia ma terrificante , oppure si affama il popolo e si dice: “È colpa loro”, e alla fine, proprio perché la vita è totalitaria, si tende a credere e a obbedire. Ma è vero che ci sono tanti tipi di guerra. Non sono tutte uguali».
Cosa intende?
«Ci sono le guerre di formazione: nazioni che prendono coscienza di esistere attraverso un conflitto. Ci sono guerre difensive (con la caratteristica formativa) come è l’attuale conflitto per gli ucraini, che vanno al fronte sicuri di essere dalla parte giusta. Ci sono guerre economiche: come quelle scatenate per rompere un assedio o un embargo. E poi ci sono le guerre “perfette”, quelle che si fanno in nome della religione e dove tutto è permesso».
Ma non sono, queste ultime, legate al passato?
«La guerra di religione è il solo dispositivo che permette di dare una giustificazione inoppugnabile al conflitto. E vale oggi esattamente come ieri».
Ma dov’è la religione nella guerra tra Russia e Ucraina? Non è, piuttosto, ideologica?
«Può non essere immediatamente visibile. Eppure c’è».
Per questo il patriarca russo-ortodosso Kirill ha «benedetto» l’«operazione speciale»?
«Esattamente. Soltanto un corpo di pensieri che aspiri all’assoluto può offrire una giustificazione senza punti deboli, senza “difetti”».
Papa Francesco ha implorato la pace in tutti i modi…
«Il problema, ora, è in Russia. È il mondo ortodosso che si sente in conflitto con il cattolicesimo, con gli altri cristiani . E si sente dalla parte giusta della Storia. Certo, per Putin è difficile parlare apertamente di guerra di religione. Ma quando attacca l’Occidente ha questo in mente».
3 maggio 2022 (modifica il 3 maggio 2022 | 23:52)
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, 2022-05-03 22:41:00, di Paolo Salom L’autore algerino Boualem Sansal: «Il fine ultimo del conflitto è la vittoria e la distruzione del nemico. Qui in Algeria è come se la guerra non ci fosse»,