Ucraina Russia, news di oggi sulla guerra | Mariupol, Zelensky teme l’uso di armi chimiche. Gli Usa all’India: spingete Putin a fermarsi

Ucraina Russia, news di oggi sulla guerra | Mariupol, Zelensky teme l’uso di armi chimiche. Gli Usa all’India: spingete Putin a fermarsi

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di Lorenzo Cremonesi, Giusi Fasano, Andrea Nicastro, Marta Serafini

Le notizie di martedì 12 aprile sulla guerra in Ucraina, in diretta: Mosca avverte Svezia e Finlandia circa la possibilità che entrino nella Nato, Mariupol tenta la resistenza dopo che anche il suo porto è caduto nelle mani dei russi

La guerra in Ucraina è al 48esimo giorno: e potrebbe essere quello decisivo per le sorti di Mariupol, città martire che da oltre 40 giorni resiste ai russi. I filorussi sarebbero pronti a stanare le difese ucraine con le armi chimiche. Il battaglione Azov, la milizia di estrema destra ucraina che guida la difesa, afferma che i droni russi hanno già fatto cadere sostanze tossiche.

• Mosca sta accelerando le manovre per portare l’assalto al Donbass: il Pentagono ha confermato che la Russia sta inviando centinaia di veicoli militari, compresi elicotteri da combattimento e artiglieria, nell’Ucraina dell’est .

• Ieri, ad Algeri, il premier Draghi e il ministro degli Esteri Di Maio hanno firmato un accordo sul gas con l’Algeria che aggiungerà 9 miliardi di metri cubi di gas ai 21 che già l’Algeria ci fornisce, andando così a pareggiare il quantitativo che attualmente ci fa dipendere da Mosca per il 40% del nostro fabbisogno.

• Il cancelliere federale austriaco Nehammer e il presidente della Federazione russa Putin si sono incontrati: «Il colloquio è stato molto duro», ha detto il primo, dopo aver avvertito lo zar che «le sanzioni europee resteranno e saranno inasprite».

***

Ore 8.15 – Biden vuole processare Putin – ma in quale tribunale?

(Giuseppe Sarcina) Joe Biden vuole processare Vladimir Putin per «crimini di guerra». Ma gli Stati Uniti non aderiscono allo Statuto di Roma che nel 1998 ha istituito la Corte penale internazionale dell’Aja. O meglio, Bill Clinton firmò il documento, ma poi decise di non presentarlo al Senato per la ratifica, prevista dalla Costituzione americana per tutti i trattati internazionali.

Da allora gli Stati Uniti non hanno mai raggiunto gli altri 123 Paesi che nel frattempo hanno approvato il documento.

Per quale motivo? Il governo Usa non accetta che un americano venga processato e giudicato da autorità internazionali composta da Paesi con diversi orientamenti politici. Il ragionamento di base è: siamo perfettamente in grado di mandare a giudizio i nostri cittadini se hanno commesso gravi crimini contro l’umanità. Spesso si obietta che in realtà gli Usa non volevano che venissero processati i responsabili di misfatti gravissimi, come le torture sistematiche commesse in Iraq, per esempio.

I dati storici sono contrastanti. Qui siamo nel biennio 1998-2000. Con Bill Clinton alla Casa Bianca. L’invasione dell’Afghanistan risale al 2001, quella dell’Iraq al 2003. Inoltre, per restare sull’Iraq, alcuni responsabili delle torture di Abu Grahib sono stati condannati dalle corte marziali americane. Nello stesso tempo, però, è innegabile che l’atteggiamento degli Usa nei confronti della Corte penale internazionale sia diventato sempre più aspro con il passare degli anni. Nel 1999, il Congresso americano tagliò i fondi destinati all’Aja. Nel 2002, con George W.Bush presidente, una legge negò ogni tipo di appoggio all’attività della Corte, «salvo casi eccezionali». Infine nel 2017 Donald Trump impose addirittura delle sanzioni sulla Procuratrice capo della Corte, Fatou Bensouda (nata in Gambia) che aveva accusato i militari americani di aver praticato la tortura e altri trattamenti crudeli sui prigionieri detenuti in Afghanistan dal 2003 al 2004 e poi nelle prigioni clandestine gestite dalla Cia in Polonia, Romania e Lituania. Nel 2021 Joe Biden ha revocato le sanzioni e l’inchiesta sui soldati Usa e la Cia è stata abbandonata.

La guerra in Ucraina e i crimini putiniani stanno costringendo la politica americana a fare i conti anche con questa pesante contraddizione. È chiaro a tutti che la Corte dell’Aja sarebbe la sede naturale per condurre un’istruttoria imparziale sull’operato dell’Armata di Mosca. L’Amministrazione Biden sta ancora oscillando. Domenica, 10 aprile, il Consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, si è mantenuto sul vago: il processo a Putin potrebbe essere istruito anche da «altri organismi». La stessa cosa ha ripetuto ieri, lunedì 11 aprile, la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. In realtà l’unica vera alternativa sarebbe l’Onu. Ma il veto della Russia nel Consiglio di Sicurezza bloccherebbe qualsiasi iniziativa.

Nel Congresso Usa sta crescendo la consapevolezza che sarà comunque difficile portare Putin dietro la sbarra; a maggior ragione è necessario che le prove siano raccolte dall’organismo internazionale più accreditato e riconosciuto dalla larga maggioranza della comunità internazionale: la Corte dell’Aja. I senatori repubblicani e democratici stanno preparando una legislazione per azzerare le norme del 2002. Poi toccherà a Biden riconoscere l’autorità della Corte e chiedere al Congresso, con 22 anni di ritardo, la ratifica dello Statuto di Roma.

A Washington ci si attende un passo simile da Volodymyr Zelensky. Anche l’Ucraina non ha mai riconosciuto la Corte penale internazionale. (Qui il podcast di oggi, dedicato proprio al possibile processo a Putin)

Ore 8.00 – La Russia ha già usato armi chimiche su Mariupol?

Nel suo ultimo messaggio, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dato voce a una forte preoccupazione sul possibile utilizzo di armi chimiche contro il suo Paese — senza confermare se siano già state utilizzate.

Subito dopo, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno annunciato di aver avviato le indagini sul possibile utilizzo di queste armi su Mariupol.

«Stiamo lavorando urgentemente per verificare i dettagli di queste notizie», ha detto la ministra degli Esteri britannica Liz Truss, specificando che «ogni utilizzo di questo tipo di armi sarebbe uno spaventoso segno di escalation in questo conflitto».

John Kirby, portavoce del Pentagono, ha confermato che «continueremo a monitorare da vicino la situazione».

Non è però chiaro quale sarebbe la risposta dell’Occidente di fronte a notizie verificate sull’uso di armi chimiche sulla popolazione in Ucraina: finora il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha evitato di indicare «linee rosse» invalicabili.

Ore 7. 45 – L’incontro, «non amichevole», tra il cancelliere e Putin, e la terribile previsione sulla guerra

Paolo Valentino racconta, in questo articolo, come sia andato il primo incontro di persona tra il presidente russo Vladimir Putin e un leader europeo dall’inizio della guerra. A fornire la prima risposta è lo stesso Karl Nehammer, il cancelliere austriaco che ieri è volato da Putin, a Mosca: «Non è stato un incontro tra amici».

Un’ora di colloquio — «diretto, aperto, duro» — nella dacia presidenziale di Novo-Ogarevo alle porte di Mosca: «Gli ho parlato dei gravi crimini di guerra commessi a Bucha e in altri luoghi, sottolineando che tutti i responsabili devono essere individuati e assicurati alla giustizia. Il mio messaggio più importante è stato che questa guerra deve finire».

Ma perché si è mossa Vienna? «L’Austria», spiega Valentino, «è membro dell’Unione Europea, ma ha la “neutralità” scritta nella Costituzione, non fa parte della Nato e da sempre si vuole come ponte tra Est e Ovest. Non solo. Con un rapporto di forte dipendenza energetica dalla Russia, da cui importa l’80% del proprio gas naturale, Vienna è fra le capitali europee che più si oppongono all’introduzione di un embargo sugli acquisti di gas e petrolio da Mosca. Ma i buoni rapporti col Cremlino non hanno impedito che il governo austriaco abbia fin qui sottoscritto tutte le sanzioni decise dall’Ue contro la Russia».

Finora, però, i risultati sembrano scarsi: «Nell’Est dell’Ucraina», ha detto Nehammer, «i russi stanno preparando un attacco massiccio e brutale».

Ore 7.30 – Intanto, in Francia (o della «pericolosità» di Le Pen per l’Ue)

(Gianluca Mercuri) Il giorno dopo il primo turno delle presidenziali francesi ha visto i due contendenti — il presidente uscente Emmanuel Macron e la leader dell’estrema destra Marine Le Pen — posizionarsi in vista del ballottaggio del 24 aprile. Macron è accreditato di un vantaggio tra il 51 e il 54%, ma è chiaramente un margine troppo risicato per stare tranquillo come cinque anni fa, quando travolse Le Pen con il 66% contro il 34. Stavolta è molto più dura. E a decidere saranno i voti di sinistra, quelli andati a Jean-Luc Mélenchon, che ha mancato per un soffio — 21,9% contro 23,1 — l’obiettivo di andare al ballottaggio al posto di Le Pen.

Ma perché questo c’entra con le sorti della guerra in Ucraina? E perché Marine Le Pen è pericolosa?

Lo ha spiegato il direttore di Le Monde, Jérôme Fenoglio, ad Aldo Cazzullo: «Se Le Pen arrivasse all’Eliseo, sarebbe la fine dell’Unione europea. Peggio: la Repubblica francese stessa sarebbe in pericolo. Di fatto, Marine propone attraverso i suoi referendum un colpo di Stato. Perché? Perché la Repubblica nasce dalla Rivoluzione. E Marine Le Pen, alleata con Éric Zemmour, rappresenta la Reazione. La Francia che non ha mai accettato la Rivoluzione, la dichiarazione dei diritti dell’uomo, la fraternità universale. L’idea che gli uomini nascano liberi e uguali, e che uno straniero possa avere gli stessi diritti di un francese. Al contrario, loro pensano la nazione come un corpo vivo, e gli stranieri come un virus che lo attacca e lo corrompe».

E le conseguenze della «fine dell’Unione europea» — causata da una candidata con esplicite simpatie per il presidente russo, Vladimir Putin — sono evidenti.

Ore 7.15 – Le parole di Bill Clinton sulla Nato, e il pericolo della Russia

Bill Clinton, ex presidente degli Stati Uniti, ha spiegato — in un lungo intervento su The Atlantic, uno dei più prestigiosi periodici statunitensi — le ragioni che lo portarono a progettare l’allargamento della Nato, e ha smentito la tesi di Putin secondo cui è proprio nell’espansione a Est dell’Alleanza atlantica che va cercata la ragione dell’invasione dell’Ucraina.

«Quando entrai per la prima volta alla Casa Bianca, dissi che avrei sostenuto il presidente russo Boris Eltsin nei suoi sforzi per costruire un’economia florida e una democrazia funzionante dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma che avrei anche sostenuto un allargamento della Nato per includere ex membri del Patto di Varsavia e Stati postsovietici.

La mia politica era lavorare per lo scenario migliore e contemporaneamente prepararsi per lo scenario peggiore.

Quello che mi preoccupava non era che la Russia potesse riabbracciare il comunismo, ma che potesse riabbracciare l’ultranazionalismo, sostituendo le aspirazioni imperiali, come Pietro il Grande e Caterina la Grande, alla democrazia e alla cooperazione. Non pensavo che Eltsin avrebbe fatto una cosa del genere, ma chi poteva sapere chi sarebbe venuto dopo di lui? […]

L’espansione dell’alleanza atlantica è stata di certo una decisione gravida di conseguenze, una decisione che continuo a considerare corretta. Ero consapevole che i rapporti potevano tornare a essere conflittuali. Ma la mia opinione era che uno scenario del genere non sarebbe dipeso tanto dalla Nato quanto dall’evoluzione della Russia: sarebbe rimasta una democrazia? A cosa avrebbe affidato la sua grandezza nel XXI secolo?

Qui l’intervento integrale dell’ex presidente Usa.

Ore 7.00 – Quanto pagheremo il gas dall’Algeria?

(Gianluca Mercuri) Mentre una parte rilevante dell’establishment europeo resta riluttante all’ipotesi di una messa al bando del gas russo, Mario Draghi procede sulla strada dell’emancipazione energetica.

Il presidente del Consiglio è stato ieri ad Algeri per siglare un importante accordo, che aggiungerà 9 miliardi di metri cubi di gas ai 21 che già l’Algeria ci fornisce, andando così a pareggiare il quantitativo che attualmente ci fa dipendere da Mosca per il 40% del nostro fabbisogno. «Una prima, significativa risposta», l’ha definita Draghi, rispetto all’«obiettivo strategico» di ridurre quella dipendenza (qui trovate l’editoriale in cui Daniele Manca inserisce questo passo nel quadro più ampio della nuova politica energetica che serve all’Italia).

Intanto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, in un’intervista a Federico Fubini, si schiera con decisione a favore della proposta del governo di un «price cap», un tetto al prezzo del gas imposto da tutta l’Unione europea ai produttori di Paesi terzi. Non solo. Dice Bonomi: «Se l’Europa non lo vuole fare, come sembra finora, dobbiamo farlo da soli: un price cap che valga in Italia sul prezzo del gas comprato all’ingrosso, molto sotto i livelli attuali».

Ma quanto costerà all’Italia il gas algerino, all’Italia? Prova a rispondere Fabio Savelli, qui.

Ore 06.37 – Kiev, Russia concentra truppe vicino confine

«Il nemico sta cercando di completare il raggruppamento e il trasferimento delle truppe nelle aree di concentrazione delle regioni di Belgorod e Voronezh nella Federazione Russa, nonché il trasferimento delle forze aeree e spaziali negli aeroporti nelle immediate vicinanze dei confini orientali dell’Ucraina». Lo scrive lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nel report quotidiano. «Nella direzione di Slobozhansky — prosegue — le truppe nemiche continuano a bloccare parzialmente la città di Kharkiv». Combattimenti si segnalano nell’area della città di Izyum e nelle direzioni di Donetsk e Tavriya. «Vi sono segnali di rafforzamento del sistema di difesa aerea — si conclude il report — nelle aree di Melitopol e Ilovaisk. È probabile che in futuro il nemico cercherà di prendere il controllo della città di Mariupol, catturare Popasna e condurre un’offensiva in direzione di Kurakhove per raggiungere i confini amministrativi della regione di Donetsk».

Ore 05.07 – Forze armate Kiev, russi si riposizionano a sud

I russi si stanno riposizionando nella parte meridionale del fiume Bug e al confine con la regione di Kherson, nel sud dell’Ucraina. Lo ha dichiarato su Facebook il Comando operativo «Sud» delle forze armate ucraine — come riporta Ukrinform —, segnalando «molti casi di diserzione nelle unità nemiche». «Nella zona di Nikolaev — prosegue il comando Sud — alcuni russi travestiti su tre auto civili hanno cercato di fingere di essere un gruppo di locali evacuati allo scopo di commettere un sabotaggio. Hanno cercato di attaccarci ma, una volta scoperti, hanno dovuto fuggire». Infine «la situazione vicino alla costa ucraina del Mar Nero è tesa, ma invariata» e non si esclude «la possibilità di attacchi missilistici da parte della flotta nemica».

Ore 03.35 – Usa, la Russia sarà strategicamente sconfitta

«La Russia sarà strategicamente sconfitta in Ucraina». Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price alla Cnn, sottolineando che oltre ai problemi sul campo Mosca è nel pieno di una profonda crisi economica. Quanto alla questione della responsabilità dei crimini di guerra, Price ha ricordato che gli Stati Uniti hanno inviato in Ucraina decine di procuratori per collaborare con Kiev alle indagini e anche il dipartimento di Stato sta svolgendo una sua inchiesta. «Se le prove ci diranno che Putin è responsabile di crimini di guerra sarà perseguito per questo», ha detto Price.

Ore 02.33 – Zelensky, chi non fornisce armi è responsabile morti

«Presto sarà necessario un maggiore supporto militare. Le vite degli ucraini si stanno perdendo, vite che non possono più essere restituite. E questa è anche responsabilità di coloro che ancora conservano nel proprio arsenale le armi di cui l’Ucraina ha bisogno. Responsabilità che rimarrà per sempre nella storia». Lo ha detto — come riporta il «Guardian» — il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un video messaggio. «Gli ucraini sono coraggiosi — ha spiegato —, ma quando si tratta delle armi dipendiamo ancora dalla fornitura, dai nostri alleati. Sfortunatamente non stiamo ottenendo quanto necessario per porre fine a questa guerra, per distruggere il nemico sulla nostra terra, per sbloccare Mariupol. Se avessimo jet, veicoli corazzati pesanti, artiglieria, allora saremmo in grado di farlo».

Ore 01.50 – Zelensky, russi hanno lasciato mine ovunque

«Le truppe russe hanno lasciato mine ovunque. Nelle case, nelle strade, nelle auto, nelle porte. Hanno fatto di tutto per rendere il più pericoloso possibile il ritorno in queste aree. Hanno fatto di tutto per uccidere o mutilare il maggior numero possibile della nostra gente quando sono stati costretti a ritirarsi dalla nostra terra». Lo ha detto il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, in un video messaggio — come riporta il «Guardian» —, parlando di «centinaia di migliaia di oggetti pericolosi, mine e proiettili inesplosi» trovati nelle regioni del nord del Paese.

Ore 01.18 – Zelensky, possibile uso armi chimiche in nuova fase terrore

Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy ha espresso preoccupazione per il fatto che le forze russe potrebbero usare armi chimiche contro il suo Paese. Non ha però confermato se siano già state utilizzate. «Oggi gli occupanti hanno rilasciato una nuova dichiarazione, che testimonia la loro preparazione per una nuova fase di terrore contro l’Ucraina e i suoi difensori», ha spiegato Zelensky nel suo video messaggio notturno. «Uno dei loro portavoce ha affermato che potrebbero usare armi chimiche contro i difensori di Mariupol. Prendiamo queste parole il più seriamente possibile — ha aggiunto —. Voglio ricordare ai leader mondiali che si è già discusso del possibile uso di armi chimiche da parte dell’esercito russo. E già in quel momento significava che era necessario reagire all’aggressione russa in modo molto più duro e veloce», ha dichiarato Zelensky.

Ore 01.10 – Blinken, India esorti Putin a mettere fine alla guerra

«È importante che tutti i Paesi, soprattutto quelli che hanno influenza» sul presidente russo Vladimir Putin, «lo esortino a porre fine alla guerra». Lo ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken in una conferenza stampa con il ministro degli Esteri indiano Jaishankar a Washington dopo l’incontro da remoto tra il presidente americano Joe Biden e il premier indiano Narendra Modi. «Ed è anche importante che le democrazie parlino con una sola voce per difendere i valori che condividiamo», ha aggiunto. Gli Stati Uniti — ha spiegato Blinken — «continueranno ad aumentare il loro sostegno al governo e al popolo ucraino e inviteranno le altre nazioni a fare lo stesso». Blinken ha affermato che i legami dell’India con la Russia si sono sviluppati nel corso di decenni in un momento in cui gli Stati Uniti non erano in grado di essere un partner dell’India, ma da allora — ha sottolineato — «i tempi sono cambiati».

Ore 00.12 – Procuratrice, oltre 5.800 crimini di guerra

La procuratrice generale dell’Ucraina, Iryna Venediktova, ha detto che al momento sono oltre «5.800 i casi» di crimini di guerra commessi dalla Russia in Ucraina. In particolare Venediktova ha parlato del massacro a Bucha, vicino a Kiev, dove domani effettuerà un nuovo sopralluogo. «Qui stiamo ancora riesumando cadaveri dalle fosse comuni», ha detto in un’intervista alla Cnn precisando che quello che ha constatato sul campo non sono solo «crimini di guerra ma anche contro l’umanità». Quanto agli eventuali processi contro gli autori di queste atrocità, tema che si sta discutendo da giorni anche negli Stati Uniti e in Europa, la procuratrice ha dichiarato che l’Ucraina «vuole perseguire questi criminali nel Paese, in tribunale ucraini». Ma «ovviamente c’è anche il percorso della Corte penale internazionale», ha aggiunto. Al momento ci sono oltre 500 sospettati, inclusi alti ufficiali militari e alti funzionari russi.

Ore 23.29 – Onu: aumentano violenze sessuali

Aumentano i casi riportati di violenza sessuale in Ucraina: lo ha detto al Consiglio di sicurezza dell’Onu la giordana Sima Bahous, direttrice esecutiva dell’agenzia delle Nazioni Unite per le donne (UN Women). «Questa guerra deve finire. Sentiamo sempre più spesso parlare di stupri e violenza sessuale. Sono accuse che devono essere indagate in maniera indipendente per garantire giustizia» ha detto Bahous, che ha recentemente visitato la regione. «Vediamo una serie di segnali d’allarme dovuti dalla combinazione di spostamenti di massa di profughi interni e di ampia presenza di coscritti e mercenari, unita alla brutalità contro i civili ucraini». Kateryna Cherepakha, presidente dell’organizzazione per i diritti umani La Strada-Ukraine, ha riferito di notizie di nove casi di stupro da parte di soldati russi su 12 donne e ragazzine. «È solo la punta dell’iceberg» ha detto al Consiglio. «Sappiamo e vediamo che lo stupro è usato come un’arma di guerra dai russi nell’invasione in Ucraina». La settimana scorsa le Nazioni Unite avevano annunciato un’inchiesta sulle accuse di stupro da parte dei soldati russi, inclusi stupri di gruppo e violenza davanti ai bambini, ma anche un’inchiesta sulle accuse di atti di violenza sessuale compiuti dalle milizie di difesa civile ucraine e dalle forze armate ucraine.

12 aprile 2022 (modifica il 12 aprile 2022 | 08:38)

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, 2022-04-12 06:39:00, Le notizie di martedì 12 aprile sulla guerra in Ucraina, in diretta: Mosca avverte Svezia e Finlandia circa la possibilità che entrino nella Nato, Mariupol tenta la resistenza dopo che anche il suo porto è caduto nelle mani dei russi, Lorenzo Cremonesi, Giusi Fasano, Andrea Nicastro, Marta Serafini

Pietro Guerra

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