Ultime notizie: La politica deve esprimere qualcosa. Basta usare la Chiesa per fare propaganda! – imgpress

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di ANDREA FILLORAMO

È da Condividere pienamente e commentare il contenuto della lunga e-mail di Elena Burrascano, una lettrice di IMG Press, inviatami oggi, in cui la stessa osserva come una certa politica, particolarmente quella di Destra, utilizzi la crisi che in questo momento sta attraversando la Chiesa cattolica, il papato, la gerarchia e il suo Clero per scopi non ideali, dettati, quindi, da puro calcolo elettoralistico.

Per dimostrare un assunto del genere sarebbe necessario ricorrere a diversi  tomi, intervistare molti, sentire la gente comune ma si può anche ricorrere, per esempio, a una notizia relativa alla Fondazione Giuseppe Sciacca, che è una onlus “catto-sovranista”, risalente a quasi quattro anni, apparsa allora nei giornali, ritenuta in quel tempo, di poca o nessuna importanza, che, però,  può dare la possibilità di approcciarsi sufficientemente alla questione posta, particolarmente dopo l’approvazione dello “spazzacorrotti,” cioè dopo la Legge  in tema di corruzione  e del decreto crescita, quando il parlamento ha equiparato le fondazioni, le associazioni e i comitati politici ai partiti. È stato questo un notevole cambio nello scenario italiano, soprattutto per i vari obblighi di trasparenza che ricadono su queste strutture, che magari apparentemente o nel nome non hanno colori o protettori politici o anche religiosi ai quali si appoggiano.

La notizia apparsa in qualche giornale era che il  5 luglio 2018, quando il governo giallo-verde si era insediato da pochi mesi,  la “Fondazione Giuseppe Sciacca” dava comunicazione  dell’ingresso nel proprio Comitato Scientifico di due esponenti delle istituzioni statali: il Senatore Matteo Salvini, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’Interno, in qualità di Presidente e l’Onorevole Giancarlo Giorgetti, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in qualità di Vicepresidente.

A prima vista sembra questa un’usuale nota di agenzia e in una certa misura lo era, ma se andiamo in profondità scopriamo che far parte del Comitato Scientifico, addirittura diventare presidente e vicepresidente, di una struttura, significa appropriarsi, elaborare e far proprie le idee alle quali la struttura si ispira e, addirittura, come in questo caso, divenirne capi e ciò non è assolutamente cosa da poco.

Nel caso della Fondazione Giuseppe Sciacca, ci risulta che sia una fondazione tradizionalista e ultracattolica, di cui fa parte anche Augusto Sinagra, tessera 2234 della P2, storico avvocato di Licio Gelli, Sua eccellenza il Principe Don Flavio Borghese, presenza fissa al premio, che il 7 novembre 2015, il fotografo lo immortalava mentre consegnava il Premio Cultura a George Pell, cardinale ex Prefetto della Segreteria per l’Economia, presidente d’Onore della Fondazione nel 2016.

Borghese, classe 1971, già Head of Finance & Markets del Monte dei Paschi di Siena dove ha lavorato per oltre 7 anni, è Head of Portfolio Management della Cassa Depositi e Prestiti, è il delegato per Roma e la Città del Vaticano dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio ma è anche il pronipote di Junio Valerio, organizzatore dell’omonimo golpe e fondatore del Fronte Nazionale e già comandante della X Mas, il cui vessillo campeggia tra le foto postate dal giovane Flavio su Facebook.

Al vertice della Fondazione cattolica e non può essere diversamente c’è, chiamiamolo pure un protettore, un ispiratore: si tratta di “Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Raymond Leo Burke”, uno degli esponenti più conservatori e tradizionalisti del Collegio Cardinalizio e della Chiesa in generale, capo riconosciuto delle legioni di nemici di Papa Francesco, nonché uno dei quattro sottoscrittori dei “dubia” all’esortazione apostolica Amoris laetitia di Papa Bergoglio.  Sua è l’opposizione, ancora, alle aperture del pontefice ai divorziati risposati, già durante il primo dei due Sinodi sulla famiglia, nel 2014. Sua è anche l’opposizione dichiarata che si è intensificata dopo che Bergoglio l’ha defenestrato dal ruolo di prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, la “Cassazione vaticana”, confinandolo all’incarico onorifico di patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta.

Tra Salvini e Burke l’amicizia risale a prima delle ultime politiche.

Per due volte, infatti, il leader della Lega era stato in visita a casa del cardinale statunitense, a Roma, visite che avevano destato un certo stupore negli ambienti vaticani: da un lato il principale oppositore di Francesco nel Collegio cardinalizio; dall’altro il politico italiano che già al raduno di Pontida del 2016, si era fatto fotografare con in mano la maglietta con su scritto “Il mio Papa è Benedetto”, che sicuramente non ha reso un buon servizio al Papa emerito.

Salvini ha, inoltre, detto: “Papa Benedetto aveva idee molto precise sull’islam. Quelli che invitano gli imam in chiesa non mi piacciono”.  “Io sono fermo a qualche tempo fa, a Papa Ratzinger”.

E questo è lo slogan che interpreta il sentire comune di diversi ambienti della destra e dell’ultradestra, che vedono in Bergoglio poco più che un prete di strada che diffonde un catechismo terzomondista e un pontefice di caratura inferiore al cospetto della sottile e sconfinata sapienza teologica incarnata da Benedetto.

Tra i due–Salvini e Burke–c’è, inoltre, un punto di contatto che allarga la prospettiva al di là dell’Atlantico: Steve Bannon, manager e politologo statunitense, ex banchiere d’investimenti ed ex direttore responsabile del giornale on-line di estrema destra. Egli ha lavorato come “capo stratega della Casa Bianca” nell’amministrazione dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, durante i primi sette mesi del suo mandato. Tutti insieme nell’universo dell’ultra-conservatorismo anti-Bergoglio incarnato dal rosario tenuto tra le mani dal segretario leghista, guidato da un uomo che ha un solo obiettivo: costringere alle dimissioni Papa Francesco e ipotecarne la successione con un candidato gradito all’ultradestra cattolica americana.

Nell’orbita dell’ex stratega di Donald Trump gravita l’ex nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò, che ha intrapreso una campagna mediatica contro Francesco accusandolo di aver coperto la pedofilia, in particolare quella commessa dall’ex cardinale di Washington, Theodore Edgar McCarrick, spretato dal Papa proprio per gli abusi sessuali su minori.

Viganò è arrivato perfino a chiedere le dimissioni di Bergoglio reo, a suo giudizio, di aver chiesto tolleranza zero nel contrasto alla pedofilia del clero e poi di essere stato lui stesso un insabbiatore. Accuse che si sono rivelate infondate ma che sono piaciute molto all’ala dell’ultradestra cattolica americana, di cui Burke è uno dei massimi esponenti, che ha infatti preso subito sotto la sua protezione Viganò, oggi sostenuto dagli oppositori più aggressivi del pontificato di Francesco, che rappresenta l’unica voce di speranza nella desolazione della Chiesa e nel disastro della politica nazionale e globale.

Ci chiediamo: “Sarà proprio questa Destra così malmessa che salverà la Chiesa che in questo momento si trova in grande difficoltà e lo Stato che non sa come uscire dalla palude dentro la quale è miseramente caduto?”.

Non ci resta null’altro se non affidarci alla Provvidenza.

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