Documento di grande spessore culturale, pedagogico e metodologico quello proposto dall’Istituto Comprensivo Giuliana Saladino di Palermo, nato per avviare un dibattito nella scuola con l’obiettivo di definire un manifesto per la cultura antimafia nella scuola italiana. “Il documento non è certamente esaustivo – sottolinea il professore Giusto Catania, dirigente scolastico dell’I.C. Saladino di Palermo – mettiamo a disposizione venti spunti di riflessione e siamo certi che si possa aprire un dibattito nel mondo della scuola al fine di definire una iniziativa legislativa che istituzionalizzi, nella scuola italiana, l’impegno per la promozione di una cultura antimafia. Siamo contenti della risposta positiva fornita dai diversi interlocutori che abbiamo coinvolto, in primis l’Ufficio scolastico Regionale, che contribuiranno a rendere più capillare la proposta da estendere alle scuole della Sicilia.”
Dopo l’uccisione di Piersanti Mattarella inizia, nelle scuole, la lotta contro a cultura mafiosa
La promozione di una cultura antimafia è una scelta fondamentale per la scuola, soprattutto quella che opera in territori, impropriamente, definiti di frontiera. La proposta prende le mosse dall’attività del preside Vito Mercadante, a dieci anni dalla sua morte, che è stato uno degli artefici del movimento che ha portato nel 1980, dopo l’uccisione di Piersanti Mattarella, alla scrittura di una legge regionale (n.51 del 4 giugno 1980) che ha istituzionalizzato nella scuola la lotta contro la cultura mafiosa. Nel documento proposto dall’I.C. Saladino si sottolinea che “La cultura antimafia è fondamentale per riconoscere e combattere la costante metamorfosi della mafia che è contemporaneamente in grado di agire in diversi e contrapposti segmenti della società. (…) La scuola può sconfiggere il sentimento dell’omertà costruendo un senso e una pratica di comunità che valorizzi il ruolo di docenti, discenti e famiglie”.
Creare spazi per i giovani
Si legge nel brillante documento che vede nell’eccellente dirigente scolastico Giusto Catania il padre nobile (lui che, con Leoluca Orlando, ha disegnato quella stagione che ha determinato il vero riscatto culturale della Città metropolitana), “Vogliamo partire dalle parole dello stesso Vito Mercadante, in un’intervista al quotidiano L’Ora del 7 ottobre 1989, che forse rappresentano un testamento morale del suo impegno culturale e militante. È l’ultimo suo atto da preside, prima della pensione. Le risposte sono di estrema attualità. L’ostacolo più difficile? “La cultura mafiosa che è l’unico motivo per cui spesso si rifiuta la scuola. Il ragazzo ha paura di rivoluzionare i valori nei quali è cresciuta tutta la sua famiglia. L’antimafia condotta da questo istituto si basa sulla conoscenza del costume mafioso, come il senso dell’onore, l’omertà, cercando di mettere in crisi questi valori con la riflessione e la critica. Perché se questi ragazzi si sentono aggrediti, senza ricevere una spiegazione, non accetteranno mai il concetto del cambiamento di mentalità. Poi aggiunge: “Il compito della scuola a Palermo, la sua grande responsabilità è quella di creare spazi per i giovani. I ragazzi non conoscono la città, perché vivono chiusi nel loro quartiere. La scuola allora deve aprire queste gabbie, perché chi è mafioso spesso non sa di esserlo, immerso com’è nella sua sottocultura.”
Produrre una trasformazione nella società
Inoltre, il documento insiste sulla necessità di produrre una trasformazione nella società: “Il cambiamento della mentalità mafiosa si costruisce col dialogo, evitando pratiche coercitive e logiche dottrinarie, proprio perché chi è mafioso spesso non sa di esserlo, immerso com’è nella sua sottocultura (…) La scuola è necessaria per costruire un immaginario in grado di contrapporsi alla crescita di una egemonia sottoculturale che ha modificato, nel tempo, il senso comune di massa.” Infine, il documento evidenzia la necessità di ricondurre la questione dentro una prospettiva pedagogica che riguardi la riforma della scuola in Italia: “La costruzione di una cultura antimafia è, evidentemente, una esigenza nazionale. La riforma della scuola italiana passa necessariamente dalla definizione di strategie ed azioni per teorizzare e praticare una nuova pedagogia civile.”
La scuola pubblica è ontologicamente nemica della mafia
“La scuola pubblica è ontologicamente nemica della mafia”, così si legge nel documento dell’Istituto Comprensivo palermitano guidato dal professore Giusto Catania. “Perché agisce fuori dalla logica del mercato ed estranea alle pratiche di potere. Inoltre, la scuola sviluppa la sua prima missione nella costruzione di una egemonia culturale che ambisce alla trasformazione della società”.
La scuola deve insegnare anche a disapplicare le regole sbagliate
La scuola – dunque, potremmo affermare – deve insegnare anche a disapplicare le regole sbagliate, quelle portatrici di violenza e prevaricazione. L’obbedienza non è sempre una virtù. Questa la vera missione che nasce dall’intelligenza viva dei docenti palermitani che, ancora una volta, prendono le distanze, con i fatti, da una subcultura che non appartiene più né alla Sicilia né all’Italia, ma a, per fortuna, limitatissime realtà che devono essere, con determinazione, allontanate dalle comunità e dai territori. Questo, continua il documento, perché “la funzione principale della scuola è la formazione di cittadini e cittadine consapevoli, liberi/e, onesti/e. La scuola deve riscrivere i suoi obiettivi in uscita, incardinandoli sulla giustizia sociale, la democrazia e il rispetto del bene comune”.