Un perito agrario può accedere al profilo ATA?

Un perito agrario può accedere al profilo ATA?

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Nel caso particolare che ora si commenta il ricorrente ha impugnato il provvedimento di esclusione dalla terza fascia delle graduatorie di istituto del personale ATA, adottato dal dirigente scolastico unitamente agli atti presupposti costituiti dalla graduatoria di istituto di interesse e dal decreto ministeriale n. 50/2021, quest’ultimo nella parte in cui ha disciplinato l’aggiornamento di tali elenchi graduati per il triennio 2021-2024. Il depennamento di parte ricorrente è stato disposto a seguito dell’accertamento della mancanza di un valido titolo di studio per l’iscrizione nelle graduatorie di istituto per il personale ATA avuto riguardo al profilo professionale di “Addetto all’azienda agraria” per il quale, sulla base di quanto previsto dall’art. 2, co. 5, lett. F), del d.m. n. 50/2021, è espressamente richiesto il possesso della qualifica professionale di operatore agrituristico, agroindustriale e/o agroambientale, mentre l’odierno ricorrente ha dichiarato nella sua domanda di iscrizione di aver conseguito la laurea in scienze agrarie oltre che il diploma di perito agrario. Si pronuncia il TAR del Lazio con sentenza N. 02838/2023.

La questione

Secondo quanto si legge nella sentenza, gli alunni che abbiano frequentato un corso triennale presso un Istituto di formazione professionale (I.F.P.), conseguendo la qualifica di operatore agricolo, avrebbero la possibilità di conseguire (anche) il diploma di tecnico agricolo, ovvero di agrotecnico, frequentando il quarto anno della scuola professionale in questione. Tale diploma, conseguito all’esito del citato percorso di studio, dovrebbe intendersi equiparato ai diplomi rilasciati da un istituto tecnico (agrario), tra cui figura quello di perito agrario, sulla scorta di quanto previsto in tema dall’art. 15, co. 8, del d.P.R. n. 323/98. Parte ricorrente dunque sostiene sulla base di ciò quattro punti cardini:

– l’agrotecnico, ottenuto il diploma al termine di un percorso di studi di quattro anni presso un I.F.P., è anche operatore agricolo, posto che ha conseguito tale qualifica superando il terzo anno;

– lo stesso agrotecnico, oltre che operatore agricolo, vanta un titolo equipollente a quello di perito agrario, in forza della richiamata norma contenuta nel d.P.R. n. 323/98;

– pertanto, l’odierno ricorrente, in qualità di perito agrario avrebbe un titolo di studio a sua volta equipollente a quello dell’agrotecnico e, dunque, dovrebbe giocoforza possedere anche la qualifica di operatore agricolo;

– a fortiori, lo stesso dovrebbe essere inserito nella terza fascia delle graduatorie di istituto contestate dal momento che possiede, oltre al diploma di perito agrario, anche la laurea in scienze agrarie, ossia titoli non solo equipollenti ma addirittura superiori rispetto a quelli chiesti dal d.m. n. 50/2021 per espletare le funzioni di “addetto all’azienda agricola” in qualità di personale ATA.
Per i giudici tale prospettazione, ritenuta meritevole di apprezzamento in fase cautelare, all’esito di una delibazione sommaria, peraltro condotta in assenza di qualsiasi spunto difensivo fornito dalla p.a., non può tuttavia trovare adesione,

Non è il titolo di studio in sè, ma sono i contenuti didattici a fare la differenza

Il ragionamento sopra richiamato, afferma il TAR, appuntato sostanzialmente su una logica sillogistica che esalta un principio di matrice gerarchica dell’organizzazione dei percorsi di studio, secondo il quale il più contiene sempre e necessariamente anche il meno, risulta essere falsato, da un lato, dal fatto che più che l’aspetto gerarchico ciò che conta nell’attività di formazione è la differenziazione e la specificità dei contenuti didattici protesi all’acquisizione di diverse e necessarie competenze professionali e, dall’altro lato, dalla circostanza che comunque esso mira a estendere l’equiparazione normativa dei (soli) diplomi, disposta dal d.P.R. richiamato in favore dei titoli rilasciati dagli I.F.P., al fine di ricavare ulteriori equipollenze non previste dalla legge, obliterando che ciascuna formazione, a prescindere dal suo livello, sia esso inferiore o superiore, presenta delle peculiarità che sono riferite alla necessità di fornire un’adeguata e specifica preparazione calibrata al titolo da rilasciare che, a sua volta, è intimamente collegato alla professione da svolgere. Dunque rilevano i giudici che ciò che fa la differenza è la specificità dei contenuti didattici più che il titolo di studio complessivo maturato.

Se un medico non può essere qualificato infermiere,un ingegnere come geometra, e un perito agrario come ATA…

L’applicazione generalizzata della prospettazione di parte, afferma il TAR, dovrebbe comportare, per assurdo, che un medico sia anche qualificato come infermiere, oppure che un ingegnere possa essere ritenuto anche geometra, vanificando così la specificità che ciascuno e diverso percorso di studio offre al fine di ottenere una determinata qualifica/titolo che resta, a prescindere dall’assimilabilità o, addirittura, dell’identità delle materie di studio, del tutto indipendente dalle altre. 

Affermano i giudici, pertanto, che va disattesa la tesi di parte secondo cui un perito agrario munito altresì di laurea possa essere ritenuto in possesso della specifica qualifica professionale per l’accesso al profilo di “Addetto alle aziende agrarie” (personale ATA), ai fini del quale il d.m. n. 50/2021, in attuazione di quanto previsto a monte dal CCNL, è invece previsto il possesso della diversa qualifica professionale di operatore, invero non posseduta dall’odierno ricorrente. Una questione che si può estendere ad altri contenziosi similari dove spesso a ragione o torto si lamenta l’assurdità di un sistema che non consente con un titolo di studio superiore di poter accedere a determinati profili lavorativi.

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