finanza
di Stefano Righi25 ott 2022
Chi sarà il prossimo a saltare giù dalla torre? Nei corridoi di Unicredit, al centro di piazza Gae Aulenti a Milano, è questa la domanda più ricorrente. Un anno e mezzo dopo il suo insediamento Andrea Orcel ha cambiato volto alla banca. Doveva farlo acquisendo il Monte dei Paschi di Siena prima e il Banco Bpm poi, lo ha fatto cambiando le pedine nei punti cardine del mosaico aziendale. Rispetto alla gestione di Jean Pierre Mustier, di fatto terminata due anni fa, Unicredit è un’altra banca. Come volevano gli azionisti. Anche se l’indirizzo espresso allora, al momento del cambio al vertice, era ben diverso dal risultato attuale. Le attenuanti non mancano: dalla guerra tra Russia e Ucraina all’esplosione dell’inflazione, certo è che adesso Unicredit si trova davanti all’ennesimo bivio della propria storia recente. Cosa fare da grande? La banca ha definitivamente messo alle spalle i problemi di stabilità, straordinariamente patrimonializzata com’è, ma si interroga sul proprio futuro.
Orcel, 18 mesi dopo il suo insediamento e in attesa di una grande operazione che all’orizzonte non si vede, sembra per ora intenzionato a soddisfare i legittimi interessi degli azionisti. Così da un lato la strategia di Unicredit appare chiara, ancorché senza una profonda prospettiva. I tempi sono ricchi di incertezze e Orcel si è concentrato su un rigido controllo dei costi, nessuna nuova iniziativa e una strategia volta a soddisfare l’azionista che si realizza attraverso due piani d’azione. Da un lato il sostegno al titolo che è tornato sopra quota 11 euro anche grazie a un importante piano di buy backazionario che ha rivitalizzato i corsi di Borsa, peraltro prima dell’inizio della guerra in Ucraina le valutazioni sfioravano i 16 euro e, dall’altro, il pagamento di dividendi importanti ai soci. Una vera e propria restituzione di capitale.
Sliding doors
Unicredit sta ripensando se stesso. E Orcel ha cambiato diversi manager, come capita frequentemente all’arrivo di un nuovo leader. Hanno lasciato la Tower di Piazza Gae Aulenti nomi molto noti. Come Silvio Santini,head of group brand management & digital governancee Ranieri de Marchis che addirittura guidò il gruppo nel periodo di interregno tra Mustier ed Orcel. Il capo del mercato italiano, Niccolò Ubertalli, è stato silurato all’inizio dell’estate. Recentemente si è dimesso anche il responsabile della comunicazione in Italia, Manrico Lucchi e le uscite non sembrano finite. Il responsabile dell’intero mercato tedesco, Michael Diederich, ha lasciato Unicredit per diventare cfo del Bayern di Monaco, uno dei club sportivi più importanti al mondo, partecipato da Allianz, Audi e Adidas, tutte con l’8,33 per cento del capitale. Ma ci sono anche degli arrivi. In Germania Diederich sarà sostituito dal primo marzo da Marion Hoellinger, da oltre trent’anni nel gruppo, mentre per quanto riguarda la comunicazione in Italia sembra inpole position Ferdinando Giugliano, giornalista che in passato ha lavorato per Bloomberg Opinion, Repubblica, il Financial Timese più recentemente è stato advisor per la comunicazione del presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, anche se la figura più importante in questo ambito è quella di Joanna Carss, basata a Londra, a cui fanno capo marketing, comunicazione, relazioni con gli investitori, i rapporti con i regolatori e le relazioni istituzionali, sotto al titolo di Head of stakeholder engagement.
Dinamiche
«La dinamica interna è molto rapida», dicono da Piazza Gae Aulenti. Fin troppo, secondo alcuni. E non tutte le leve sembrano rispondere alle attese. Jingle Pang, la supermanager cinese a cui Orcel ha affidato il compito di creare la nuova architettura digitale del gruppo è stata recentemente affiancata da Giovanni Damiani, con un passato in Nexi e più recentemente al Monte dei Paschi. Invece, nell’area delle risorse umane si è recentemente dimesso Angelo Carletta, mentre Barbara Cassinelli ha lasciato il suo posto nell’area comunicazione.
Il tutto, in attesa che oggi, martedì 25 ottobre il consiglio di amministrazione approvi i risultati della trimestrale al 30 settembre, che saranno presentati domani, mercoledì, non sembra ancora avere il passo che ci si aspettava al momento della sostituzione di Mustier. Certo, negli ultimi diciotto mesi il panorama di riferimento ha subito profonde variazioni. Si è passati da tassi negativi a un’inflazione al 10 per cento, con una guerra che ha fatto esplodere i costi delle materie prime, azzerando di fatto le attività nell’Est Europa. La diversificazione di mercato sembra poi pagare meno della diversificazione di mestiere e su tutto questo si riflette anche il critico fattore della governance. La prima banca italiana, Intesa Sanpaolo, l’unica confrontabile per dimensioni e ambizioni con Unicredit, su questo fronte sembra poter sfruttare un vantaggio: la presenza costruttiva delle fondazioni ex bancarie, che partendo dall’asse Milano-Torino per arrivare a Padova, Rovigo e poi Bologna, conferiscono stabilità e coerenza al disegno industriale, fattore che si fatica invece a trovare in Unicredit, dove, annacquata la presenza di Cariverona, è solo C.R. Torino a recitare un ruolo da protagonista.
Così, mentre Orcel cerca di interpretare al meglio il suo ruolo di responsabile del mercato italiano, incontrando e motivando la rete, spesso affiancato da Remo Taricani, le tensioni interne non mancano. E la stratificazione nelle competenze non agevola il suo compito. I prossimi sei mesi saranno cruciali. La prospettata recessione potrebbe pesare in modo considerevole sull’economia, gelando definitivamente la crescita post pandemica e riaprendo il faldone dei crediti inesigibili. Al contempo potrebbe riportare di attualità il tema della crescita per linee esterne.
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, 2022-10-25 09:38:00, La strategia operativa al momento appare chiara: taglio dei costi e sostegno del titolo in Borsa con operazioni di buy-back azionario per restituire capitale ai soci. In attesa del «big deal» che tarda ad arrivare, Stefano Righi