Il dibattito sul rapporto tra scuola e lavoro è un articolato complesso di posizioni, spesso contrastanti. Dalla scuola per l’impresa alla netta separazione tra i saperi e le competenze, senza considerare l’applicazione dei percorsi di alternanza, un progetto formativo che sappia fare sintesi sembra irraggiungibile.
Assume un ruolo centrale in questo dibattito la riforma degli istituti tecnici e professionali in Italia. Intervenuto durante un’iniziativa editoriale di LiberoTv, il Ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha spiegato la sua visione politica di riforma degli istituti tecnici e professionali, citando, oltre all’esigenza di promuovere l’educazione al lavoro già a partire dalle scuole elementari, i percorsi formativi previsti in Germania.
“La scuola – ha dichiarato – deve essere presidio, centro moltiplicatore dello sviluppo del territorio ed è in questo contesto che vogliamo agire, considerando anche l’educazione al lavoro come fondamentale, che deve essere appresa già dalle elementari, come dicevano tanti illustri pedagogisti dell’Ottocento e del primo Novecento. Abituare il ragazzo (ma alle elementari parliamo di bambini?, ndr) alla responsabilità e alla bellezza del lavoro, coniugare formazione con lavoro: questo è un obiettivo, una strategia che ispirerà il mio ministero”. E prosegue: “Pensate che in Germania l’80% dei ragazzi frequenta le scuole dell’istruzione tecnica e professionale, dell’apprendistato. Noi invece in Italia abbiamo il 58% dei ragazzi che frequenta i licei. Non dobbiamo poi stupirci che poi l’istruzione tecnica superiore, parallela all’Università, è stata frequentata in Italia da circa 20 mila ragazzi e in Germania da circa 900 mila”.
Questi stessi dati erano stati citati da Enrico Letta durante la campagna elettorale: Pagella Politica aveva già effettuato un fact checking a riguardo evidenziando che, sebbene i dati siano corretti, “il confronto tra i due istituti rischia di essere fuorviante”.
L’analisi del Ministro continua sul rapporto tra l’istruzione tecnica e il sistema produttivo: “l’istruzione tecnica e l’istruzione tecnica superiore sono il pilastro del sistema produttivo: le imprese chiedono qualifiche che oggi la scuola non è in grado di formare. Le imprese richiedono lavori, anche molto ben remunerati, che le famiglie non considerano quando scelgono le carriere scolastiche dei propri ragazzi”.
Cos’è previsto, attualmente, in Italia?
In linea con le raccomandazioni europee focalizzate sulla centralità di un’istruzione di qualità basata sulle competenze, in Italia sono state adottate, con la legge di Bilancio 2019, le Linee Guida relative ai Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO). Nell’ottica della Fisica di Feyman (“la separazione delle discipline è semplicemente un fatto di convenienza umana, un fatto insomma del tutto innaturale. La natura non è affatto interessata alle nostre separazioni artificiali e i fenomeni più interessanti sono quelli che rompono e travalicano le barriere tra i vari campi del sapere”), anche le Linee Guida propongono una visione olistica delle competenze chiave e trasversali individuate, tentando di garantire un collegamento tra i risultati dei percorsi di apprendimento e il mondo reale attraverso “attività orientate all’azione, per mezzo di esperienze maturate durante il corso degli studi, acquisite attraverso progetti orientati al fare e a compiti di realtà”. Particolare attenzione, inoltre, è posta sul ruolo dell’istruzione tecnica e professionale intesa come lo strumento formativo capace di fornire risposte nuove alle esigenze di innovazione.
Orientamento in itinere, attenzione alle vocazioni degli studenti, il protagonismo delle famiglie, il ruolo della scuola, degli insegnanti e dei tutor (interni ed esterni) sono i cardini su cui è fondato l’intero sistema dei PCTO. La cronaca recente, relativa agli incidenti sul lavoro in cui sono stati coinvolti degli studenti, evidenzia come siano stati disattesi i principi fondamentali dell’impianto normativo, provocando anche le accese proteste degli studenti, che ne chiedono l’abolizione in favore di una maggiore centralità della didattica integrata.
Ma in Germania come funziona?
In Germania, il rapporto tra scuola e lavoro è organizzato sulla base del cosiddetto Dualsystem (espressione ridotta per Duales Berufsausbildungssystem, ossia sistema duale di preparazione al mondo del lavoro). Quando un adolescente si iscrive a quella che in Italia è la scuola secondaria di secondo grado (liceo, istituto tecnico o professionale), è obbligato a confrontarsi con il mondo del lavoro, in base alle vocazioni personali e ai percorsi di studi intrapresi. Il sistema prevede una duplice applicazione: per i licei, gli studenti sono chiamati, in un primo momento, a effettuare delle visite in azienda accompagnati dai docenti e, in un secondo momento, a scegliere un’azienda per un percorso di praktikum (tirocinio). A garanzia di questi percorsi di integrazione tra scuola e lavoro, vi è la stretta relazione tra i docenti (deputati a effettuare anche controlli in azienda) e i tutor aziendali. Negli istituti tecnici e professionali, invece, il rapporto è quasi ribaltato: lo studente che intende avviare un percorso di formazione tecnica o professionale viene indirizzato dalla scuola presso le aziende del distretto scolastico, le quali stipulano, prima ancora di iniziare il percorso scolastico, un contratto di formazione con l’accredito della scuola stessa. Contratto alla mano, ci si può iscrivere a scuola e iniziare le lezioni che si svolgono “a blocchi”: tre settimane intensive presso la scuola e tre settimane di lavoro (con regolare contratto di apprendista, il cosiddetto auszubildender) presso l’azienda, e così via. Alla fine del corso (generalmente di durata triennale), lo studente sostiene un esame finale. Non è raro che le aziende presso cui si è svolto il percorso di apprendista decidano di confermare lo studente anche dopo aver superato l’esame finale.
Le differenze tra Italia e Germania
Una delle principali differenze tra il sistema di alternanza scuola-lavoro italiano e il sistema duale tedesco risiede nei tempi e nei modi di accesso. In Germania, l’esperienza professionale è legata a una scelta dello studente, che avviene in un momento in cui deve ancora completare il suo percorso di studi. In questo senso, dunque, la scelta si realizza nella prospettiva di definizione del percorso di formazione. In Italia, invece, l’esperienza si svolge durante un percorso di studi già avviato e consolidato. Inoltre, bisogna sottolineare come, in Germania, si acceda al cosiddetto sistema duale rivolgendosi direttamente all’azienda di proprio interesse e non tramite la scuola. Tutto il percorso, dal punto di vista amministrativo e dei controlli, viene, poi, seguito dal corrispettivo tedesco della nostra camera di commercio.
Un altro aspetto non è secondario: in Germania, l’obiettivo è insegnare un determinato mestiere, mentre, in Italia, il focus riguarda la conoscenza del mondo del lavoro, “abituare il ragazzo – citando nuovamente l’espressione del Ministro Valditara – alla bellezza e alla responsabilità del lavoro”. Ciò si lega anche alla questione retributiva: in Germania, infatti, è prevista una retribuzione per il lavoro che si svolge in azienda anche durante il periodo di formazione; in Italia, no.
Infine, non è da sottovalutare la differente organizzazione del sistema produttivo che, in Italia, si fonda sulla piccola e media impresa.
, 2022-11-23 07:33:00, Il dibattito sul rapporto tra scuola e lavoro è un articolato complesso di posizioni, spesso contrastanti. Dalla scuola per l’impresa alla netta separazione tra i saperi e le competenze, senza considerare l’applicazione dei percorsi di alternanza, un progetto formativo che sappia fare sintesi sembra irraggiungibile.
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