di Stefania Ulivi
L’attore tra i protagonisti impegnati nella battaglia per giusti compensi:
«Quelli previsti dalle norme europee sul copyright, i nostri sono penalizzati»
«Gli attori non chiedono soldi allo Stato ma ai broadcaster che sfruttano le loro opere, come previsto dalla normativa europea su cui l’Italia sconta anni di ritardo». Mercoledì pomeriggio Valerio Mastandrea era solo virtualmente alla Casa del Cinema per la chiamata a raccolta «Gli attori italiani valgono zero virgola» organizzata da Artisti 7607 e Associazione Unita, al fianco di tanti suoi colleghi — Elio Germano, Paolo Calabresi, Neri Marcoré — ma è tra quelli che in questa battaglia vuole metterci la faccia. «È importante far capire che non si tratta di una protesta ma di una mobilitazione, in cui è giusto che i più conosciuti e visibili tra noi si espongano. È una richiesta di attenzione che rivolgiamo alle istituzioni — Ministero della cultura e AgCom — perché si arrivi alla giusta tutela in tema di sfruttamento da parte degli utilizzatori delle immagini e dei diritti. Il tutto in un momento in cui la fruizione dell’audiovisivo diventa sempre più compulsiva mentre, al contrario, la quota che arriva all’attore resta irrisoria». Mai superiore allo 0,2%.
Una questione complessa quella dell’estensione del diritto d’autore, attraverso i cosiddetti diritti connessi, agli interpreti di cinema e tv. In cui si intrecciano ragioni storiche, ritardi, conflitti. «Gli Stati membri provvedono a che gli artisti abbiano il diritto di ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata», prevede la normativa europea sul copyright. «Il nostro — aggiunge l’attrice Cinzia Mascoli — è un lavoro saltuario, ogni volta che l’opera viene riutilizzata produce un valore che deve essere in parte distribuito tra chi ne ha diritto». Ma mentre nella musica già dal 1975, quattordici anni dopo la prima legislazione europea in materia, è stata stabilità una percentuale intorno al 2%, destinata metà agli artisti e metà ai produttori, nel caso dell’audiovisivo è mancata una chiara definizione. Il risultato è che gli attori italiani sono meno tutelati di quelli europei. Continua Mascoli: «Per fare un esempio, in Spagna ci sono 46 milioni di abitanti, un quarto in meno di noi, ma 10 milioni di euro in più di diritti connessi per gli artisti interpreti esecutori». Per la partecipazione a un’ipotetica serie tv, a parità di condizioni, un attore spagnolo riceverebbe di diritti una quota superiore al collega italiano. «Con il decreto legislativo 177 del 2021 che recepisce in pieno le norme europee abbiamo un’occasione da non perdere. Ma servono in tempi rapidi i regolamenti attuativi». La diffusione delle piattaforme, si sottolinea, ha amplificato il problema. «Non ci danno i dati aggiornati sullo sfruttamento delle opere e dei ricavi generati. Come si fa a calcolare quanto incide l’artista?».
Il diritto d’autore, fa notare Mastandrea «sembra una formula asettica, dietro c’è anche il lavoro di tanti che aspettano tutela». Dopo l’incontro alla Casa del cinema molti artisti hanno firmato una lettera aperta al ministro della cultura e al presidente dell’AgCom. «Spero che arrivi una risposta politica, istituzionale — dice Mastandrea —. E mi auguro che questa sia l’occasione per affrontare le problematiche legate a questo settore molto difficile da comprendere. Spero si capisca che questa non è una battaglia di categoria ma che parte dagli attori per aprire una riflessione profonda sui cambiamenti in corso a una velocità impressionante». Cambiamenti accelerati dalla pandemia ma, avverte l’attore, «già in corso prima. Mi sembra che il silenzio sulla crisi delle sale sia rivelatore. Spero di no ma andiamo verso una lenta omologazione dei contenuti. Se prima il referente dei gusti del pubblico, come si diceva, era la casalinga di Voghera, ora rischia di diventarlo l’algoritmo. È bene essere consapevoli dei meccanismi in atto e avere strumenti, anche economici, per affrontarli». Da protagonisti, non spettatori.
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22 aprile 2022 (modifica il 22 aprile 2022 | 16:35)
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, 2022-04-22 14:35:00, L’attore tra i protagonisti impegnati nella battaglia per giusti compensi: «Quelli previsti dalle norme europee sul copyright, i nostri sono penalizzati», Stefania Ulivi