di Ferruccio Pinotti
Le confessioni del filosofo a margine delle vicende giudiziarie: «Quella volta che Bergoglio non si presentò alla conferenza e mi scrisse: “Scusa, mi hanno fatto pontefice”. Dopo di lui la Chiesa non sarà più la stessa, scriverò un libro su questo. Dovevo sposarmi con Gianna Recchi, poi divenne moglie di Gabetti»
La parola è flebile e impercettibile, il corpo abbandonato su una sedia a rotelle, lo sguardo è quello basso e mesto di chi si è arreso alla difficile condizione dell’anziano intellettuale che sente la propria decadenza e che non ha più voglia di combattere. È questa la condizione del professor Gianni Vattimo, 86 anni, esimio filosofo torinese, reduce da una «vittoria« in Cassazione contro chi — la Procura di Torino, impegnata in un processo per circonvenzione di incapace contro il suo giovane compagno di colore Simone Caminada — voleva costringerlo alla amministrazione di sostegno. Vattimo, l’inventore di una corrente laica come il «pensiero debole» — caratterizzata dalla critica a numerosi presupposti fondanti della filosofia classica nel più ampio contesto del relativismo — è parso in questi ultimi tempi riavvicinarsi al cristianesimo: in un momento critico come questo, fatto di guerre, di nazionalismi e “pensieri forti”, accetta di parlare a ruota libera di vari temi pubblici e privati con il Corriere, a margine della sentenza. E le sue parole a sorpresa, vertono sulla figura di Papa Francesco.
L’amicizia con il Pontefice, la guerra, la “Fratelli Tutti”
«Il mio giudizio su Papa Francesco? È molto positivo, così come è molto positiva la valutazione della sua enciclica Fratelli Tutti, alla quale sto dedicando il mio prossimo libro, “Fratelli Tutti?”, edito da Castelvecchi e in uscita a settembre, spero. Si tratta di un lavoro fatto insieme alla Georgetown University, con la Civiltà Cattolica di Roma e con il caro amico collega Antonio Cecere, in cui si parla anche del Documento di Abu Dhabi sulla Fratellanza Umana del 2019 firmato da Francesco con un grande Imam oltre che di Fratelli Tutti, perché offrono a credenti e non credenti strumenti di riflessione e discernimento», esordisce Vattimo con un filo di voce. «Seppure l’origine dell’Enciclica è necessariamente la fede cristiana, essa apre a una riflessione a tutto campo sui problemi del nostro tempo. Un cristianesimo critico non solo nei confronti della politica, dell’economia, della comunicazione, dell’ambiente, ma anche nei confronti di se stesso. Un cristianesimo capace di interrogarsi e di porre domande più che offrire risposte preconfezionate e, proprio per questo, capace di chiamare ciascun essere umano a prendere posizione in modo consapevole. Quindi ammiro Francesco, anche se sulla guerra in Ucraina mi piacerebbe vedere un suo intervento più incisivo».
Le sintonie di Francesco con il «pensiero debole»
Vattimo, allievo del filosofo cattolico Luigi Pareyson, vede delle sintonie forti tra il magistero di Francesco e il suo «pensiero debole» che si è sempre opposto agli assolutismi, filosofici e non. «Il Pontefice secondo me è debolista per natura perché riflette in maniera aperta sui grandi temi come la migrazione, l’omosessualità, le periferie, ponendo e ponendosi domande senza però dare, diciamo, la Verità con la V maiuscola. Bisogna accogliere in modo consapevole e responsabile l’invito di Papa Francesco a confortarsi sui tanti temi del nostro tempo con lo scopo di stimolare riflessioni costruttive».
Un rapporto personale forte
Vattimo rivela che tra lui e Francesco esiste un rapporto personale forte. «La mia conoscenza con il Pontefice — che è mio coetaneo, anche lui è del 1936 — risale a quasi dieci anni fa, al 2013, quando era ancora Cardinale. Le rivelo un fatto inedito: nel 2013 dovevo incontrare il Cardinale ad un convegno in Argentina, ma accadde che lui fu in quei giorni chiamato in conclave ed eletto Papa. Quindi lui volava verso Roma per divenire Papa mentre io volavo in Argentina. Una volta nominato Pontefice mi fece arrivare un bel messaggio simpatico, da un amico comune: “Chiedo scusa al professor Vattimo per non aver potuto essere alla conferenza, ma mi han fatto Papa”. Poi ci siamo visti successivamente, in varie udienze private. E il nostro dialogo continua. Tra l’altro, oltre a “Fratelli Tutti?” c’è con il mio assistente Simone Caminada un nuovo libro in programmazione sulla Chiesa dopo Francesco, che inevitabilmente non sarà più la stessa».
La mancanza di un figlio
Vattimo ha vissuto una vita intensa, fatta di tanti rapporti. Rifiuta le etichette e le categorizzazioni facili: «Pensi che da giovane dovevo sposarmi con Gianna Recchi, appartenente alla ricchissima dinastia dei costruttori torinesi, poi divenuta moglie di Gabetti, ma consegna al Corriere una confessione personale: «Mi manca molto un figlio biologico, questo sì lo ammetto. Ora sarebbe grande e potrebbe essermi vicino. Ma con Simone io mi sento come se avessi un vero figlio e comunque lui mi è sempre stato vicino ed è premuroso e attento ad ogni cosa per il mio bene. A me questo basta». La mestizia nel suo sguardo sembra dire che la verità è più complessa, ma va bene così.
6 giugno 2022 (modifica il 6 giugno 2022 | 11:02)
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, 2022-06-06 11:12:00, Le confessioni del filosofo a margine delle vicende giudiziarie: «Quella volta che Bergoglio non si presentò alla conferenza e mi scrisse: “Scusa, mi hanno fatto pontefice”. Dopo di lui la Chiesa non sarà più la stessa, scriverò un libro su questo. Dovevo sposarmi con Gianna Recchi, poi divenne moglie di Gabetti», Ferruccio Pinotti