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di Marco Imarisio
Perch il ministro della Difesa ha parlato di una vendetta? E perch ha dettagliato, con enorme cura, la tipologia di arma usata?
Poco importano le reazioni dubbiose o ironiche dell’Occidente e anche di qualche alleato riluttante come l’India. Poco importa se il resto del mondo ha bollato l’attacco di una sconosciuta organizzazione russa che sostiene l’Ucraina avvenuto la scorsa settimana nella regione di Bryansk come un possibile esempio di false flag, termine che in gergo militare indica una operazione commessa per gettare la colpa su qualcun altro.
Tutto questo non conta pi da tempo.
Nel mondo ormai ripiegato su s stesso della Russia di oggi e di chi la governa, l’unica moneta corrente quella che viene battuta sul mercato interno. E se, come sempre stato, i fatti di Bryansk vengono raccontati alla stregua di un grande attacco sul suolo patrio, tali da prevedere addirittura un cambio di programma nell’agenda del presidente e la convocazione su due piedi del Consiglio di sicurezza, se la propaganda televisiva li descrive come una minaccia che grava sull’intero Paese, ebbene la reazione deve essere almeno pari o superiore. Alla loro percezione, non alla reale entit dell’accaduto, qualunque sia la verit sul commando che avrebbe preso di mira alcuni cittadini nella regione confinante con l’Ucraina.
qualcosa che fa parte del tacito contratto sociale che Putin ha siglato o imposto ai suoi cittadini.
In Russia, il concetto di Stato significa solo due cose. Il potere, e il territorio. E sono entrambi sacri.
Devono essere inviolabili, perch un popolo che ha poco deve sentirsi almeno parte di un Paese glorioso e inattaccabile, guidato da un leader dalla mano salda, che reagisce prontamente a qualunque insidia lambisca la propria patria.
Se non lo fa, perde lo status di Zar con la zeta maiuscola, si scalfisce la sua immagine.
I bombardamenti a tappeto di questa notte potevano essere interpretati come la prosecuzione di una strategia ormai ben definita. Con cadenza pi o meno mensile, l’aviazione russa cerca di disarticolare le infrastrutture essenziali ucraine, a cominciare dalle centrali elettriche, facendo ricorso a queste dimostrazioni di forza aerea tese anche a demoralizzare il nemico. Anche l’ultimo attacco dal cielo avrebbe potuto rientrare in questa categoria.
Invece, il ministero della Difesa ha sentito la necessit di rivendicare l’attacco, e forse la sua maggiore violenza, non come una operazione di routine, e di motivarlo usando nel comunicato una parola russa che significa al tempo stesso vendetta e punizione, in risposta all’atto terroristico nella regione di Bryansk .
L’unico precedente quello del bombardamento, ancora pi violento che segu l’attentato al ponte di Crimea. Un riflesso evidente dell’intenzione di mostrare la risolutezza del Cremlino nel proteggere il suolo russo si intravede anche nell’abbondanza inusuale di aggettivi che accompagnano la descrizione del raid fatta dal ministero della Difesa.
Armi di alta precisione, missili di grande gittata, colpiti elementi chiave, per finire con la precisazione dell’avvenuto utilizzo dei missili ipersonici Kinzhal, come noto capaci di raggiungere una velocit cinque volte superiore a quella del suono e in quanto tali difficili da intercettare.
Un altro messaggio implicito: non badiamo a spese quando c’ da rivendicare l’onore vilipeso della patria.
Pu sembrare elementare, quasi un riflesso condizionato. Ma se nel Pantheon zarista di Putin rimangono ormai solo i dipinti di Ivan il Terribile, Pietro il Grande e Caterina II, il filo che lo lega a questi tre personaggi storici l’esercizio della forza pura che sta alle origini del potere russo.
Davanti ai suoi cittadini e alle minacce incombenti su di loro, che siano reali o meno un dettaglio, non pu mostrarsi debole. E deve battere con forza il pugno. Sono le sue regole del gioco, non da ieri. E in Russia continuano a funzionare.
9 marzo 2023 (modifica il 9 marzo 2023 | 15:45)
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