Per aiutare gli insegnanti, ancor di più, gli insegnati di sostegno, a imparare a creare empatia tra gli attori del contesto scuola o classe e le comunità scolastiche nelle quali operano (a creare il metodo empatico nella dimensione educativa e relazionale, in altre parole), esamineremo, qui, alcune ricerche esistenti sull’empatia, sviluppate non solo presso le scuole nelle quali ho personalmente operato ma, più generalmente parlando, ma più diffusamente nei contesti formativi ed educativi tutti. Esamineremo, inoltre, le strategie dei programmi pedagogici e scolastici che promuovono l’empatia anche servendoci di modelli già adottati e di sperimentazioni in atto o già concluse a cui è utile fare riferimento e dai quali è proficuo adottare le buone pratiche.
Non serve “mettersi nei panni di qualcun altro”
Le ricerche hanno dimostrato, ma anche l’esperienza personale, che c’è di più nello sviluppo dell’empatia che richiedere, in modo assolutamente poco efficace, agli studenti della propria classe, di un gruppo, di, e qui si utilizza una espressione spesso ricorrente tra gli insegnanti, “mettersi nei panni di qualcun altro”. Come se fosse possibile sostituirsi, nella molteplicità delle caratterizzazioni e peculiarità di altra persona o, in classe, di altro compagno. Cercheremo di elencare i passaggi che è possibile o sarebbe auspicabile intraprendere per determinare (promuovere e costruire) una vera empatia negli e tra gli studenti di una classe o di un gruppo e nella comunità nella quale si vive e si opera. È necessario, inutile ribadirlo, in questa società profondamente distratta, essere da supporto, pedagogico e metodologico, alle scuole primarie e secondarie nella creazione di comunità scolastiche forti e premurose. Prima di tutto, però, capendo compiutamente cosa è l’empatia e costruendo, a partire da ciò, percorsi adeguati. Ma sappiamo veramente essere empatici? Come?
Capire l’empatia come? È necessario prendersi cura di loro e valorizzarli
La parola empatia è molto usata, ma cosa significa veramente? La usiamo in ogni contesto e ripetiamo costantemente “sono empatico”, “provo empatia per quel mio compagno”, “reagisco empaticamente ai dolori e alle gioie dei miei alunni”. Ma basta affermare ciò? Cosa serve davvero e quale ruolo hanno i pedagogisti e gli insegnanti in una comunità educante e, più in generale parlando, in un contesto nel quale interagiscono, insieme agli alunni, i genitori e i numerosissimi attori sociali con i quali i nostri alunni istaurano relazioni? L’empatia è una risposta preoccupata ai sentimenti di un’altra persona. Dunque, prima componente indispensabile, potremmo dire, è la “preoccupazione”. Scrive Elena Mignosi «La motivazione non solo al prendersi cura dei bambini piccoli, ma anche ad interagire significativamente con loro ha, negli adulti, ragioni biologiche e psicoemotive: la “situazione di bisogno”, la fragilità e la dipendenza dei piccoli, attivano, infatti, l’empatia e la capacità di risonanza e di accettazione emozionale. D’altro canto, il bambino può costituire uno stimolo gratificante che promuove, in chi interagisce con lui, un’esperienza soggettiva di piacere».
L’empatia, infatti, in primis, implica il pensiero, il sentimento e una reazione fisica
L’empatia, infatti, in primis, implica il pensiero, il sentimento e persino una reazione fisica che i nostri corpi hanno nei confronti delle altre persone quando ci relazioniamo con loro e quando proviamo a comprendere, diciamo pienamente, “come si sentono”. Per avere empatia, dobbiamo, dunque, notare e comprendere i sentimenti degli altri, ma non è sufficiente questo. Non è solo questa la condizione che ci permette di essere empatici davvero. Ed è qui che subentra un altro elemento che non possiamo trascurare o non possiamo ritenere marginale. Dobbiamo anche prenderci cura di loro e dobbiamo pienamente e formalmente valorizzarli. Beh, in questo caso le parole del caso, servono a poco. Il dire termini, più o meno aulici, per circostanza in moltissimi casi, produce pochissima empatia. E, per la verità, non la possiamo ritenere determinante in un approccio empatico con qualsivoglia alunno con il quale si istaura un rapporto educativo, anche se privilegiato. Se consideriamo, anche i truffatori, gli stessi torturatori, sono molto bravi a cogliere le prospettive degli altri, ma non provano empatia per loro. Anzi.
Costruire empatia perché non sempre si sviluppa da sola
I bambini, gli adolescenti, i ragazzi, i nostri alunni (noi stessi, talvolta) hanno evidentemente la capacità di provare empatia, ma ciò non vuol dire, assolutamente, che sono totalmente in grado di determinarle (di svilupparla, potremmo dire) da soli. I nostri figli, i nostri studenti, sono bravissimi ad imparare a notare, ad imparare ad ascoltare e a imparare a prendersi cura degli altri solo guardando e ascoltando gli adulti e i loro stessi coetanei. Essi prendono spunti da queste persone sul perché l’empatia è importante. Tutti gli adulti della scuola – insegnanti, personale tecnico e ausiliario, gli stessi autisti di autobus, gli addetti alla mensa, i dirigenti scolastici e altri molteplici ancora – svolgono un ruolo importante, talvolta, insostituibile, nell’aiutare gli studenti a sviluppare e a mostrare l’empatia, cosa è l’empatia, il manifestarsi dell’empatia. Un ruolo che gli adulti della scuola possono svolgere, ed è per questo che è a loro, a noi stessi, che dobbiamo dirigere il nostro particolare interesse quando parliamo di empatia, è aiutare gli studenti a espandere la cerchia di interesse.
Costruire una comunità scolastica
Solitamente, gli esseri umani sono in maggior misura inclini a provare più empatia per quelle persone, donne o uomini che siano, che sono simili a loro o per coloro che, per numerosissime ragioni, sono molto vicini a loro, ai loro interessi, ai loro gusti, alle loro idee e ai loro modi di guardare la realtà. Ma quando si tratta di costruire una comunità scolastica e sviluppare studenti premurosi, questo non basta. Nelle comunità scolastiche forti, gli studenti (e gli adulti) provano empatia per tutti, compresi coloro che sono diversi per background, credenze, sesso, provenienza, etnia, colore, capacità economica, cultura o altri aspetti. Quando gli educatori, gli insegnanti, dimostrano di prendersi cura di tutti nella comunità scolastica e si aspettano che gli studenti facciano lo stesso, possono aiutare gli studenti ad aprire gli occhi e le orecchie agli altri, compresi quelli che a volte sono trattati come invisibili. Sì, perché inutile nasconderlo, la mancanza di capacità empatiche ha determinato, determina e determinerà, nelle scuole e in ogni piccola o grande comunità (anche nelle famiglie, per verità), una folta schiera di invisibili.
UdA per la Primaria “Viaggio negli stati d’animo, alla scoperta del pianeta bambino”
L’Unità di Apprendimento per la Primaria “Viaggio negli stati d’animo, alla scoperta del pianeta bambino”, realizzato dai bravissimi docenti di scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo Gualdo Tadino (PG), diretto brillantemente dal dirigente scolastico Prof.ssa Angela Codignoni, invita gli alunni ad intraprendere un percorso strutturato che li porterà alla scoperta e alla conoscenza delle emozioni provate e fruite in attività espressive di ascolto, verbalizzazione, arte, musica e movimento realizzando dei lavori la cui ricomposizione in forma di libro, rappresenterà il racconto di un VIAGGIO INTERIORE. Al termine dei laboratori, le docenti propongono ad ogni alunno di ripetere l’esperienza nella costruzione del Libro delle emozioni” lavorando con il proprio materiale prodotto in itinere.
25.06.2023 – allegato scuola Primaria – UDA Costruiamo un LIBRO sulle emozioni
, L’articolo originale è stato pubblicato da, https://www.orizzontescuola.it/viaggio-negli-stati-danimo-alla-scoperta-del-pianeta-bambino-il-ruolo-degli-insegnanti-di-sostegno-e-la-valorizzazione-degli-alunni-in-allegato-unuda-per-la-prima/, Didattica,Educazione emotiva, https://www.orizzontescuola.it/feed/, Antonio Fundarò,