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Ha oltre 900mila follower su TikTok, quasi 650mila su Instagram. E’ riuscito a portare la scuola sui social per parlare con più facilità a tutti quei ragazzi difficili da catturare in presenza. Parliamo di Vincenzo Schettini, il prof de La Fisica Che Ci Piace che sta spopolando sui social, ma anche offline (è recentemente uscito con successo il suo libro “La Fisica Che Ci Piace”). E’ un fisico, un musicista, un prof influencer. Le due anime, quella artistica e quella scientifica, si sono fuse con l’idea di trasformare la fisica in vero e proprio intrattenimento. A Tuttoscuola ha raccontato come ci è riuscito.
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Dicono che la scuola non sia “Pop”, anzi, da tanti è proprio ritenuta un argomento noioso. Eppure lei, che la scuola l’ha portata su TikTok, ha superato i 900mila follower… Ce lo deve spiegare: come ha fatto?
“Questa operazione è nata dal fatto che ho capito che la scuola poteva diventare “pop”. Perché la scuola è un bell’ambiente. Io quando studiavo avevo dei docenti “pop”. Erano pochi, ma erano “pop”. Questa è stata la prima intuizione: che la scuola è un ambiente bello in cui si può fare bene e in maniera efficace. La seconda cosa che ha attirato la mia attenzione sono stati proprio i social e il ruolo che avrebbero avuto in futuro. Se pensate a 10 anni fa vi ricorderete che all’epoca qualcuno iniziava ad aprirsi l’account Facebook. Pensate ad oggi: tutti hanno molto account e stanno sempre con il cellulare. A un certo punto ho capito che la scuola sarebbe diventata la nuova televisione e questo mi ha convinto a iniziare a fare lezione sui social, oltre che a scuola”.
TikTok è il social della GenZ, il suo funzionamento non è proprio immediato per gli adulti e il rischio di finire etichettati come Boomer è sempre dietro l’angolo… Starci è un modo per parlare a quei ragazzi che fisicamente, carne e ossa, sono diventati difficili da raggiungere?
“Sì, sicuramente. Così come per la mia generazione il modo per parlare a noi era la serata in pizzeria o l’atrio della scuola, mentre mangiavamo un panino e si fermava con noi qualche insegnante, adesso sono i social. E non dobbiamo dire “ahimè”, non dobbiamo pensare che sia un cambio negativo. E’ un cambio. Avverrà un altro cambio fra vent’anni, è così e basta”.
Meglio insegnare in presenza o online?
“E’ sempre bellissimo. Io mi trovo bene sia con i miei studenti in presenza, sia quando faccio lezione online. Per quanto mi riguarda ho un feeling particolare con le lezioni online, onestamente”.
Cosa dicono i suoi studenti?
“I miei studenti sono contenti. Quando finisco di fare lezione spesso si avvicinano con il libro o con il telefonino e vogliono un saluto per la mamma, per il papà, per la zia… E’ bello. Loro sono contenti, sono felici. Io da parte mia non sento di essere cambiato nei confronti delle mie classi. Ho meno classi, quello sì, sono in un part time di 6 ore…”.
Quali sono secondo lei i limiti della scuola italiana?
“Il limite principale è la gestione dall’alto. Nonostante le scuole abbiamo ormai la cosiddetta autonomia e potrebbero tecnicamente muoversi per conto loro, c’è sempre una certa centralizzazione in quello che si fa che si riversa, di conseguenza, sui professori. Altro limite grosso è che quella che avevamo chiamato “dematerializzazione” non credo sia davvero avvenuta. Vorrei capire una cosa: perché abbiamo la PEC, a che serve averla se non la usiamo per firmare a distanza? A che serve aver imparato a fare le riunioni a distanza durante la pandemia, se ora abbiamo smesso? La scuola continua a mostrare gli stessi limiti che mostrava 30 anni fa, ma con la differenza che oggi abbiamo il computer, lo smartphone e i tablet che ci permetterebbero di fare a distanza il 90% delle attività che continuiamo a fare in presenza. Io mi chiedo qui, oggi con Tuttoscuola: perché? Perché ci avete fatto fare la firma digitale se non possiamo utilizzarla? Tutta questa tecnologia serve solo ai ragazzi, ma non a noi. Questi sono solo alcuni dei limiti…”.
Uno dei limiti, glielo diciamo noi, è ancora la resistenza di tanti docenti di fronte al digitale… Cosa consiglierebbe a tutti questi insegnanti?
“Io non credo che ci sia questa resistenza. Mi spiego meglio: io i colleghi li conosco molto bene… Con la pandemia ci siamo dati da fare tantissimo. E’ grazie a noi docenti che la scuola è andata avanti. Dopo la pandemia i docenti hanno continuato a mostrare grande curiosità nei confronti del digitale. Quindi, più che “resistenza” dei docenti, c’è il fatto che molti si stiano ancora orientando, stiano cercando di capire cosa utilizzare del digitale, oppure cosa non utilizzare, perché c’è un’offerta grandissima e in testa può esserci anche una grande confusione. Io non vedo da parte dei colleghi una “resistenza”. Certo, c’è ancora una piccola parte di insegnanti che è convinta che il digitale non debba essere utilizzato, ma è un parte molto piccola…”.
Per lei la scuola del futuro è…?
“Per me la scuola del futuro è il docente libero, libero proprio da contratto, libero come me di andare in part time e decidere di lavorare anche online. Libero di decidere di lavorare un po’ in una scuola, un po’ in un’altra. Libero di muoversi. Vedo la figura del docente super libera. Vedo anche le classi slegate da questo meccanismo di cambio continuo delle lezioni che funzionava bene negli anni Settanta. Durante un convegno ho sentito parlare di come la figura di Leonardo fosse poliedrica. Mi sono chiesto: perché Leonardo era poliedrico? Dobbiamo rifletterci. Era poliedrico perché Leonardo faceva, usava le mani. Da quel “fare” si è incuriosito nei confronti di tanti campi, di tante materie. Se la scuola iniziasse a diventare questo, più laboratoriale, se permettesse ai ragazzi di ruotare (non ai docenti che oggi devono sempre stare dietro all’orologio), se cambiasse questo modo di fruire la scuola, cambierebbe totalmente il modo di imparare dei ragazzi. Oggi i ragazzi hanno una mente molto più aperta rispetto a prima. Se ai ragazzi gli fai fare contemporaneamente quattro percorsi di sapere, STEM, umanistico, linguistico e artistico (io aggiungerei anche le discipline fisiche), i ragazzi riescono a camminare parallelamente su tutti i percorsi. Sono molto più veloci di noi. Siamo noi ad essere lenti, ma non è colpa degli insegnanti che stanno facendo di tutto per adattarsi, per cambiare, per infilarsi nelle nuove tecnologie… Sto provando a dare voce a una scuola che era “polverosa”, a togliere un po’ di questa polvere. E’ questo quello che sogno per il futuro”.
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