Una vita in gabbia tra dolori e sofferenze: così le volpi in allevamento attendono di diventare pellicce. Ma lEuropa si muove per cambiare

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di Alessandro Sala

Le immagini di un’investigazione di Essere Animali raccontano la tragica esistenza degli animali in un allevamento. Un milione e mezzo di cittadini ha gi sottoscritto l’Ice che chiede alla Ue di vietare queste pratiche in tutto il territorio. In 18 Stati, tra cui l’Italia, gi cos

Si pu cercare di lavorare solo di immaginazione. Provare a vedersi come una volpe. Ma togliersi subito dalla mente boschi, praterie, paesaggi rocciosi, cunicoli scavati nel terreno. Ampi spazi e spostamenti di chilometri. Vita sociale, vita riproduttiva. Occorre invece ragionare di uno spazio angusto: un parallelepipedo di poche decine di centimetri di lunghezza, ancora meno di larghezza e circa mezzo metro di altezza, delimitato su ogni lato da un reticolato metallico, compreso quello che fa da pavimento. Uno spazio che l’intero mondo e l’intera esistenza, nel senso che da l dentro non si uscir mai. Se non una volta, una soltanto. Per andare a morire.

Come se questo non fosse a sufficienza, bisogna pensare a questa gabbia-universo collocata in un capannone dove tante altre gabbie sono affiancate le une alle altre, in condizioni igieniche tutte da verificare, dove si percepiscono la tensione e la paura dei compagni di sventura che stanno negli altri cubicoli. L dentro il cibo non entrer mai veramente: verr appoggiato su un piano inclinato attaccato alla rete e potr essere recuperato infilando la lingua e i denti tra un riquadro e l’altro della maglia di ferro.

Ma se l’immaginazione da sola non basta, allora si pu dare un’occhiata alle immagini girate dal nucleo investigativo di Essere Animali, associazione italiana in prima linea nella battaglia per il benessere di tutti gli animali, che nei giorni scorsi penetrata all’interno di un allevamento in Polonia per documentare le condizioni di detenzione delle volpi.

Sono immagini forti e anche disturbanti. La fotocamera indugia sui musi impauriti dei piccoli mammiferi. Alcuni di loro, raccontano gli attivisti, avevano comportamenti ossessivo compulsivi, giravano in cerchio nel ristretto spazio della gabbia, finendo con lo sbattere pi volte contro le pareti metalliche. Il reticolato della base impedisce loro di avere una postura naturale e provoca dolore continuo e ferite alle zampe. Ferite e ascessi possono svilupparsi anche alla bocca, a causa del continuo sfregamento con le sbarrette di ferro mentre si cerca di agguantare piccoli pezzi di cibo. Uno degli animali filmato durante l’incursione notturna mostrava segni evidenti di gengivite iperplastica. Questa malattia ereditaria e genetica, e colpisce in particolare le volpi selezionate per la produzione di pellicce – spiega l’associazione -. E peggiora le loro condizioni di salute a causa della vita malsana negli allevamenti. In alcuni casi si aggrava a tal punto da provocare l’abbattimento prematuro degli animali.

Si tratta di un singolo allevamento e non pu essere preso come paradigma di tutti gli allevamenti di pellicce, anche se i gruppi animalisti sostengono che gli standard siano generalmente molto bassi. Ma uno dei tanti casi che evidenziano il mancato rispetto dei bisogni naturali degli animali, documentato in tante investigazioni in incognito di Essere Animali e di altre associazioni animaliste e ambientaliste italiane e internazionali.

Una situazione considerata inaccettabile nell’Unione Europea, considerando che molti Paesi europei, 18 tra cui l’Italia, hanno gi vietato o reso di fatto non attuabile l’allevamento di animali da pelliccia — una forte spinta arrivata nel periodo della pandemia, quando diversi allevamenti di visoni divennero focolai del coronavirus — e considerando l’elevata sensibilit sul tema da parte della maggioranza dei cittadini. Come dimostra la campagna Fur Free Europe, promossa da oltre 60 associazioni in 23 Stati membri, che in poco pi di nove mesi ha gi raccolto pi di un milione e mezzo di firme a sostegno di un’Iniziativa dei cittadini europei (l’acronimo Ice ed una sorta di legge di iniziativa popolare), che chiede alla Ue il superamento di questo sistema. L’Unione Europea ha gi bandito sul proprio territorio la produzione e la vendita di alcuni tipi di pellicce, come quelle di cane e gatto o quelle di foca e di cane procione, e sta lavorando su una revisione globale delle norme che riguardano l’allevamento degli animali da reddito, per garantire condizioni di benessere maggiore a quelli che sono pur sempre esseri senzienti, seppur destinati a diventare cibo o pellame. I singoli Stati hanno in molti casi gi fatto la loro parte e alcune nazioni in cui gli allevamenti sono ancora permessi hanno avviato un dibattito interno in materia. Insomma, un’onda che procede anche motu proprio ma che incontra ancora qualche sacca di resistenza, soprattutto in nazioni dell’Est (tra cui appunto la Polonia, la nazione che pi di altre alleva visoni per la produzione di pellicce e la seconda, dopo la Finlandia, per l’allevamento di volpi) e in Portogallo. Di qui l’iniziativa dal basso per accelerare la svolta.

La raccolta di firme continua, anche se quelle gi messe da parte, se validate, vanno ben oltre il quorum del milione richiesto dall’iter. L’obiettivo provare a raggiungere quota 2 milioni, cifra che ne farebbe l’Ice pi sostenuta di sempre, affinch il messaggio arrivi con pi forza alle istituzioni di Bruxelles. La procedura prevede come passo successivo che i temi sollevati vengano illustrati dinnanzi alla Commissione e all’Europarlamento che provvederanno poi ad affrontare la materia dal punto di vista legislativo. Va tra l’altro ricordato che in contemporanea gi in fase avanzata una seconda Ice, anche questa sostenuta da decine di associazioni in diverse nazioni, per il superamento del sistema delle gabbie negli allevamenti di ogni genere, anche quelli di animali destinati alla produzione alimentare (una legge in tal senso era stata annunciata dalla commissaria Stella Kyriakides entro l’anno in corso). A supporto di entrambe le campagne si sono mosse diverse personalit e comitati scientifici di alto livello (uno degli appelli ha avuto come punta di diamante la scienziata britannica Jane Goodall), oltre a diverse aziende dell’agroalimentare. E nel caso delle pellicce la stessa industria della moda sta favorendo il cambio di rotta con sempre pi marchi e maison che hanno gi rinunciato ad utilizzarle per le proprie collezioni, dando anzi enfasi alla loro decisione e invitando tutto il settore a cambiare rotta.

Non solo una questione di etica, per le condizioni di costrizione e per il destino degli animali segnato fin dal momento della nascita. Gli allevamenti di animali selvatici sono considerati anche un elemento di rischio per la biodiversit: molte specie allevate per le pellicce, come i visoni e i cani procione, sono specie aliene, ovvero alloctone, non originarie del territorio. E sono invasive perch una volta immesse nell’ambiente — come accaduto per esempio con le nutrie, inizialmente allevate per la prodizione di pellicce di castorino e poi rilasciate in natura dove si sono riprodotte a dismisura — diventano una minaccia per la sopravvivenza di altre specie native e per un ecosistema che non le prevedeva.

Negli allevamenti – commenta Brenda Ferretti, responsabile per le Campagne di Essere Animali – vengono negati tutti i comportamenti naturali agli animali, che non sono diversi dai cani e gatti che vivono nelle nostre famiglie. Non possiamo dunque non chiederci se sia ancora accettabile tutto questo. La nostra risposta ovviamente no. In un mondo in cui abbiamo tante alternative pi sostenibili rispetto alle pellicce, tempo di voltare pagina per sempre e indicare anche ai produttori una strada alternativa, migliore, futuribile e priva di sfruttamento animale.

L’Ice chiede nello specifico di vietare la detenzione e l’abbattimento degli animali allo scopo esclusivo di produrre pellicce e di proibire l’immissione sul mercato Ue di pellicce di allevamento e prodotti che le contengono. Vengono richiamati i rischi veterinari e per la salute pubblica connessi con questi allevamenti, come avvenuto durante la pandemia di Sars-CoV-2, e viene rilevato come i divieti gi introdotti in alcuni Stati membri di fatto creino una distorsione del mercato, che andrebbe di conseguenza uniformato. Ma soprattutto vengono sottolineati gli aspetti etici e sociali: L’allevamento di animali da pelliccia intrinsecamente crudele e ampiamente osteggiato dai cittadini Ue — si legge nel testo che viene fatto sottoscrivere —. impossibile migliorare il benessere degli animali da pelliccia negli allevamenti. Nessun animale dovrebbe vivere in gabbia, la detenzione in gabbia di specie selvatiche pu essere definita una pura crudelt.

15 febbraio 2023 (modifica il 15 febbraio 2023 | 12:13)

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