Vitiligine, perché in estate peggiora la malattia cronica che fa diventare la pelle «a macchia di leopardo»

Vitiligine, perché in estate peggiora la malattia cronica che fa diventare la pelle «a macchia di leopardo»

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di Antonella Sparvoli

La condizione è caratterizzata dalla presenza di chiazze chiare dovute alla carenza di cellule che producono la melanina. Si nota di più con le prime esposizioni al sole

Fino a due persone su cento convivono con la vitiligine, una condizione che comporta la presenza di macchie chiare sulla pelle dovute all’assenza delle cellule che producono la melanina, i melanociti. Sebbene venga considerata un problema essenzialmente estetico, non mancano le ripercussioni psicologiche, soprattutto quando è molto estesa o interessa aree visibili, come il viso o le mani.

A che cosa è dovuta?

«Alla base della vitiligine c’è un difetto intrinseco delle cellule dell’epidermide responsabili della produzione di melanina, ovvero i melanociti, che sembrerebbero meno in grado di tollerare lo stress ossidativo legato alla produzione di questo pigmento. La melanina, che dà colore a pelle, capelli e peli, ha l’importante funzione di proteggere la cute dai raggi solari ultravioletti e quindi dal rischio di trasformazione carcinogenetica ad essi associato — spiega Angelo Valerio Marzano, professore ordinario di dermatologia dell’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Unità operativa complessa di Dermatologia dell’Irccs Policlinico di Milano —. Negli individui con una predisposizione genetica o comunque una familiarità per la vitiligine, il difetto dei melanociti attiva un processo infiammatorio. Poi, attraverso meccanismi autoimmunitari, il melanocita viene aggredito e distrutto, dando il là anche a una riduzione numerica di tali cellule fino alla scomparsa, evento che si vede bene nel momento in cui si esegue un esame istologico della pelle depigmentata».

È vero che la malattia si può scoprire in estate?

«La tipica manifestazione di questo disturbo cutaneo sono le macchie bianche che in effetti spesso si notano con le prime esposizioni solari, da una parte perché si scottano con facilità e dall’altra perché risulta più evidente la differenza cromatica tra la pelle abbronzata e quella con vitiligine». Per una diagnosi certa occorre analizzare le macchie con la cosiddetta luce di Wood che permette di distinguere la vitiligine da altre condizioni che hanno un aspetto simile (micosi, eczemi, ecc.). È importante richiedere anche alcuni esami del sangue per indagare l’eventuale presenza di altre forme immunomediate (come la tiroidite autoimmune), talvolta associate alla vitiligine.

Come si può curare?

«Lo scopo dei trattamenti per la vitiligine è agire su meccanismi di tipo immunomediato per contrastare i danni ai melanociti e stimolare la ripigmentazione della cute. La terapia d’elezione è la fototerapia che prevede l’esposizione della cute interessata dalla vitiligine a raggi ultravioletti controllati, con un particolare spettro (UVB a banda stretta). La percentuale di successo è buona, ma comunque inferiore al 50 per cento. Inoltre la pigmentazione non è sempre è omogenea. Può infatti avvenire a “puntini” (spot), magari a livello del follicolo pilifero perché si presume che in questa area ci sia una nicchia con un quantitativo di cellule in grado di ripristinare parte dei melanociti perduti. Quindi intorno al pelo si forma uno spot di pelle che ha riacquisito il colore normale e il resto della lesione rimane bianco».

«Il principale trattamento topico prevede, invece, l’uso di un unguento a base di tacrolimus . Questo inibitore della calcineurina è un’immunosoppressore simil-cortisonico che, però, ha il vantaggio di non favorire un assottigliamento (atrofia) della pelle, cosa che invece può accadere se si utilizza il cortisone in crema per lunghi periodi. I tempi di applicazione per avere risultati sono di mesi e non tutti i pazienti ne traggono beneficio. Talvolta la fototerapia può essere abbinata alla terapia locale con il tacrolimus».

Ci sono nuovi trattamenti all’orizzonte?

«Risultati incoraggianti sono stati ottenuti di recente con i cosiddetti JAK-inibitori, già utilizzati con successo per via orale nella dermatite atopica. Per la vitiligine è stata messa a punto una formulazione in crema che sembrerebbe efficace e in futuro potrebbe rappresentare un’alternativa soprattutto per le forme più insidiose, considerati i costi elevati di questi trattamenti».

8 agosto 2022 (modifica il 8 agosto 2022 | 18:30)

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, 2022-08-08 18:45:00, La condizione è caratterizzata dalla presenza di chiazze chiare dovute alla carenza di cellule che producono la melanina. Si nota di più con le prime esposizioni al sole, Antonella Sparvoli

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