«War» di Gianni Zanasi porta la guerra dentro Roma

«War» di Gianni Zanasi porta la guerra dentro Roma

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di Stefania Ulivi

Il film girato a piazza del Popolo, Eur e sul lungotevere racconta di Spagna e Italia sull’orlo di un conflitto. Spiega il regista: «Fare cinema è rendere credibile l’incredibile»

«Mentre ero al montaggio è arrivata la notizia che la Russia aveva invaso l’Ucraina, che la guerra era arrivata nel cuore dell’Europa. Un mio amico mi ha detto: sei un veggente, avevi previsto il futuro. Gli detto: no, è il futuro che sta andando indietro». Gianni Zanasi ha scritto la sua commedia War. La guerra desiderata (in questi giorni in sala) nel 2019, nulla di quanto riportano le cronache era allora all’orizzonte. «Per quello che stiamo vivendo ho una sola parola: orrore. Il mio film racconta il contrario, di quanto nei momenti più tragici la possibilità di salvarsi sia legata all’amore. E di come il cinema, anche una commedia, possa aiutare a fermarci a riflettere».

Immagina un’escalation paradossale — ma non troppo — in cui, dopo un incidente diplomatico, Spagna e Italia si trovano sull’orlo della guerra. E la gente inizia a armarsi.

«Scatta una forma di urgenza duale: amico o nemico, mi ami o mi odi. Una febbre velenosa che non lascia spazio al pensiero, che spinge la gente a vivere in maniera estrema. Ma, nel bene, amplifica l’impulso d’amore. E lascia anche spazio ai due protagonisti per vivere fino in fondo la loro relazione, nata per caso».

Sono Edoardo Leo e Miriam Leone, no ci aveva mai lavorato prima. Come è stato l’incontro?

«Felicissimo. Il film aveva bisogno di interpreti che sposassero la storia pericolosamente folle. Nel cast ci sono attori con cui ho un legame da tempo, come Beppe Battiston. Loro si sono lasciati coinvolgere».

Pure troppo: li vediamo girare armati su blindati tra il lungotevere, piazza del Popolo, l’Eur.

«Abbiamo fatto un lavoro di documentazione molto rigoroso, ascoltato vari consulenti militari, volevamo essere certi che anche per assurdo, alcune cose fossero plausibili. Gli attori hanno fatto un training serio. Ma era importante che non dessero l’idea di saper usare bene le armi. Battiston, per esempio, è un barista di mezza età, promessa mancata del rugby che si convince di essere un guerriero paramilitare ma in realtà non sa bene cosa sta facendo».

Girare per il centro di Roma è complicato, come avete fatto con carrarmati e mitragliatrici?

«È stato complicatissimo, di film così se ne fanno pochi. Lo abbiamo fatto d’estate, quando le strade sono meno battute. Era fondamentale girare a piazza del Popolo. Esserci riusciti è una grande soddisfazione. Fare cinema per me è rendere credibile l’incredibile: me lo ha insegnato uno dei primi film visti, Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg».

Nel suo film la Francia si schiera al fianco della Spagna. In questi giorni abbiamo sfiorato un incidente diplomatico con Parigi.

«C’è poco da scherzare, però mi viene da dire che come campagna promozionale per War. La guerra desiderata mi pare troppo. Battute a parte, il nostro titolo sottintende una voglia, che vedo crescere, di rompere gli equilibri, lasciar emergere il conflitto, rovesciare tutto. Ma se per liberarci abbiamo bisogno di parole e azioni di guerra, forse abbiamo un problema molto grosso».

Lei è un provinciale, emiliano, che ha scelto Roma. Come si trova?

«Amo Vignola, dove sono nato, ma ho sempre sospettato di essere un terrone mancato. Mi sono trasferito qui 30 anni fa, per studiare cinema, e ho alternato varie fasi: innamoramento, fatica, accettazione reciproca. Ora sento che è la mia città. Che amo di un amore non retorico».

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13 novembre 2022 (modifica il 13 novembre 2022 | 08:13)

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, 2022-11-13 07:26:00, Il film girato a piazza del Popolo, Eur e sul lungotevere racconta di Spagna e Italia sull’orlo di un conflitto. Spiega il regista: «Fare cinema è rendere credibile l’incredibile», Stefania Ulivi

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