Waterloo, le ossa  dei caduti in battaglia  usate per raffinare lo zucchero

Waterloo, le ossa dei caduti in battaglia usate per raffinare lo zucchero

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di Paolo Valentino

Risolto il mistero degli scheletri scomparsi. Per due secoli gli storici si sono chiesti dove fossero finite le ossa dei 20 mila soldati caduti (e dei cavalli). La risposta: «Vendute agli zuccherifici»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BERLINO — Il 18 giugno 1815 le armate anglo-prussiane al comando del Duca di Wellington e del maresciallo Gebhard von Blücher trionfarono contro l’esercito di Napoleone nella piana di Waterloo, in Belgio. Fu una delle battaglie più sanguinose della Storia, un massacro che vide la morte di almeno 20 mila soldati dell’una e dell’altra part e . Dello scontro che mise fine alle guerre napoleoniche si sa tutto. Generazioni di storici hanno studiato e rivelato tattiche, episodi, errori, fasi alterne della battaglia. Ma più di due secoli dopo un solo, grande mistero è rimasto irrisolto: che fine hanno fatto i cadaveri dei caduti, nonché le carcasse delle migliaia di cavalli uccisi con loro, di cui non è mai stata trovata traccia. Soltanto un mese fa, per la prima volta, gli scheletri di un soldato inglese e di un cavallo sono stati portati alla luce da una squadra di archeologi sul sito della battaglia. Ma nulla di più.

A risolvere l’enigma viene ora lo studio di due autorevoli storici, il belga Bernard Wilkin e il tedesco Robin Schäfer, che insieme all’archeologo britannico Tony Pollard hanno documentato una verità clamorosa e agghiacciante: le ossa dei morti di Waterloo sparirono perché vennero progressivamente e illegalmente dissotterrate tra il 1834 e il 1860 per essere usate in modo massiccio dall’industria saccarifera belga come filtri per raffinare e sbiancare lo zucchero. Secondo gli studiosi, una parte delle ossa venne anche trasformata in fertilizzanti.

La ricerca, che verrà pubblicata in settembre ma i cui risultati sono stati anticipati dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung e dal Daily Mail, si appoggia su decine di documenti dell’epoca fin qui inaccessibili e tratti da archivi francesi, belgi e tedeschi, fra cui articoli di giornale, ordinanze amministrative, lettere e testimonianze scritte. «Abbiamo trovato la risposta a una domanda vecchia di oltre duecento anni», spiega Wilkin, secondo il quale si tratta della scoperta più interessante mai fatta su Waterloo.

Avviata nel 1833, la coltivazione della barbabietola nell’area della battaglia fu subito seguita dalla costruzione di due grandi impianti per la produzione dello zucchero. L’anno dopo in Belgio venne liberalizzato ed esplose il commercio di ossa animali, che macinate e carbonizzate erano considerate molto più efficaci come filtro per raffinare e sbiancare il prodotto grezzo. Ma il campo di battaglia di Waterloo era occasione troppo ghiotta per gli industriali per limitarsi ai resti delle bestie. Così, iniziò la dissacrazione delle fosse comuni scavate dopo lo scontro. Molti giornali non esitarono a denunciare la pratica scandalosa: «I contadini di Waterloo arrossiscono provando vergogna e disgusto, quando vedono gli speculatori vendere nobili resti sparsi sul campo di battaglia per trasformarli in carbone osseo», scriveva La Presse in uno degli articoli citati dallo studio. Nel 1835 il quotidiano L’Independent notava: «Gli industriali hanno ottenuto il permesso di togliere i morti dalla terra dell’onore, per mutare in carbone le ossa degli eroi. Basta questo a caratterizzare un’epoca». Scrivendo sul Prager Tagesblatt, un viaggiatore tedesco che aveva visitato i luoghi, ironizzava: «Usare il miele come dolcificante vi eviterà il rischio di sciogliere i resti di vostro bisnonno nel caffè». Un’altra testimonianza citata dalla ricerca è quella di Karl von Leonhard, celebre archeologo tedesco, che racconta in una lettera di aver visto nel 1840 fosse aperte piene di scheletri umani e animali, mentre venivano vuotate. Uno di quelli che scavavano gli vantò il valore in denaro delle ossa dei granatieri che «pesavano quanto quelle dei cavalli».

Né valsero a molto i blandi tentativi di fermare la pratica sacrilega. Venne infatti largamente ignorato il decreto con cui nel 1834 il sindaco di Braine-l’Alleud, uno dei comuni dell’area della battaglia, dichiarava illegali gli scavi per raccogliere le ossa, con pene fino a un anno di carcere e 200 franchi di multa. Lo scempio continuò per molto tempo ancora. Lo studio parla di quasi 2 mila tonnellate di ossa umane e animali dissotterrate dal campo di Waterloo e vendute all’industria saccarifera.

La fabbrica chiuse nel 1860. L’industria dello zucchero in Belgio finì quando non ci furono più ossa da scavare. Per questo, gli archeologi non hanno mai trovato nulla dei resti dei morti della battaglia. Dulce et decorum est pro patria mori, è dolce e dignitoso morire per la patria, diceva Orazio. Nel caso di Waterloo, il primo aggettivo fu preso (anche troppo) alla lettera. Il secondo venne calpestato.

19 agosto 2022 (modifica il 20 agosto 2022 | 00:32)

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