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Il duro avvertimento del ministro degli Esteri cinese all’America (cambiate linea o si va verso la catastrofe) stato voluto, preannunciato e preceduto da Xi Jinping in persona. stato il massimo leader a inaugurare la nuova linea dura, quando pochi giorni fa ha nominato esplicitamente gli Stati Uniti attaccando la loro presunta volont di contenere e reprimere la Cina. Che cosa c’ dietro? Una delle chiavi di lettura la situazione economica. Xi ha annunciato un rallentamento della crescita: l’obiettivo per quest’anno un aumento del Pil cinese del 5%, ragguardevole per altri paesi ma modesto in confronto all’andamento della Repubblica Popolare nell’ultimo trentennio. Bisogna cercare dei colpevoli, l’America il capro espiatorio ideale. L’altra spiegazione l’Ucraina. La leadership cinese impegnata in un equilibrismo – appoggia Putin ma non vuol perdere i mercati occidentali – che le sta riuscendo solo in parte. Qui sotto riporto un interessante dibattito sull’Europa tra autorevoli esperti di geopolitica cinesi, che rivela tra le righe una preoccupazione reale: quella di aver perso influenza sull’Unione europea a causa della guerra in Ucraina.
Comincio dalla questione della crescita. Aver ridotto al 5% l’obiettivo di aumento del Pil per il 2023 non una vera sorpresa. Anzitutto, abbastanza coerente con le previsioni di istituzioni internazionali come il Fondo monetario e di diverse banche occidentali. In Occidente qualcuno pi ottimista perch si aspetta che la fine di tutte le restrizioni da Covid possa provocare un rimbalzo forte nei consumi cinesi, sulla scorta di quanto accaduto in America e in Europa. Ma in fondo se a fine anno Pechino dovesse sforare un po’ al rialzo quel 5%, ci farebbe solo una bella figura. Intanto la prudenza di Xi segnala che il suo governo non cercher di drogare la ripresa con eccessi di investimenti pubblici, a differenza di quanto accadde in passato: questa una buona notizia, perch le riprese pompate da troppi investimenti pubblici avevano generato squilibri (debito pubblico, bolla speculativa immobiliare, cattedrali nel deserto come le tante citt disabitate, inquinamento).
Xi anche costretto al realismo dalla curva demografica. La Cina entrata nella fase della denatalit, la sua popolazione ha iniziato a diminuire, la sua forza lavoro invecchia velocemente. Verrebbe da dire: benvenuta fra noi. Almeno sul versante demografico la Repubblica Popolare assomiglia sempre di pi all’Occidente, o ai suoi vicini giapponesi e sudcoreani. Rischia per di avverarsi un timore gi diffuso molti anni fa tra i dirigenti comunisti, quello di diventare vecchi prima ancora di essere diventati ricchi. Pechino, avendo gestito finora un’economia emergente con livelli di reddito pro capite ancora ben inferiori ai nostri, non ha avuto il tempo di costruire un Welfare altrettanto moderno e generoso quanto lo sono i sistemi previdenziali, sanitari e assistenziali dei Paesi ricchi. Inoltre i divari tra la Cina moderna delle grandi citt e quella rurale rimangono sostanziali. C’ il problema della vasta popolazione di immigrati interni, cittadini di serie B che non godono degli stessi diritti dei residenti ufficiali di Pechino Tianjing Shanghai Nanjing Guangzhou Shenzhen. C’ la disoccupazione giovanile sempre elevata: ogni anno le facolt cinesi sfornano circa 11 milioni di nuovi laureati, che non trovano facilmente un lavoro, tantomeno il lavoro che vorrebbero.
Su Xi e sulla nomenclatura comunista incombe infine un teorema che era in voga decenni fa, quello sulla trappola del reddito medio. Il teorema indicava una serie di problemi in cui incappa un’economia emergente quando esce dalla fase del decollo e si assesta su ritmi di sviluppo pi normali, cio moderati. Altre nazioni sono entrate in periodi di crisi prolungati, quando hanno raggiunto quello stadio dello sviluppo nel quale ora entra la Cina. I precedenti di Corea del Sud e Taiwan indicano tra l’altro che il raggiungimento del reddito medio pu coincidere con una transizione dal regime autoritario alla democrazia. Questo teorema non ha nulla di sacro n di infallibile, non detto che Pechino debba seguire le traiettorie di Seul e Taipei. Per comprensibile che Xi affronti questa fase con un certo nervosismo. Di qui la sua decisione di nominare apertamente gli Stati Uniti come i grandi colpevoli per tutto ci che va storto in Cina. In modo particolare Xi soffre per l’embargo di Joe Biden sulle forniture di tecnologie avanzate alla Cina; nonch per le varie strategie di politica industriale con cui l’America cerca di riportare sul proprio suolo produzioni cruciali come semiconduttori e batterie elettriche. Accentuare il linguaggio nazionalista, incolpare la grande rivale di voler mantenere la Repubblica Popolare in uno stato di inferiorit, rientra nella logica di autoconservazione del regime. Dirotta in anticipo il malcontento popolare verso una causa esterna.
E l’Europa? Il vago dubbio di averla perduta traspare in un interessante dibattito fra esperti cinesi. Sono debitore al sito Sinification di Thomas des Garets Geddes per averne fatto una utile sintesi. Qui ne riporto i contenuti essenziali, citando intere frasi tra virgolette. Con un mio breve commento alla fine.
La guerra in Ucraina ha azzoppato la spinta dell’Unione europea verso l’autonomia strategica dagli Stati Uniti. Ha aumentato la sua dipendenza e il suo orientamento filo-americano. Questa tendenza probabilmente destinata a continuare.
Nella triade con cui l’Unione europea definisce il suo rapporto con la Cina, fra partner-concorrente-rivale, l’accento si spostato su concorrente e rivale.
La posizione di Pechino nella guerra fra Russia e Ucraina stata fraintesa e ha contribuito al crescente antagonismo dell’Europa verso la Cina.
L’influenza dei paesi dell’Europa centro-orientale e settentrionale che sono pi filo-americani e sospettosi della Cina considerevolmente aumentata nelle decisioni dell’Unione europea nel corso dell’ultimo anno. Questo negativo per le relazioni fra Cina e Unione europea.
L’Unione europea piena di problemi economici, politici e sociali che continuano a peggiorare. Questo non l’aiuta a perseguire l’autonomia strategica (dagli Stati Uniti).
Il blocco Ue rimane un attore decisivo nelle relazioni internazionali ma la sua forza e influenza in declino relativo se confrontata a quella delle superpotenze, Stati Uniti e Cina. Tuttavia l’Ue viene considerata come cruciale per alleviare la pressione diplomatica ed economica che gli Stati Uniti esercitano sulla Cina. Le visite a Pechino da parte di leader europei segnalano che l’Europa ancora vuole o necessita di rafforzare i legami economici, anche se questo va contro i desideri americani.
L’attrazione del mercato cinese non impedir all’Unione europea di ridurre la sua dipendenza dalla Cina in alcune aree. N impedir all’Unione europea continue interferenze nell’Indo-Pacifico.
Francia e Germania rimangono le due nazioni-chiave, di natura pragmatica, che la Cina dovr continuare a coinvolgere, anche se hanno meno influenza di un tempo sull’Unione europea. La Francia continua a essere vista come la nazione pi allineata con Pechino sul desiderio di una Ue indipendente (dagli Stati Uniti).
Mio commento conclusivo. Da questo scambio fra esperti cinesi di alto livello, avvenuto alla luce del sole, si indovinano alcuni elementi di un dibattito in corso. Essendo vietato criticare Xi o prendere le distanze dalla sua politica estera, gli sviluppi negativi – per la Cina – della situazione internazionale vengono attribuiti alle manovre dell’imperialismo americano e dei suoi alleati-servitori. Traspare per un tono pessimista. evidente che l’allontanamento dell’Europa considerato un danno, una perdita netta. Nessuno pu osare attribuire apertamente questa perdita a una scelta strategica sbagliata come l’appoggio a Putin in Ucraina; perci si dice che la politica di Xi sull’Ucraina stata fraintesa; per gi abbastanza indicativo il fatto che si discuta un bilancio negativo della politica estera di Pechino. Un giorno, se e quando la stella di Xi comincer a declinare e si apriranno i giochi della sua successione (per motivi fisiologici se non politici, prima o poi accadr) qualcuno potr addebitargli di avere perso l’Europa.
7 marzo 2023, 13:38 – modifica il 7 marzo 2023 | 19:37
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