di Lorenzo Cremonesi
Di fronte alla centrale nucleare di Energodar, dove ci si chiede: quanto tempo impiegheranno le radiazioni a investire le nostre case? «Sfollati il 40% degli abitanti»
Radiazioni: un pericolo che non si vede, eppure sovrasta, minaccia. Lo sanno bene gli abitanti di questa cittadina affacciata sulle acque del Dnepr, dove il fiume si allarga trasformandosi in lago e però la centrale nucleare di Energodar resta incombente e chiaramente visibile sull’altra sponda, a sette chilometri di distanza. Un razzo russo Grad sparato dall’area della centrale impiega 15 secondi per arrivare da questa parte: quanto tempo per le radiazioni? «Dipende dal vento, con certezza non sappiamo: l’unico dato sicuro è che teniamo sempre pronti i piani per l’evacuazione dei civili», spiega la 45enne Alona Muhina, dirigente dell’amministrazione municipale di Nikopol, che per quasi 5 ore ci ha accompagnati a visitare i danni causati dai bombardamenti. Nelle ultime tre settimane Nikopol è stata colpita oltre 200 volte, i morti sono una decina, i feriti più di trenta. «Sono sfollati oltre il 40 per cento dei 106.000 abitanti. La notte chi sta ai piani alti va nei ricoveri, molti scelgono di dormire in auto per i campi fuori dalla zona urbana», dettaglia Muhina. I colpi russi sembrano caduti a casaccio: negli appartamenti ai piani alti, sul memoriale sovietico per i soldati della Seconda Guerra Mondiale, presso un supermercato.
Memoria del disastro
Ma per aiutarci a capire cosa davvero significhi per la popolazione ucraina lo spettro del nucleare è stata fondamentale la chiacchierata con Irina e Vladimir, una coppia ultrasettantenne incontrata in corso Viktor Uzov di fronte alle rovine di un’abitazione di tre piani bombardata la notte precedente. «Certo che i Grad ci fanno paura. I russi bombardano specialmente attorno alla mezzanotte e tra le tre e quattro di mattina. Noi ogni sera scendiamo a dormire in cantina a titolo preventivo, le sirene suonano sempre troppo tardi», raccontano.
Eppure, aggiungono nella parte più interessante del ragionamento, per loro lo spettro di Enerhodar riporta immediatamente al disastro di Chernobyl 36 anni fa e alle scelte di fondo che oggi li spingono a rinnovare la loro fedeltà al governo ucraino, contro la possibilità del ritorno muscolare del regime russo: «Quella maledetta notte del 26 aprile 1986 le autorità sovietiche tacquero. Il regime comunista, che diceva di agire in nome del popolo, proprio il popolo tradì. In Ucraina venimmo a sapere dell’incidente di Chernobyl e delle sue gravissime conseguenze soltanto molti giorni dopo la fusione del reattore e per giunta da fonti occidentali. Mosca nascondeva, mentiva, mentre la nube radioattiva si spandeva nell’aria, inquinava l’acqua, i campi coltivati, entrava negli ospedali, gravava sui nostri bambini. Fu uno shock terribile. L’Urss si sciolse anche a causa di Chernobyl e oggi Putin vorrebbe riprendersi l’Ucraina ancora accompagnato dal fantasma di un nuovo disastro a Enerhodar, che tutti affermano essere con i suoi sei reattori una centrale molto più potente e dunque più pericolosa».
Accuse incrociate
Così, le incertezze del conflitto si sommano a quelle del potenziale disastro nucleare. La visita a Nikopol conduce immediatamente al cuore di questa fase difficile della guerra a quasi sei mesi dal suo inizio. La centrale venne infatti conquistata rapidamente dalle truppe russe, in avanzata da Mariupol e dalla Crimea, già durante le battaglie dei primi di marzo. Anche allora le due parti si rimpallarono accuse gravissime circa le responsabilità di spari, cannonate e missili che potessero colpire i reattori. E oggi quelle accuse, accompagnate dal rinnovarsi dei timori da parte della comunità internazionale, tornano più gravi di prima con lo scatenarsi della controffensiva ucraina che punta a riconquistare la regione di Kherson sino alle aree di Enerhodar e Melitopol.
Da fine luglio Kiev accusa i comandi russi di avere piazzato armi pesanti, compresi cannoni, lanciamissili e Grad, che si farebbero «scudo» dei reattori per sparare impunemente su Nikopol e le altre città sul fiume. «Mosca reitera il suo ricatto nucleare. Noi consideriamo ogni soldato russo che spara sulla centrale o la usa per farsi scudo al pari di un criminale di guerra e deve sapere che le nostre unità scelte lo considerano un obiettivo speciale», ha tuonato nelle ultime ore lo stesso Volodymyr Zelensky.
Mykhailo Podolyak, consigliere personale del presidente, rincara la dose imputando ai russi di avere già tirato sugli impianti e danneggiato le linee che portano l’elettricità all’Ucraina meridionale. L’agenzia nucleare russa, Rosatom, rimanda le accuse al mittente, replicando che sarebbero invece gli ucraini a sparare sugli impianti al fine di puntare il dito contro Mosca. A nulla servono intanto gli appelli alla calma da parte del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che vorrebbe stabilire un’area demilitarizzata attorno alla centrale, con l’invio immediato di una commissione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.
14 agosto 2022 (modifica il 15 agosto 2022 | 00:17)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-08-14 22:50:00, Di fronte alla centrale nucleare di Energodar, dove ci si chiede: quanto tempo impiegheranno le radiazioni a investire le nostre case? «Sfollati il 40% degli abitanti», Lorenzo Cremonesi