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Zelensky alla Camera, dentro le ovazioni, fuori i veleni pro Putin. Politici in scena per il «Volodymyr-show»

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di Fabrizio Roncone La polemica sui social: «Conte non c’è perché non è un parlamentare? Visto l’evento eccezionale poteva comunque venire» «Riesci a vedere che fa Salvini?». Sta battendo le mani. «Pure lui?». Pure lui. «E Pillon?». Il leghista Pillon è assente (c’era un motivo se Giampaolo Pansa, principe dei cronisti, veniva in tribunetta con il binocolo). Montecitorio, l’aula: deputati e senatori in piedi, Volodymyr Zelensky — in collegamento dal suo bunker di Kiev — è appena comparso sul maxischermo e dentro una standing ovation davvero vibrante, insistita, emozionata, con il premier Mario Draghi che applaude tenendo le mani bene in alto perché si veda e si senta che l’Italia è qui, che la politica è qui, e che sappiamo tutti — quasi tutti, va — da che parte stare in questa guerra. Zelensky è stato salutato subito dai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati. Poche parole: forti, inequivocabili.Lui: in camicia militare verde con doppio taschino, tipo quelle che vendono nei nostri negozi di abbigliamento con una certa inquietante passione style-war; barba lunga; la bandiera dell’Ucraina alle spalle. È l’identica immagine con cui si è già presentato agli altri parlamenti. L’unica cosa che ha modificato — e mai troppo — sono stati gli interventi: in Gran Bretagna ha citato Winston Churchill; negli Usa, Martin Luther King; in Israele si è avventurato in un paragone con l’Olocausto (non del tutto gradito). Qui, molti si aspettano un riferimento alla nostra Resistenza. «Quello laggiù è Enrico Letta, giusto?». Ci sono tutti: Letta, Renzi, Meloni. Manca Giuseppe Conte, ed è vero che non è parlamentare, ma — già polemizzano in diretta sui social — sarebbe potuto comunque venire, considerata l’eccezionalità dell’evento. Su Twitter, ecco pure il senatore grillino Vito Rosario Petrocelli, presidente della commissione Affari Esteri di Palazzo Madama: «M5S fuori da questo governo interventista». Fan di Putin. Più volte a Mosca per baciargli la pantofola (non il solo, come sappiamo). Irriducibile. Gli hanno già chiesto di dimettersi: ma Petrocelli non ci pensa proprio. Potrebbe costringerlo Conte. Però Conte — come noto — non sa nemmeno se lui stesso può ancora ritenersi formalmente capo dei 5 Stelle. Zelensky, intanto, invece di parlarci della nostra lotta partigiana, inizia ricordandoci di quando sotto le bombe ci siamo stati noi, a Genova (il capoluogo ligure fu la prima città, durante la Seconda guerra, a sperimentare distruzioni indiscriminate). «Mariupol? Immaginatevi Genova completamente distrutta», dice con il suo tono fermo, poco retorico. Ad ascoltarlo, in un conteggio sommario, ci sono 580 parlamentari; che in totale, però, sono 945. Una ventina sono rimasti a casa con il Covid addosso. E gli altri? Zona grigia di turpe menefreghismo e militanza filorussa. Mancano gli ex grillini di Alternativa. «Non assistiamo ad un comizio senza contraddittorio», ha spiegato Francesco Forciniti. Pensi: che burlone, scherza. E invece sono serissimi. «Giusto invitare anche la controparte». Cioè quella che ha invaso un Paese libero e bombarda le città e gli ospedali pediatrici (Zelensky sta appunto ricordando: “In 27 giorni di guerra, i bambini morti sono 117”). Però la senatrice del Gruppo Misto Laura Granato insiste su Telegram: «Io sto con Putin. Che conduce un’importante battaglia per la Russia e per tutti noi». Viene il nervoso a riferirle, robe così: ma è la bellezza di vivere in un Paese democratico, dove tutti possono esprimere le proprie opinioni, e i mezzi di informazione non le censurano. Rimbalza la domanda: chi altro manca? Figure pittoresche, di contorno. Nessuno ha visto i grillini Enrica Segneri, Davide Serritella, dietro le mascherine è dura riconoscere anche Gabriele Lorenzoni, un personaggione che ha già paragonato l’invasione dell’Ucraina a una partita di Risiko e che ritiene «inopportuno» il collegamento con Zelensky. E poi manca il leghista ultracattolico Simone Pillon: quello famoso perché indossa sempre una farfalla e perché, ad un certo punto, si era convinto che nelle scuole di Brescia fosse insegnata la stregoneria. «Pillon è a Londra per lavoro», prova a giustificarlo il suo capo. Salvini esce dall’aula a passo veloce dopo l’ultima scena: un minuto di applausi per Zelensky e altri applausi anche per il discorso del premier Draghi, che ha invocato la presenza dell’Ucraina nell’Unione europea e confermato l’invio di armi. Salvini cammina in Transatlantico con il passo di uno che ha fretta, e però gli arrivano diritte un po’ di domande. Risponde: «Quando si parla di armi, io fatico ad applaudire» (subito, sul web, cominciano però a girare le foto di lui che, in campagna elettorale, imbraccia mitra e fucili). «Spero che le parole di Zelensky vengano raccolte dall’Occidente e da Mosca». Un cronista gli chiede: senatore, perché lei non riesce mai a pronunciare la parola «Putin»? Ma lui si è già voltato e così restiamo con Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, a ghigno perfido — «Noi mai avuto a che fare con la Russia» — e Lucia Annibali che, come tutte le parlamentari di Iv, sfoggia una coccarda gialloblu. Sull’ultima pagina di appunti c’è scritto: «Zelensky ha salutato dicendo: “Gloria all’Ucraina, e grazie Italia”». 22 marzo 2022 (modifica il 22 marzo 2022 | 23:31) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-22 22:31:00, La polemica sui social: «Conte non c’è perché non è un parlamentare? Visto l’evento eccezionale poteva comunque venire», Fabrizio Roncone

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