Zelensky alla platea di Davos: basta affari con Mosca

di Federico Fubini

Il leader in teleconferenza al World Economic Forum: a ogni Paese un pezzo della ricostruzione. E il Cremlino «esamina» la road map di Roma

DAL NOSTRO INVIATO
DAVOS
La Svizzera sta organizzando a Lugano per il 4 e 5 luglio quella che di fatto diventerà la prima conferenza fra organizzazioni e Paesi disposti a collaborare alla ricostruzione dell’Ucraina. Lo ha detto a Davos, in apertura del World Economic Forum, il presidente della Confederazione elvetica Ignazio Cassis. Gli inviti sono già partiti all’indirizzo di circa quaranta governi e non sarà una svolta senza conseguenze, anche se non si vedono per adesso gli spiragli di una tregua sul terreno.

Il grande business della ricostruzione ucraina, dove i danni della guerra sono stimati già in 500 miliardi di dollari, è un convitato di pietra del confronto internazionale di queste settimane. Nessuno ne parla apertamente, ma molti ci pensano perché molto probabilmente il Paese beneficiario dei progetti non avrà né la capacità industriale, né le imprese, né forse neanche la manodopera per garantirsi da solo la propria ricostruzione seppure con risorse altrui. Il potenziale coinvolgimento dei grandi Paesi industriali europei nei progetti — da centinaia di miliardi — diventa così implicitamente un fattore che conta per gli sforzi diplomatici di queste settimane.

Ieri al Forum di Davos, dove ha parlato in collegamento dal suo bunker di Kiev, Volodymyr Zelensky ha dimostrato di esserne consapevole. «Dobbiamo mostrare che distruggere il vicino con una guerra da 500 miliardi di danni non serve a niente — ha detto —. Proponiamo un modello unico: ogni Paese nostro partner potrà occuparsi di ricostruire una regione, una città, un’industria. Questo approccio attrarrà in Ucraina i migliori architetti, ingegneri e manager, sarà la più importante ricostruzione in Europa dopo la guerra». Zelensky ha puntualizzato che aspetta proposte da parte delle imprese «in luglio a Lugano» e ha citato George Marshall, il segretario di Stato americano che legò il suo nome alla ricostruzione post-bellica dell’Europa: «La nostra politica non è contro un Paese, ma contro la fame, la povertà, la disperazione».

Sul tavolo del G7 c’è la proposta di usare centinaia di miliardi di euro e dollari delle riserve della banca centrale russa, detenute all’estero, per finanziare i progetti. Ma ieri in collegamento con Davos Zelensky è tornato a chiedere «sanzioni massime» a Mosca. E non ha risparmiato critiche agli occidentali. «Se la pressione delle imprese, dell’opinione pubblica, si fosse fatta sentire prima e i governi del mondo libero avessero agito prima contro la Russia, il Cremlino si sarebbe messo in questa guerra? La risposta è no», ha detto. E ha rincarato: «Per fortuna non abbiamo ascoltato chi diceva che la nostra resistenza non serviva». Il presidente non è disposto a una pace che congeli l’attuale situazione nel Sudest del Paese ma ha riconosciuto — secondo Reuters — che riprendere la Crimea con la forza costerebbe migliaia di morti.

Alla platea di Davos ha fatto sapere che incontrerebbe Putin solo per discutere la fine della guerra. E mentre il viceministro degli Esteri russo Andrey Rudenko ha fatto sapere ieri che Mosca sta studiando il piano di pace elaborato dall’Italia, si è tenuto a Ramstein in Germania un nuovo incontro del gruppo di contatto per l’Ucraina con 47 Paesi. Il capo del Pentagono Lloyd Austin si è detto soddisfatto: «Venti di loro hanno annunciato nuovi aiuti militari a Kiev». Lorenzo Guerini, il ministro della Difesa, ha sottolineato che l’Italia sostiene «la resistenza eroica del popolo ucraino» e che «ogni sforzo dev’essere compiuto per giungere a un serio e concreto negoziato di pace».

23 maggio 2022 (modifica il 23 maggio 2022 | 23:44)

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, 2022-05-23 22:59:00, Il leader in teleconferenza al World Economic Forum: a ogni Paese un pezzo della ricostruzione. E il Cremlino «esamina» la road map di Roma, Federico Fubini

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