di Maria Teresa Meli
Il governatore: solo la coalizione attorno al Pd è competitiva. La proposta di flat tax da parte delle destra è uno schiaffo alle persone
Nicola Zingaretti, si voterà in piena emergenza gas, secondo lei che cosa dovrebbero fare governo e forze politiche?
«Intanto voglio dire che nel Lazio i cittadini che abitano nei palazzi delle case popolari non pagheranno l’aumento delle bollette: lo farà la Regione. Ma, come ha proposto il Pd, bisogna ottenere un intervento italiano ed europeo su un tetto massimo, ci vuole un contratto sociale per le famiglie più fragili e le microimprese e il raddoppio del credito di imposta per compensare gli extra costi delle imprese».
Perché non avete detto sì all’armistizio proposto da Calenda?
«Forse Calenda paga in termini di credibilità il fatto che è sempre divisivo e cambia troppo spesso idea».
Fratoianni e Bonelli sono contrari ai rigassificatori, voi favorevoli. Una bella contraddizione.
«Le vere contraddizioni sono nelle destre. Si sono uniti per chiedere voti, ma sono divisi su temi fondamentali come l’Europa, i rapporti euroatlantici, le politiche di immigrazione, lo scostamento di bilancio, il servizio di leva. Persino sull’ingiusta flax tax hanno tre proposte diverse che però rivelano una identità, quella sì comune».
Quale?
«In un’Italia dove la povertà assoluta è triplicata negli ultimi 15 anni, con 4 milioni di persone che rinunciano a curarsi per motivi economici e una dispersione scolastica del 13%, proporre la flat tax che riduce la progressività delle aliquote e che può portare al taglio di sanità, scuola e politiche sociali, è uno schiaffo in faccia alla dignità delle persone e conferma un dato: il populismo non aiuta il popolo, lo usa».
Draghi ha detto che con qualsiasi governo l’Italia ce la farà, per voi la destra porterà il Paese alla bancarotta. Il premier è troppo ottimista?
«No. Draghi fa bene a incitare l’Italia. Ma tra noi e le destre ci sono scelte diverse. Noi crediamo che investire sull’innovazione per ridurre le disuguaglianze non sia un “favore” ai poveri ma “la” condizione per dare un futuro e una speranza all’Italia, soprattutto ai giovani».
Non potevate ricucire con i 5 Stelle?
«Letta non aveva altra scelta: si è rotto unilateralmente un patto di fiducia. Non sono tra coloro che hanno gioito, ma il voto dei 5 Stelle è stato un errore. Aggiungo, però, che hanno inciso non poco tre anni di picconate al progetto di un’alleanza ampia».
Dopo le elezioni potrete riallacciare i rapporti?
«Nel Lazio, ma non solo qui, uniti da un programma condiviso stiamo governando bene. Sul futuro mi sembra un esercizio inutile. Dipenderà da tante cose».
Per non avere Renzi nell’alleanza vi siete buttati a sinistra e avete rinunciato anche a Calenda…
«Calenda, dopo aver negato per mesi la volontà di allearsi con Renzi e dopo l’accordo con il Pd, ha fatto esattamente l’opposto. Un errore anche per lui. In un sistema maggioritario, per altro voluto da Renzi contro i “partitini”, il collegio lo vince chi arriva primo. Loro definendosi “terzo polo” di fatto escludono la possibilità di vincere nei collegi. Infatti sarà così e questo rischia di favorire la destra, quella filo Putin e che ha fatto cadere Draghi. L’unica alleanza competitiva per impedirlo nei collegi è quella intorno al Pd. Prima che un’opinione è un dato matematico».
Il caso di Albino Ruberti, ex capo di gabinetto di Gualtieri, che prima collaborava con lei in Regione, è quanto meno inquietante.
«Ruberti in questi anni è stato un ottimo dirigente pubblico, stimato da tutti per la sua onestà e capacità. Con quello scatto d’ira ha commesso un grande errore, lo ha ammesso lui stesso e se ne è assunto la responsabilità. Ora ci sono i dovuti accertamenti, ma attenzione a non alzare polveroni. Noi, di fronte al minimo sospetto, abbiamo disposto per primi verifiche nella Asl dalle quali è emersa la totale correttezza delle procedure».
Se il centrosinistra dovesse perdere, nel Partito democratico dovrebbe aprirsi un chiarimento interno con un congresso?
«Il Pd ha messo in campo proposte per risolvere i problemi delle persone, grazie al ruolo svolto da Enrico Letta e alla responsabilità ritrovata dei gruppi dirigenti, dopo la durezza della denuncia alla base delle mie dimissioni. I congressi non sono un problema ma un’opportunità. Il problema è quando un congresso, malgrado il risultato, non si chiude mai. Si vive in una perenne fibrillazione, prevalgono furbizie con polemiche interne quotidiane. Ma questo è il passato e se ho dato una mano a cambiare sono contento».
C’è chi sostiene che il Pd non corra per vincere, visto che la sconfitta è inevitabile, ma per aggiudicarsi il posto di primo partito, così Letta potrà rimanere al suo posto.
«Nella mia vita ho sempre vinto da candidato Presidente tutte le elezioni, anche in giornate di drammatiche sconfitte per il centrosinistra. Quindi alla parola “inevitabile” non credo. Abbiamo conquistato il Pnrr, ora vogliamo dargli un indirizzo che sostenga la vitalità delle imprese per creare lavoro e che dia dignità alla vita delle persone. Questo significa investire per difendere e innovare la sanità, la scuola e l’università, legare i salari alla quantità e qualità del lavoro, pagare allo stesso modo gli uomini e le donne. Se non vinceremo questa battaglia si potrà curare solo chi ha molti soldi, studierà solo chi ha famiglie che potranno pagare e aumenterà lo sfruttamento di chi lavora o cerca lavoro. Sta già succedendo e bisogna invertire la rotta, vincere per un futuro di opportunità e non di paure».
30 agosto 2022 (modifica il 30 agosto 2022 | 22:05)
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