di Lorenzo Cremonesi
Sulla linea del fronte tra i soldati ucraini: Prima di ritirarci vogliamo infliggere altre perdite ai russi, cos vorranno la pace
DAL NOSTRO INVIATO
CHASIV YAR – C ome mai le forze ucraine non si ritirano subito dalle macerie di Bakhmut, la cittadina ormai quasi del tutto circondata dai russi? Elementare: dobbiamo uccidere il maggior numero di soldati nemici possibile. Vogliamo che i sopravvissuti tornino a casa per raccontare l’orrore inutile della guerra e le famiglie dei caduti puntino il dito contro Putin. Saranno i loro morti a spingere la Russia a ritirarsi e firmare la pace spiegano gli ufficiali dell’unit dell’intelligence incontrata alle periferie del villaggio di Chasiv Yar, che negli ultimi giorni diventato la base logistica operativa delle brigate che ancora si battono a Bakhmut.
Li abbiamo individuati per il loro Suv mimetizzato con le antenne radio sul tetto, la parabola satellitare per il collegamento con Starlink appoggiata sul terreno vicino al ripetitore per amplificare i segnali ai droni e il tutto alimentato da due batterie Ecoflow ultima generazione. Sono posteggiati tra le casupole di un villaggio al margine di ampi campi coltivati. La battaglia infuria: i russi attaccano continuamente, ma gli ucraini hanno inviato rinforzi e ora sono riusciti a riprendere il controllo di alcune centinaia di metri attorno alla via di collegamento alla zona dell’assedio. Ieri il capo di Stato maggiore russo in persona, Sergei Shoigu , ha visitato le aree del Donbass occupate dalle sue truppe per spronare l’offensiva: se prendessero Bakhmut sarebbe il primo successo dopo le gravi sconfitte dell’autunno. Ogni tanto contro il cielo si stagliano sagome nere: sono missili e razzi di ogni tipo in entrata e in uscita. I rombi delle esplosioni poco distanti si mischiano al tamburellare delle mitragliatrici; il fumo di una colonna di tank in movimento ammorba l’aria appena sopra una lunga serie di filari d’alberi a mezzo chilometro da noi.
A rispondere per primo un colonnello 38enne, ex ingegnere civile a Kiev, che accetta solo di rivelare il suo nome, Andrei. Ma subito si affiancano anche i suoi aiutanti, che sono due fratelli: Yaroslav di 35 anni e Petro, che ne ha 5 in meno, ma stato lui in settembre a convincere il primo ad arruolarsi e raggiungerlo. Per arretrare c’ sempre tempo. Bakhmut non come Mariupol la primavera scorsa, dove le nostre linee avanzate distavano quasi 150 chilometri dalle nostre unit accerchiate. Allora l’unica via d’uscita per evitare il massacro dei nostri fu la resa. Ma oggi organizzare l’eventuale abbandono di Bakhmut sar relativamente semplice, si pu evacuare in poche ore sulle nuove linee gi pronte. Intanto, per, resistiamo e falcidiamo le ondate degli aggressori. Il rapporto tra i loro caduti e i nostri uno a sette. Andrei sempre in contatto con i comandi, lo Starlink garantisce le comunicazioni in modo perfetto: via Whatsapp e per mail si passano foto, mappe e informazioni.
Sono cos i due fratelli a spiegare il loro lavoro. Ci hanno appena fornito alcuni droni commerciali Mavic-3. Nulla di strabiliante, si acquistano sul mercato per 3.000 euro l’uno. Ma i nostri tecnici li hanno modificati, possono volare per quasi 20 chilometri e ad altezze superiori del normale; le telecamere sono state potenziate e li governiamo grazie ad una app militare che ci permette di trasmettere in tempo reale i dati rilevanti sul terreno. Segnalano alle nostre artiglierie le trincee russe, gli spostamenti delle loro truppe, i movimenti dei tank. Il Donbass l’unica area dove i russi utilizzano massicciamente l’aviazione e ai droni ucraini spetta anche il compito di aiutare le contraeree. Problemi? Non pochi. I russi negli ultimi mesi stanno imparando dalle loro sconfitte dell’anno scorso. Adesso dispongono di ottime armi per abbattere i droni e addirittura riescono ad interferire sulle nostre lunghezze d’onda per prendere il controllo dei nostri droni.
Sembra un duello costante a distanza, una sfida di perizia combattuta a suon di adattamenti e miglioramenti tecnologici. Vince chi atterra l’avversario e si conquista il dominio dei cieli, che significa monopolio incontrastato dell’informazione a garantire la supremazia nelle battaglie di terra. I russi hanno modificato i loro vecchi Orlan-10, che una volta servivano solo per operazioni di monitoraggio. E stanno producendo nuovi droni kamikaze monouso migliori degli Sheheed iraniani, sono veloci, con buoni sistemi di puntamento: noi dobbiamo studiare come individuarli in tempo, prima che si gettino in picchiata sul bersaglio, continuano i soldati del gippone. Un altro problema la carenza di munizioni. Noi spariamo 40 colpi e i russi rispondo con 200: continuano a sacrificare uomini, munizioni e armi a getto ininterrotto. La loro qualit molto bassa, per nella quantit sono imbattibili. Noi stessi sino a pochi giorni fa eravamo acquartierati a Chasiv Yar, ma ci hanno fatto arretrare a causa dei bombardamenti troppo intensi, commenta Yaroslav. Vincerete? Certo. Non abbiamo alternative, ma la nostra vittoria sar triste, comporter tributi di sangue altissimi, dice Andrei.
A confermare le sue parole sono le immagini di quello che qui chiamano in inglese stabilization point: il pronto soccorso da campo appena dietro le prime linee, dove i feriti vengono smistati verso gli ospedali maggiori. Ne troviamo uno a poche centinaia di metri dalla strada. Prendere immagini quasi impossibile. Il via vai delle ambulanze cariche ininterrotto. I morti sono chiusi in sacchi di plastica nera stesi su barelle intrise di sangue. Due soldatesse piangono. All’interno almeno dieci soldati vengono curati contemporaneamente. Uno ha perso una gamba, un altro ha i polmoni forati. I medici non vogliono parlare.
4 marzo 2023 (modifica il 4 marzo 2023 | 22:57)
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