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di Giuseppina Manin
Il soprano, abbandonata in Etiopia e adottata in Italia, Musetta in La bohme nell’edizione di Zeffirelli in scena a Milano
Debuttare alla Scala un’emozione unica per tutti. Per Mariam Battistelli un po’ di pi. Perch ci vuole una stella buona davvero per far arrivare una bimba abbandonata in un orfanotrofio dell’Africa fino alla ribalta del teatro pi prestigioso del mondo. In una delle opere pi amate, La Bohme edizione Zeffirelli, dove lei dal 16 marzo sar una seducente Musetta dalla pelle nera. Ruolo bellissimo, l’ho gi cantato a Vienna e a Amburgo, Muscat, Montecarlo. Ma la Scala… Per me che sono lombarda, un doppio sogno.
Ma nata ad Addis Abeba.
S, ma solo per poco. Avevo qualche ora di vita, il cordone ombelicale ancora attaccato, quando qualcuno mi ha lasciata davanti a un orfanotrofio. Le suore mi hanno raccolta, mi hanno battezzata Mariam, come la Madonna. Che deve avermi dato una mano visto che dei medici mantovani che operano in Etiopia mi hanno trovato una mamma in Italia. Sono arrivata a Mantova a otto mesi, mamma Laura mi ha accolta con amore totale.
C’era anche un padre?
Si sono separati quasi subito. Mia madre, che lavorava con i disabili, mi ha cresciuta da sola. Si dedicata a me con tutte le forze. Bravissima a farmi sentire accettata da tutti, a mitigare ogni difficolt.
La sua pelle scura gliene ha create?
In realt no. Ero la sola nera in citt, ma anche piccola e carina. Mi bastava un sorriso per conquistare chiunque. Poi a scuola, qualche battuta s… Subito rintuzzata da mia madre: “Le insicurezze degli altri non sono un problema tuo”. Poi arrivato il canto.
Come ha scoperto la sua voce?
Mia nonna Lilli mi cantava romanze da “Traviata” e “Bohme”. A otto anni mi ha portata a vedere “Don Giovanni” al teatro del Bibbiena. Un incanto. E poi una maestra bravissima, innamorata della musica. Mi sent cantare, mi indirizz a un insegnante di voci bianche… Cominci cos.
E come and avanti?
Al Conservatorio, corsi di flauto traverso e canto. A 18 anni studiavo, cantavo e, per non gravare troppo in famiglia, facevo la cameriera in un caff. Dove un giorno si sedette Placido Domingo, l per il “Rigoletto” di Bellocchio diretto da Mehta. Si incurios, volle ascoltarmi, mi fece avere una particina: il paggio. Il mio debutto all’opera stato in tv in un film. Poco dopo mi ritrovai a Valencia, a studiare nel centro perfezionamento di Domingo.
E poi altro colpo di fortuna.
In un concorso di canto a Roma in giuria c’era Dominique Meyer, allora sovrintendente a Vienna. Mi invit alla Staatsoper in un crescendo di ruoli: dalla modista del “Rosenakavalier” a Pamina, da Barbarina a Gretel e Musetta.
Chi per lei Musetta?
Una ragazza piena di gioia di vivere. Sogna bei vestiti, un futuro migliore, ma non una coquette. generosa, vende i suoi orecchini per comprare un manicotto alla malata Mim.
Dall’Etiopia a Mantova, da Valencia a Vienna. E ora la Scala. Grande soddisfazione anche per sua madre.
Purtroppo morta due anni fa. Fin che ha potuto mi ha seguita ovunque, orgogliosissima di me. Mi ha dato cos tanto. Sono venuta al mondo due volte, la seconda grazie a lei.
Non le mai venuta la tentazione di scoprire chi fosse la sua madre biologica?
Certo. Anni fa sono tornata in Etiopia, ho chiesto notizie alle suore che mi avevano salvata. Ho cercato in alcuni villaggi, ma niente. Forse era morta dandomi alla luce, forse era una delle tante che ancora oggi, quasi bambine, si ritrovano incinte, e non per scelta. In Etiopia ho visto l’altra vita, quella se fossi rimasta l. In un villaggio una donna mi ha detto: ti do mio figlio, portalo in Italia. Un’offerta straziante. Quando sar il momento adotter anch’io uno di quei bambini.
E un altro suo sogno?
Indossare i panni della principessa etiope nell’“Aida”, sarebbe una favola. E non si porrebbe neanche la questione del blackface….
8 marzo 2023 (modifica il 8 marzo 2023 | 22:13)
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