Intervista al ministro della Salute Orazio Schillaci: «Stipendio più alto a chi lavora nel pronto soccorso»

Il reintegro con qualche settimana di anticipo dei no vax non risolve il problema dei medici che mancano negli ospedali perché la gran parte sono liberi professionisti. È stata una decisione sua o una richiesta politica?
«È una decisione che ho preso perché le altre categorie professionali che non si erano immunizzate sono state riammesse il 15 giugno. Poi oggi lo scenario è completamente diverso e c’è una grave carenza di organico e saranno comunque le singole direzioni sanitarie a decidere dove potranno andare a lavorare i medici reintegrati».
È un brutto segnale perché i medici che hanno rifiutato il vaccino hanno un approccio anti-scientifico.
«Credo che  sia un problema deontologico che dovrebbero e dovranno affrontare gli Ordini dei medici».
Ma la sua posizione chiara verso i medici no vax qual è?
«La scelta di reintegrarli è stata presa anche un po’ in segno di riappacificazione. Dopodiché la mia posizione è sempre stata a favore dei vaccini, lo strumento indispensabile per cambiare la storia della pandemia da Covid».
Lei era nel comitato scientifico dell’Istituto superiore di Sanità, quindi a stretto contatto con tutte le decisioni prese. La premier Giorgia Meloni ha detto: ”Quello che contesto della gestione precedente è che ci sono stati un’infinità di provvedimenti presi che non avevano alla base alcuna evidenza scientifica”». Di quali provvedimenti parliamo?
«Il mio coinvolgimento in questi anni di pandemia è stato solo a livello di ricerca e non nelle scelte che sono state prese dal Comitato tecnico scientifico per la gestione della pandemia».
Però conosce bene tutte le scelte che sono state fatte: allora quali sono quelle che non avevano alcuna evidenza scientifica e dove c’è stato un approccio ideologico?
«Io credo che per andare a vedere quello che è stato fatto durante la gestione del Covid verrà fatta una commissione d’inchiesta su iniziativa parlamentare alla quale il governo non partecipa. Il messaggio chiaro che voglio dare è che adesso dobbiamo guardare alla Sanità del Terzo millennio, dove in Italia chi ha un titolo di studio più alto e una maggiore disponibilità economica ha una migliore aspettativa di vita. Dal mio punto di vista questo è  grave».
I bollettini Covid non saranno più comunicati giornalmente, ma a settimana. I dati continueranno a essere registrati quotidianamente?
«Certamente si e resteranno a disposizione delle autorità competenti».
Oggi  negli ospedali mancano medici. I posti nelle Scuole di Specialità sono stati aumentati. Ma, per esempio, a Medicina d’urgenza, i posti restano scoperti perché li scelgono in pochi. Cosa intende fare?
«Io credo che sarà utile avere un tavolo con il ministero dell’Università . Purtroppo, alcune specialità, e sono quelle di cui c’è più bisogno, hanno meno appeal di altre per i giovani medici anche perché danno meno possibilità di lavorare nel privato. Il problema è legato anche agli stipendi: io credo sia giusto, per esempio, per il Pronto soccorso andare a identificare indennità per incentivare i giovani a scegliere Medicina d’urgenza. Aumentargli lo stipendio è l’impegno che mi assumo».
Vale anche per gli altri medici però, che sono i peggio pagati d’Europa. E’ un problema di budget?
«Si è così».
Però poi bisogna arruolare i medici a gettone pagati 1.200-1.600 euro a turno. Non possiamo usare questi soldi per aumentare lo stipendio degli specialisti già assunti che sono anche più preparati?
«Sono d’accordo. È allucinante pensare che medici esterni reclutati al bisogno vengano pagati da 2 a 5 volte in più dei colleghi assunti. È inaccettabile e il problema va risolto rapidamente».
Intanto sullo stesso mercato abbiamo il servizio pubblico e i privati accreditati. Il pubblico deve seguire regole rigidissime mentre il privato con i soldi del pubblico si fa le sue regole, si prende le attività più remunerative e il pubblico fa tutto il resto. Intende introdurre la parità di oneri?
«Io credo che bisogna ribadire l’importanza del sistema pubblico. Serve una migliore organizzazione, i medici se ne vanno anche per questo, ed ogni azione deve essere sempre nell’interesse del paziente. È un impegno che sicuramente perseguirò».
Durante la pandemia si è visto che la medicina del territorio non funziona. Per risolvere il problema sono stati indirizzati i fondi del Pnrr verso la costruzione delle Case di comunità. Ora come sottosegretario c’è Marcello Gemmato, colui che è stato più critico sull’uso dei fondi del Pnrr. Intendete proseguire o le smontate?
«Ci metteremo a lavorare per trovare delle soluzioni. Dobbiamo offrire, se vogliamo essere forti sul territorio, un’alternativa al fatto che tutti i pazienti vadano al Pronto soccorso. Il Pnrr è stato pensato due anni fa e oggi le condizioni sono cambiate: basti pensare all’aumento dei costi edilizi che riguardano la costruzione delle nuove strutture. Credo sia necessario fare una riflessione attenta».

Sarà opportuno riflettere perché se ogni volta che cambia un governo si ricomincia da capo, siamo sempre allo stesso punto. Le Case di comunità sono già state individuate e i presidenti di Regione hanno la delega a costruirle, e alcune gare d’appalto sono già partite. C’è in ballo qualche miliardo che potrebbe diventare debito pubblico se si decide di non farle.

2 novembre 2022 | 20:30

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-11-02 19:39:00,

Il reintegro con qualche settimana di anticipo dei no vax non risolve il problema dei medici che mancano negli ospedali perché la gran parte sono liberi professionisti. È stata una decisione sua o una richiesta politica?
«È una decisione che ho preso perché le altre categorie professionali che non si erano immunizzate sono state riammesse il 15 giugno. Poi oggi lo scenario è completamente diverso e c’è una grave carenza di organico e saranno comunque le singole direzioni sanitarie a decidere dove potranno andare a lavorare i medici reintegrati».
È un brutto segnale perché i medici che hanno rifiutato il vaccino hanno un approccio anti-scientifico.
«Credo che  sia un problema deontologico che dovrebbero e dovranno affrontare gli Ordini dei medici».
Ma la sua posizione chiara verso i medici no vax qual è?
«La scelta di reintegrarli è stata presa anche un po’ in segno di riappacificazione. Dopodiché la mia posizione è sempre stata a favore dei vaccini, lo strumento indispensabile per cambiare la storia della pandemia da Covid».
Lei era nel comitato scientifico dell’Istituto superiore di Sanità, quindi a stretto contatto con tutte le decisioni prese. La premier Giorgia Meloni ha detto: ”Quello che contesto della gestione precedente è che ci sono stati un’infinità di provvedimenti presi che non avevano alla base alcuna evidenza scientifica”». Di quali provvedimenti parliamo?
«Il mio coinvolgimento in questi anni di pandemia è stato solo a livello di ricerca e non nelle scelte che sono state prese dal Comitato tecnico scientifico per la gestione della pandemia».
Però conosce bene tutte le scelte che sono state fatte: allora quali sono quelle che non avevano alcuna evidenza scientifica e dove c’è stato un approccio ideologico?
«Io credo che per andare a vedere quello che è stato fatto durante la gestione del Covid verrà fatta una commissione d’inchiesta su iniziativa parlamentare alla quale il governo non partecipa. Il messaggio chiaro che voglio dare è che adesso dobbiamo guardare alla Sanità del Terzo millennio, dove in Italia chi ha un titolo di studio più alto e una maggiore disponibilità economica ha una migliore aspettativa di vita. Dal mio punto di vista questo è  grave».
I bollettini Covid non saranno più comunicati giornalmente, ma a settimana. I dati continueranno a essere registrati quotidianamente?
«Certamente si e resteranno a disposizione delle autorità competenti».
Oggi  negli ospedali mancano medici. I posti nelle Scuole di Specialità sono stati aumentati. Ma, per esempio, a Medicina d’urgenza, i posti restano scoperti perché li scelgono in pochi. Cosa intende fare?
«Io credo che sarà utile avere un tavolo con il ministero dell’Università . Purtroppo, alcune specialità, e sono quelle di cui c’è più bisogno, hanno meno appeal di altre per i giovani medici anche perché danno meno possibilità di lavorare nel privato. Il problema è legato anche agli stipendi: io credo sia giusto, per esempio, per il Pronto soccorso andare a identificare indennità per incentivare i giovani a scegliere Medicina d’urgenza. Aumentargli lo stipendio è l’impegno che mi assumo».
Vale anche per gli altri medici però, che sono i peggio pagati d’Europa. E’ un problema di budget?
«Si è così».
Però poi bisogna arruolare i medici a gettone pagati 1.200-1.600 euro a turno. Non possiamo usare questi soldi per aumentare lo stipendio degli specialisti già assunti che sono anche più preparati?
«Sono d’accordo. È allucinante pensare che medici esterni reclutati al bisogno vengano pagati da 2 a 5 volte in più dei colleghi assunti. È inaccettabile e il problema va risolto rapidamente».
Intanto sullo stesso mercato abbiamo il servizio pubblico e i privati accreditati. Il pubblico deve seguire regole rigidissime mentre il privato con i soldi del pubblico si fa le sue regole, si prende le attività più remunerative e il pubblico fa tutto il resto. Intende introdurre la parità di oneri?
«Io credo che bisogna ribadire l’importanza del sistema pubblico. Serve una migliore organizzazione, i medici se ne vanno anche per questo, ed ogni azione deve essere sempre nell’interesse del paziente. È un impegno che sicuramente perseguirò».
Durante la pandemia si è visto che la medicina del territorio non funziona. Per risolvere il problema sono stati indirizzati i fondi del Pnrr verso la costruzione delle Case di comunità. Ora come sottosegretario c’è Marcello Gemmato, colui che è stato più critico sull’uso dei fondi del Pnrr. Intendete proseguire o le smontate?
«Ci metteremo a lavorare per trovare delle soluzioni. Dobbiamo offrire, se vogliamo essere forti sul territorio, un’alternativa al fatto che tutti i pazienti vadano al Pronto soccorso. Il Pnrr è stato pensato due anni fa e oggi le condizioni sono cambiate: basti pensare all’aumento dei costi edilizi che riguardano la costruzione delle nuove strutture. Credo sia necessario fare una riflessione attenta».

Sarà opportuno riflettere perché se ogni volta che cambia un governo si ricomincia da capo, siamo sempre allo stesso punto. Le Case di comunità sono già state individuate e i presidenti di Regione hanno la delega a costruirle, e alcune gare d’appalto sono già partite. C’è in ballo qualche miliardo che potrebbe diventare debito pubblico se si decide di non farle.

2 novembre 2022 | 20:30

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Pietro Guerra

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