A Roma le auto targate CD fanno quello che vogliono

VENERDÌ 1 APRILE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
leggo sgomento di un ennesimo sopruso nei confronti di un bambino disabile e il suo parcheggio riservato. Mi riferisco all’episodio di Gianluca Nicoletti. Seppur consapevole che l’automobilista non poteva sapere che ci fosse un bambino di mezzo, dico che nel nostro Paese vincono sempre (o quasi) i furbi. Anche io sono titolare di uno stallo per disabili. Purtroppo mi capita spesso di trovare auto senza contrassegno o con pass scaduti o, ancor peggio, fotocopiati sul mio posto riservato davanti alla mia abitazione, senza la possibilità di intervenire. Di fatto quando sono presenti auto con contrassegni disabili (ahimè spesso anche fasulli) o targhe CC o diplomatiche, i vigili mi riferiscono che il codice della strada non ne permette la rimozione lasciando il disabile abbandonato a se stesso. Identico problema nei numerosissimi parcheggi di centri commerciali: essendo considerati «privati» le forze dell’ordine non possono intervenire.
Edoardo Rabascini

Caro Edoardo,
Grazie per la sua testimonianza. Anch’io sono stato colpito dal racconto d i Gianluca Nicoletti sulla Stampa. All’esecrazione per chi manca di rispetto ai disabili e alle loro famiglie, aggiungerei un dettaglio. Roma è l’unica città al mondo che ospita tre ambasciate per ogni Paese straniero: presso lo Stato italiano, presso la Santa Sede, presso la Fao. Di conseguenza è piena di auto targate CD, corpo diplomatico. Molti conducenti si comportano con totale disprezzo per le regole e per le persone che circolano per Roma. Ad esempio percorrono a tutta velocità le corsie riservate ai mezzi pubblici: non ne hanno diritto, ma sanno che non possono essere sanzionati. Nelle altre capitali non accade; non perché le regole siano diverse, ma perché sono considerate importanti, e perché esiste un tono medio di rispetto reciproco che all’evidenza a Roma non c’è, e non per colpa dei romani. Va detto pure che non tutti i permessi per disabili sono autentici; a volte sono esposti su Suv e auto sportive da cui escono giovanottoni palestrati; e pure questa è un’offesa ai disabili, quelli veri.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

L’addio

«Grazie allo zio Felì, imparai ad amare Neruda»

Sono un versiliese di Seravezza, nell’entroterra di Forte dei Marmi; nel luglio 1973 mi sono laureato in Informatica all’Università di Pisa e sono stato assunto all’Olivetti di Ivrea. Come sistemazione provvisoria ero stato ospitato a Torino, dagli zii della mia fidanzata, e pendolavo giornalmente in autobus su Ivrea. Lo zio Felice (per me era Felì, in versiliese) era un comunista a tutto tondo, figlio di un partigiano (Peiver il suo nome di battaglia) che aveva combattuto nelle valli di Lanzo. Ovviamente per lo zio gli Usa rappresentavano il Male, mentre l’Urss era il paladino del Bene. Con queste premesse mi aveva fatto conoscere il comunista Pablo Neruda, le sue poesie d’amore («Corpo di donna», «Il figlio», etc.) e quelle politiche («La moglie del soldato», «Ode a Federico Garcia Lorca», «Il generale Franco all’inferno», …): per me fu un colpo di fulmine. Lo zio mi aveva regalato un disco dove una selezione di quelle poesie era recitata dalla voce unica di Arnoldo Foà. Lo zio Felì è morto nel 2010, un malore se lo è portato via mentre faceva il bagno nel mare di quella Versilia che aveva scelto per trascorrere la vecchiaia. Sono certo che lo zio Felì si sarà rigirato nella tomba nell’apprendere che io, Peru come mi chiamava in piemontese, avrei usato la poesia «Il generale Franco all’inferno», concepita per la condanna del Caudillo fascista Franco, per condannare le atrocità dello «zar» comunista (?!?) Putin verso il popolo ucraino. Ma mi fa piacere pensare che lo zio, in un sussulto di lucida emozione, alla fine avrebbe gridato, con la sua splendida voce baritonale: «Popolo russo, se ci sei batti un colpo».
Piero Ghiringhelli, Ivrea

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-03-31 23:10:00,

VENERDÌ 1 APRILE 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
leggo sgomento di un ennesimo sopruso nei confronti di un bambino disabile e il suo parcheggio riservato. Mi riferisco all’episodio di Gianluca Nicoletti. Seppur consapevole che l’automobilista non poteva sapere che ci fosse un bambino di mezzo, dico che nel nostro Paese vincono sempre (o quasi) i furbi. Anche io sono titolare di uno stallo per disabili. Purtroppo mi capita spesso di trovare auto senza contrassegno o con pass scaduti o, ancor peggio, fotocopiati sul mio posto riservato davanti alla mia abitazione, senza la possibilità di intervenire. Di fatto quando sono presenti auto con contrassegni disabili (ahimè spesso anche fasulli) o targhe CC o diplomatiche, i vigili mi riferiscono che il codice della strada non ne permette la rimozione lasciando il disabile abbandonato a se stesso. Identico problema nei numerosissimi parcheggi di centri commerciali: essendo considerati «privati» le forze dell’ordine non possono intervenire.
Edoardo Rabascini

Caro Edoardo,
Grazie per la sua testimonianza. Anch’io sono stato colpito dal racconto d i Gianluca Nicoletti sulla Stampa. All’esecrazione per chi manca di rispetto ai disabili e alle loro famiglie, aggiungerei un dettaglio. Roma è l’unica città al mondo che ospita tre ambasciate per ogni Paese straniero: presso lo Stato italiano, presso la Santa Sede, presso la Fao. Di conseguenza è piena di auto targate CD, corpo diplomatico. Molti conducenti si comportano con totale disprezzo per le regole e per le persone che circolano per Roma. Ad esempio percorrono a tutta velocità le corsie riservate ai mezzi pubblici: non ne hanno diritto, ma sanno che non possono essere sanzionati. Nelle altre capitali non accade; non perché le regole siano diverse, ma perché sono considerate importanti, e perché esiste un tono medio di rispetto reciproco che all’evidenza a Roma non c’è, e non per colpa dei romani. Va detto pure che non tutti i permessi per disabili sono autentici; a volte sono esposti su Suv e auto sportive da cui escono giovanottoni palestrati; e pure questa è un’offesa ai disabili, quelli veri.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

L’addio

«Grazie allo zio Felì, imparai ad amare Neruda»

Sono un versiliese di Seravezza, nell’entroterra di Forte dei Marmi; nel luglio 1973 mi sono laureato in Informatica all’Università di Pisa e sono stato assunto all’Olivetti di Ivrea. Come sistemazione provvisoria ero stato ospitato a Torino, dagli zii della mia fidanzata, e pendolavo giornalmente in autobus su Ivrea. Lo zio Felice (per me era Felì, in versiliese) era un comunista a tutto tondo, figlio di un partigiano (Peiver il suo nome di battaglia) che aveva combattuto nelle valli di Lanzo. Ovviamente per lo zio gli Usa rappresentavano il Male, mentre l’Urss era il paladino del Bene. Con queste premesse mi aveva fatto conoscere il comunista Pablo Neruda, le sue poesie d’amore («Corpo di donna», «Il figlio», etc.) e quelle politiche («La moglie del soldato», «Ode a Federico Garcia Lorca», «Il generale Franco all’inferno», …): per me fu un colpo di fulmine. Lo zio mi aveva regalato un disco dove una selezione di quelle poesie era recitata dalla voce unica di Arnoldo Foà. Lo zio Felì è morto nel 2010, un malore se lo è portato via mentre faceva il bagno nel mare di quella Versilia che aveva scelto per trascorrere la vecchiaia. Sono certo che lo zio Felì si sarà rigirato nella tomba nell’apprendere che io, Peru come mi chiamava in piemontese, avrei usato la poesia «Il generale Franco all’inferno», concepita per la condanna del Caudillo fascista Franco, per condannare le atrocità dello «zar» comunista (?!?) Putin verso il popolo ucraino. Ma mi fa piacere pensare che lo zio, in un sussulto di lucida emozione, alla fine avrebbe gridato, con la sua splendida voce baritonale: «Popolo russo, se ci sei batti un colpo».
Piero Ghiringhelli, Ivrea

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MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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Pietro Guerra

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