A scuola è ora dellitamatica e del mateliano. Così si superano gli steccati fra le materie

di Anna Rosa Besana e Rossella Gattinoni*

Due docenti delle superiori e la loro proposta per rendere la scuola italiana davvero interdisciplinare: il prof di matematica e quello di italiano stiano insieme in classe

La scuola non pu esimersi dall’accogliere il richiamo sempre pi forte di chi ha capito che lo sviluppo di un Paese, il grado di resilienza alle crisi e la capacit di costruire prospettive coerenti con la realt, soprattutto per le nuove generazioni, passano da l, da una scuola in linea con i tempi. Proprio il periodo storico che stiamo vivendo ha messo drammaticamente in luce l’imprescindibile necessit di conoscenze e competenze adeguate a leggere i dati di realt senza pregiudizi e sommarie ideologie. Le diverse crisi globali, che hanno investito il mondo negli ultimi anni, i cui anelli in molti casi si tengono tra di loro, hanno evidenziato, spesso in modo impietoso, quanto le carenze di competenze minime, in fatto di comprensione e analisi degli accadimenti, siano foriere di gravi danni. L’elenco sarebbe lunghissimo: la crisi sanitaria dovuta al Covid-19, la guerra in Ucraina, con l’inasprirsi delle tensioni geopolitiche, la crisi finanziaria ed industriale, la transizione energetica, finanche la mancanza di sicurezza nel mondo del lavoro. Una visione oggettiva, razionale del mondo un approdo di libert. Ma la libert si conquista a prezzo di un impegno convinto da investire nella scuola, luogo eletto per trasmettere non solo conoscenze disciplinari ma reali competenze critiche di lettura di ci che accade.

Ascoltare, leggere e comprendere sono obiettivi solo apparentemente facili da raggiungere: se la comprensione profonda dei fenomeni presuppone ascolto di fonti adeguate, lettura consapevole di dati e grafici, allora le stesse competenze di base devono ascriversi a un livello pi profondo. Calati nella realt della scuola, quale significato rivestono e come ottenere competenze cos alte? Un primo passo utile: superare l’idea che comprensione e lettura siano appannaggio dell’insegnante di Italiano, cos come logica, decodificazione di grafici e abilit informatiche lo siano dell’insegnante di Matematica. Pi corretto, piuttosto, ritenerle competenze trasversali, da conseguire a livelli diversi in tutte le discipline oggetto di studio. Gi le famose competenze indicate dalla Conferenza di Lisbona nell’ormai lontano 2000, e rilanciate in diverse forme nel decennio successivo, avevano indicato con chiarezza la strada da seguire. Sin da allora era maturata l’idea che la contemporaneit richiedesse nuovi strumenti per la crescita di cittadini consapevoli e formati. Ma, se sulla carta questo stato scritto da pi parti, non sempre facile adattarlo alla realt della scuola, dove continua a dominare un’ottica prettamente disciplinare e settoriale, con la rigida divisione delle materie, che raramente dialogano in modo continuativo tra di loro, a creare un humus fertile di competenze critiche e non solo settoriali.

Nelle fasi conclusive dei corsi (terza media e Maturit) c’, vero, il tentativo di aprire ad un dialogo interdisciplinare, ma la consapevolezza profonda delle interconnessioni dei saperi, in termini di competenze acquisiste, ancora un obiettivo lontano. Colpa dell’estrema burocratizzazione di molte pratiche scolastiche che, ancora oggi, anzi, sempre di pi, creano gabbie difficili da disserrare. Cos, insegnanti e studenti si trovano a cercare agganci a volte forzati tra una materia e l’altra, quando, invece, nella naturalezza della pratica didattica i legami dovrebbero apparire evidenti. Addirittura, c’ che scrive nero su bianco nei programmi finali gli snodi interdisciplinari, come se non fosse acquisita la competenza intrinseca che ancorata a materie diverse. Un esempio per tutti: la tematica del tempo si presta a una serie di intersezioni tra letteratura, filosofia, fisica, latino e cos via. Che bisogno c’ di esplicitarlo come se fosse un alto obiettivo raggiunto, se non per ossequio alla burocrazia che incasella, e imprigiona, il libero dispiegarsi delle abilit intellettuali degli studenti, capaci di ragionamenti profondi e creativit?

Il punto sempre lo stesso: la paura di superare certe rigidit e vecchie pratiche della scuola che nel mondo attuale risultano obsolete. Possibile forse se, a titolo esemplificativo, si riuscisse ad attuare una vera interdisciplinarit nella pratica quotidiana, per cui l’insegnante di Italiano e quello di Matematica potrebbero realmente affiancarsi nelle ore di lezione e far dialogare le loro discipline contestualmente alla lezione in classe. Ne trarrebbero ricchezza insegnanti e alunni che vedrebbero in atto ci che si scrive sulla carta. L’Italiano in un’ottica diversa, pi scientifica, e la Matematica, pi aperta e meno astratta, potrebbero attrarre le giovani menti, o, quanto meno, spostare un po’ il punto di vista. vero che in alcune scuole ci accade, ma con quale fatica ed estemporaneit! D’altra parte, un approccio un po’ pi scientifico alla realt quanto si richiede sempre di pi. Lo sviluppo di un Paese si misura su una solida cultura che coniuga competizione scientifica ed economica a lettura critica delle dinamiche sociali e dei bisogni che sono materiali e intellettuali. Il benessere dell’umano si fonda sull’equilibrio tra istanze diverse: ma il piacere della fruizione del prodotto artistico, piuttosto che l’utilizzo intelligente della tecnologia vanno educati. Il presupposto la formazione scolastica che pu e deve giocare un ruolo centrale, realizzando una vera sinergia tra competenze scientifiche e umanistiche.

Il punto critico rimane quello dell’attrazione verso la Matematica e gli studi connessi. Auspicabile che fin dalle elementari abbia inizio un cammino didattico che avvicini alle discipline scientifiche in modo leggero e divertente, con l’ambizione di renderne lo studio sexy, come la direttrice del CERN di Ginevra, Fabiola Gianotti, ha recentemente definito la Scienza. E il mondo della ricerca si sta muovendo in questa direzione: si pensi ai progetti Matab di Fondazione Agnelli in collaborazione con il Politecnico di Torino e The Lego Foundation. Lo scopo proprio quello di superare lo stereotipo, secondo il quale solo certi alunni possono interessarsi e riuscire nello studio delle discipline fisico-matematiche, e spingere a che la scelta di un tipo di scuola non venga effettuato sulla base dell’esclusione: Non mi piace la matematica, dunque scelgo indirizzi umanistici. Piuttosto, tra le due opzioni, quella che pi intriga e interessa sar oggetto di studio approfondito, senza per questo creare il pregiudizio, o l’alibi, dell’incapacit, perch, tanto, di certe abilit non si pu pi fare a meno. Un ruolo centrale, in questo, lo giocano ovviamente l’insegnante e la sua capacit trasmissiva, non solo in termini di contenuti ma soprattutto di passione per la materia. Non sono lontani gli anni, (parliamo degli ultimi decenni del secolo scorso) quando ancora era forte la discriminazione tra chi, a giudizio degli insegnanti, poteva capire, e dunque interessarsi alla Matematica, e gli altri della classe poco portati, con lo stigma impresso del quasi divieto, per la maggior parte, di comprenderne anche solo le basi. E questo pregiudizio, spesso, riguardava il femminile, ritenuto poco idoneo a certi studi e poi mestieri. Il disamore per le materie scientifiche, triste dirlo, passava proprio da l, da un’equivocata vocazione o meno alla disciplina, quando notorio che l’appetito vien mangiando, se il piatto gustoso e offerto nei dovuti modi.

*docenti di Lettere dell’IISS A. Greppi di Monticello in Brianza (Lecco)

25 settembre 2023 (modifica il 25 settembre 2023 | 09:44)

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