di Maurizio Tucci*
Al via la nuova edizione della rilevazione Laboratorio Adolescenza-IARD. Quest’anno gli studenti potranno parlare del loro presente e delle loro aspettative, dopo la pandemia
*Laboratorio Adolescenza, Milano
Cosa vorrebbero gli adolescenti? Una scuola capace di integrare la tradizione con le tecnologie che, giocoforza, abbiamo dovuto imparare ad utilizzare durante gli anni di pandemia, o va bene cos com’? E la classe ha ancora una sua funzione o sarebbe pi efficace e moderna una composizione ad assetto variabile in base alle materie che si sceglie di studiare? Ovviamente avendo la possibilit di costruirsi un piano di studi almeno parzialmente personalizzabile, un po’ come si fa all’universit. Lo chiediamo proprio ai diretti interessati attraverso l’indagine Adolescenti e Futuro, realizzata dall’Associazione Laboratorio Adolescenza e dall’istituto di ricerca IARD su un campione nazionale rappresentativo di 2800 adolescenti di et compresa tra i 13 e i 19 anni, che coinvolger decine di scuole su tutto il territorio nazionale. E su questo fronte prosegue la stretta collaborazione con il Corriere.it/scuola, la pagina del Corriere online dedicata ai temi dell’educazione per cui possibile accedere e rispondere al questionario (se si nel target di et contemplato) anche attraverso questo link
Il questionario
Importante sottolineare, a questo proposito, che il questionario anonimo, non contiene domande riferibili a dati sensibili e non tracciabile, ovvero non possibile risalire a chi ha risposto. L’indagine di quest’anno – spiega Paolo Paroni, Presidente di Rete ITER–IARD – vuole cercare proprio di osservare da pi angolazioni, tra cui quello della scuola e dell’universit, quale sia la visione che gli adolescenti hanno del futuro e il pensiero sul loro presente. E ci piacerebbe che la loro visione e i loro giudizi possano diventare una risorsa per la nostra societ, per ispirare a scelte realmente sostenibili e inclusive delle nuove generazioni. Proprio facendo riferimento alla scuola del futuro, nell’indagine viene anche chiesto ai ragazzi se vorrebbero che alcuni argomenti, tra cui ad esempio l’educazione sessuale o l’utilizzo corretto di Internet (soprattutto per la ricerca di informazioni affidabili) o come difendersi dalle dipendenze (alcol, droghe, gioco d’azzardo e pornografia online), fossero trattati in modo sistematico all’interno del programma curricolare anzich occasionalmente da esperti di passaggio, o mai, come purtroppo oggi avviene in molti casi.
Cosa studiare?
Ma queste new entry, se mai la scuola le accettasse, richiederebbero, per ragioni di tempo, una sforbiciata ai programmi tradizionali, il che, forse, non farebbe neanche male? Il punto – spiega Antonello Berardi docente di diritto in un Istituto Professionale di Potenza – non quello di sostituire argomenti vecchi con argomenti nuovi, ma quello di dare una nuova curvatura alle discipline, capace di promuovere un apprendimento significativo. D’altra parte – e gli insegnati dovrebbero saperlo – i cosiddetti programmi ministeriali non esistono pi dall’anno scolastico 2000/2001 e le programmazioni disciplinari dei singoli docenti vanno redatte in sintonia con le indicazioni nazionali per i licei e le linee guida per i tecnici e professionali. Lo spazio, quindi, anche sfruttando la legge 92/2019 che ha reintrodotto l’insegnamento dell’educazione civica come disciplina trasversale, ci sarebbe.
I risultati
Un aspetto critico, sempre legato alla scuola, che sar affrontato nell’indagine il dopo: universit s, universit no, universit forse? Ma anche: con che criterio sar fatta la scelta? Interessi e passione o opportunit di lavoro, vere o presunte? Ci troveremo migliaia di informatici per forza e di improvvisati comunicatori? Anche in questo ambito la complessiva sfiducia nel futuro (il 53,7% – dati 2022 – lo vede incerto o preoccupante), generata in buona parte dalla pandemia e dalla guerra alle porte di casa, ha lasciato il segno: sempre nel 2022, si avuta infatti la percentuale massima, rispetto allo storico di 20 anni di indagini, di studenti che pensano di non iscriversi all’universit. (33%). Il 2023 dovrebbe rappresentare – fatti i debiti scongiuri – l’anno del ritorno alla normalit. L’augurio da farsi, per quanto concerne la scuola, che la normalit non sia una sorta di “normalizzazione” e che si tenga conto davvero di quella sacrosanta domanda di rinnovamento che viene dagli studenti e che pu essere manifestata anche attraverso le risposte date ad un questionario.
6 aprile 2023 (modifica il 6 aprile 2023 | 08:44)
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