Dai meandri delle pagine di un libro, emerge una domanda: “Cosa ne farò dei romanzi e delle poesie lette? A cosa mi serviranno?”. Eraldo Affinati, scrittore romano, affronta questo interrogativo nella sua nuova autobiografia letteraria, “Delfini, vessilli, cannonate”, ora disponibile nelle librerie grazie a HarperCollins.
Affinati, autore di opere come “La città dei ragazzi” e “L’uomo del futuro”, si imbarca in un viaggio attraverso il panorama letterario, avvicinandosi a oltre duecento autori. Dall’eleganza dei grandi classici alla freschezza di poeti misconosciuti, Affinati presenta un manifesto di lettura rivolto alle giovani generazioni. Un’esortazione a riconoscere la bellezza e la forza della letteratura in un’era di costante cambiamento e distrazione digitale.
Quando si parla di letteratura, Affinati non vede pagine e inchiostro, ma un flusso vitale: “Qualcosa di vivo. Non è mai stata una bacheca di trofei. Piuttosto sangue che scorre. Aria da respirare. Tempo da vivere”, spiega a Il Messaggero.
Ma, c’è una preoccupazione palpabile riguardo le nuove generazioni, descritte come un “patrimonio perduto”. Tuttavia, Affinati, con la sua lunga esperienza di insegnante, crede nella potenza contagiosa della letteratura. Racconta con passione di come studenti che non avevano mai posseduto un libro, diventassero entusiasti di Verga, London e Rigoni Stern.
Eraldo Affinati ci invita a guardare oltre il testo, a vedere la letteratura come un ponte tra generazioni, un veicolo di passione, e un faro nella nebbia dell’esistenza.
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