Aiutate mio fratello Kasra, in carcere in Iran da 9 anni perché siamo dervisci

di Viviana Mazza

Parla il fotografo Pooria Nouri da Teheran: L’intera famiglia stata arrestata e torturata. Il regime distrugge non tollera la solidariet tra gruppi diversi dell’opposizione

Pooria Nouri, giovane fotografo che vive a Teheran, ha deciso di raccontare questa storia al Corriere perch la sua famiglia disperata. Suo fratello Kasra, 33 anni, ha passato in totale nove anni in prigione, cinque dei quali senza interruzione da quando stato arrestato il 20 febbraio del 2018.

Cultura

I Nouri sono dervisci, membri dell’ordine sufi di Nematollahi Gonabadi: appartengono ad una religione radicata nella cultura iraniana ma osteggiata dal regime di Teheran che ha distrutto i loro luoghi di culto perch vuole reprimere il misticismo e il sufismo nel Paese. Shams e Rumi sono tra le figure storiche di dervisci in Iran, spiega Pooria. Il poeta Saadi disse in uno dei suoi componimenti: “Da una parte all’altra c’ un esercito di oppressori, ma dall’eternit fino alla fine dei tempi c’ un’opportunit per ognuno”.

Proteste

Il 19 febbraio del 2018 i dervisci protestarono davanti a una stazione di polizia di Teheran per le restrizioni imposte al loro leader Noor Ali Tabandeh, 91 anni, isolato dalle sue guardie e dai suoi assistenti che l’avevano protetto durante gli arresti domiciliari. Fu inoltre proibito ai suoi seguaci di fargli visita a Teheran per le celebrazioni di Nowruz e le riunioni furono scoraggiate. Tra le 300 e le 500 persone vennero arrestate dopo quelle proteste: tra di loro c’erano Shakoufeh Yadollahi e i suoi tre figli Kasra, Amir e Pooria, rinchiusi in carceri diverse nella Repubblica Islamica e condannati in totale a 25 anni di reclusione.

La madre

Pooria stato in cella per otto mesi. Quando uscito non poteva tornare a vivere la sua vita. Sua madre Shakoufeh e i suoi fratelli Kasra e Amin erano ancora in prigione. Viaggiava da nord a sud, per andarli a trovare. Nel 2020, Shakoufeh stata rilasciata dopo due anni, Amir dopo due anni e due mesi. Ma Kasra resta ancora in prigione, stato spesso spostato da un luogo ad all’altro senza avvertire la famiglia, e da ultimo stato trasferito nella prigione di Adel Abad a Shiraz, in modo da infliggere maggiore sofferenza a lui e alla sua famiglia, dichiara Pooria. Mia madre stata torturata in carcere, ha perso l’olfatto dopo essere stata ripetutamente picchiata alla testa. Immaginate una donna che deve viaggiare per pi di mille chilometri ogni volta, in cerca di suo figlio, e quando arriva non riceve le risposte.

Rinunciamo alle nostre vite, ma non all’Iran

Kasra era uno dei migliori studenti di giurisprudenza dell’universit di Teheran, ha lavorato come giornalista ed stato spesso in prigione dal 2011 in poi: aveva partecipato anche alle proteste di massa nel 2018. Davanti alla stazione di polizia, quel 19 febbraio 2018 lo picchiarono quasi a morte. Entr in coma. Ha sempre avuto uno spirito forte – dice il fratello – e nonostante tutto in prigione segue sempre ci che accade fuori ed esprime solidariet attraverso le sue parole e i suoi scritto. In un recente audio in farsi diffuso in rete Kasra dice: Soffriamo ma non molliamo. Rinunciamo alle nostre vite, ma non rinunciamo all’Iran.

Dopo Mahsa Amini

Lo scorso settembre — spiega Pooria — prima dell’omicidio di Mahsa Amini e l’inizio delle proteste di massa in Iran, Kasra stato trasferito dalla prigione Adel Abad di Shiraz al ministero dell’Informazione per un interrogatorio durato giorni, in seguito ad una dichiarazione che aveva firmato insieme ad altri detenuti, tra cui Narges Mohammadi e Keyvan Samimi. La dichiarazione non era stata resa pubblica, il governo ne ha prevenuto la diffusione. Per quel che sappiamo era un documento che parlava di strategie per unire l’opposizione contro il governo iraniano, che proprio ci che anche la diaspora come mai in questi 40 anni sta cercando di fare.

17 febbraio 2023 (modifica il 17 febbraio 2023 | 19:46)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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