Alberto Stasi parla dal carcere «Io innocente, quando vado a letto ho la coscienza leggera»

di Redazione Cronache

Intervistato da «Le Iene» nel carcere di Bollate. Per il delitto della fidanzata Chiara Poggi è stato condannato e sta scontando sedici anni

«Ho deciso di parlare per dare un senso a questa esperienza, perché certe cose non dovrebbero più accadere. Se una persona vive delle esperienze come quella che ho vissuto io questa deve essere resa pubblica, a disposizione di tutti, e visto che ho la possibilità di parlare lo faccio, così che le persone capiscano, possano riflettere e anche decidere, se il sistema che c’è va bene oppure se è opportuno cambiare qualche cosa». Dal carcere di Bollate, dov’è detenuto, per la prima volta Alberto Stasi rilascia un’intervista televisiva. Lo fa a distanza di sette anni dal suo arresto per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, ai microfoni de «Le Iene», che dedica un’intera punta al delitto di Garlasco.

«Sono innocente»

Chiara, 26 anni, venne trovata morta proprio dal fidanzato nell’agosto del 2007 nella villa della famiglia nel paesino in provincia di Pavia. Per quel delitto Stasi venne subito iscritto nel registro degli indagati e, dopo essere stato giudicato innocente per due volte, venne condannato a sedici anni di carcere. Nell’intervista a «Le Iene» che andrà in onda martedì sera Stasi parla di molti aspetti del processo e della condanna e si sofferma anche su Chiara e la sua famiglia. E si dichiara ancora una volta innocente. «Quando mi chiedono se ho ucciso io Chiara penso che non sanno di cosa stanno parlando» afferma. «Nell’immaginario comune — prosegue — un innocente in carcere è un qualcuno che soffre all’ennesima potenza. Per me non lo è, semplicemente perché la mia coscienza è leggera. Alla sera quando mi corico io non ho nulla da rimproverarmi. Certo, ti senti privato di una parte di vita perché togliere la libertà a una persona innocente è violenza, però non hai nulla da rimproverarti, l’hai subita e basta, non è colpa tua».

Le accuse al Ris

Parla poi delle indagini: «Sono passati 15 anni ma in quegli anni i Ris di Parma erano un po’ mitizzati — attacca—. La sera la gente guardava la televisione e li vedeva risolvere i delitti più complicati nel tempo di un episodio. Scoprire che in realtà le persone venivano portate in carcere sulla base di test che non distinguevano il sangue da una barbabietola, illuminava una situazione che si pensava diversa. Ecco perché dico che quel momento fu come un punto di non ritorno: non si trattava più di svolgere un’indagine ma si trattava di salvare la propria carriera, la propria reputazione. Questo poi ha comportato tutta una serie di conseguenze, di inerzie, di incapacità di tornare indietro. Per ammettere i propri sbagli bisogna avere coraggio, carattere. Il Pm non è mai andato a dire “Questo provvedimento era prematuro”, perché poi l’accertamento definitivo risultava, appunto, negativo».

Il lavoro dei giudici

Parla poi del suo futuro. «Oggi ho 38 anni e ho in mente di mettere a frutto tutte le esperienze negative che ho vissuto, un bagaglio conoscitivo che non può essere acquisito diversamente — afferma—. Certe cose non le puoi metabolizzare se non le vivi. Se hai la fortuna, o sfortuna, di vivere certe esperienze, acquisisci degli strumenti che puoi mettere a disposizione e io voglio fare questo. È un impegno diverso rispetto a quello che potevo desiderare quando avevo 24 anni, in cui volevo fare carriera nell’azienda più grande d’Italia». E alla domanda di cosa vorrebbe dire ai giudici che lo hanno condannato risponde: «Non saprei perché sono, in qualche modo, e in negativo, i protagonisti di questa vicenda. È difficile arrivare alla mente e al cuore di quelle persone. Il loro non è un mestiere banale, ha conseguenze sulla vita delle persone, come un medico in sala operatoria. Ci sono lavori che non comportano queste responsabilità, altri invece sì. Se si decide di intraprendere un certo lavoro, una certa carriera, deve essere fatto in modo coscienzioso perché poi anche lì entrano dinamiche normali, di lavoro. La carriera, l’ambizione, il posto in un’altra sede, tutte cose che non dovrebbero avere nulla a che fare con la giustizia».

23 maggio 2022 (modifica il 23 maggio 2022 | 17:46)

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, 2022-05-23 20:21:00, Intervistato da «Le Iene» nel carcere di Bollate. Per il delitto della fidanzata Chiara Poggi è stato condannato e sta scontando sedici anni, Redazione Cronache

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